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Trasferimento d’azienda: la retribuzione è salva?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34555/2024, ha stabilito che in caso di trasferimento d’azienda, la tutela della retribuzione dei lavoratori non è assoluta e illimitata nel tempo. I trattamenti migliorativi, come un superminimo, derivanti da un accordo collettivo del cedente possono essere legittimamente eliminati a seguito della disdetta di tale accordo, senza violare l’art. 2112 c.c. o le direttive UE, a condizione che le condizioni non vengano peggiorate al momento esatto del trasferimento.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Trasferimento d’azienda: quando la retribuzione può essere ridotta?

Il trasferimento d’azienda è un momento delicato che solleva numerosi interrogativi sulla sorte dei diritti dei lavoratori. Una delle questioni più dibattute riguarda la stabilità della retribuzione: le condizioni economiche acquisite sono garantite per sempre o possono subire modifiche nel tempo? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 34555 del 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo che la tutela retributiva, sebbene robusta al momento del passaggio, non è illimitata e può essere influenzata dalle dinamiche della contrattazione collettiva.

I Fatti di Causa: Anni di Tutele e una Disdetta Inattesa

Il caso esaminato riguardava alcune lavoratrici che, a seguito di un trasferimento d’azienda avvenuto nel 1997, avevano beneficiato di un trattamento economico migliorativo denominato “superminimo non assorbibile”. Questo emolumento era stato introdotto da un accordo collettivo di salvaguardia per colmare le differenze retributive tra il contratto collettivo applicato dal datore di lavoro originario (cedente) e quello, meno favorevole, applicato dal nuovo datore (cessionario).

Per oltre vent’anni, tale condizione di favore è stata mantenuta. Tuttavia, nel 2018, la società cessionaria ha comunicato la disdetta di tutti gli accordi integrativi aziendali, con effetto dal maggio 2020. Di conseguenza, il superminimo è stato eliminato dalle buste paga delle lavoratrici, che hanno agito in giudizio per ottenerne il ripristino.

La Decisione della Corte: il trasferimento d’azienda e i limiti della tutela

Contrariamente a quanto deciso in primo grado, sia la Corte d’Appello che, in via definitiva, la Corte di Cassazione hanno dato ragione all’azienda. Gli Ermellini hanno respinto il ricorso delle lavoratrici, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato (in particolare, la sentenza Cass. n. 37291/2021).

Il principio affermato è che la garanzia prevista dall’articolo 2112 del Codice Civile mira a proteggere il lavoratore da un peggioramento delle sue condizioni “per il solo fatto del trasferimento”, ma non cristallizza tali condizioni in eterno. La disciplina del rapporto di lavoro, dopo il trasferimento, è soggetta alle dinamiche della contrattazione collettiva applicata dal nuovo datore di lavoro.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su alcuni pilastri argomentativi cruciali:

1. Natura Collettiva del Diritto: Il superminimo non era frutto di un accordo individuale tra l’azienda e le singole lavoratrici, ma derivava da un accordo collettivo (l’accordo di salvaguardia). Come tale, il suo destino è legato a quello dell’accordo stesso. La legittima disdetta del contratto collettivo da parte dell’azienda ha quindi comportato la cessazione del diritto al superminimo che da esso scaturiva.

2. Funzione dell’Art. 2112 c.c.: La norma sul trasferimento d’azienda ha lo scopo di assicurare che, al momento del passaggio, il lavoratore non subisca una decurtazione retributiva. Non impedisce, tuttavia, che la retribuzione possa essere successivamente influenzata da nuove dinamiche contrattuali, esattamente come avviene per gli altri dipendenti dell’azienda cessionaria.

3. Conformità al Diritto Europeo: La Cassazione ha ritenuto che questa interpretazione sia perfettamente in linea con le direttive europee in materia. Anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che la normativa mira a garantire il mantenimento delle condizioni previste dal contratto collettivo del cedente fino alla sua scadenza o risoluzione, ma non oltre. Nel caso di specie, il trattamento di favore era stato mantenuto per oltre vent’anni, un periodo considerato ampiamente sufficiente a soddisfare la finalità protettiva della normativa.

4. Inammissibilità del Rinvio Pregiudiziale: La Corte ha respinto la richiesta delle lavoratrici di interpellare la Corte di Giustizia Europea, ritenendo la questione già chiarita dalla giurisprudenza europea (acte clair). Non vi erano dubbi interpretativi tali da giustificare un rinvio.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio di grande rilevanza pratica per lavoratori e aziende. La tutela offerta in caso di trasferimento d’azienda è forte ma circoscritta nel suo scopo: evitare un danno immediato e ingiustificato. Tuttavia, non crea una “zona franca” in cui i lavoratori trasferiti sono immuni per sempre alle evoluzioni della contrattazione collettiva. Le condizioni economiche e normative derivanti da accordi collettivi sono destinate a seguire le sorti di tali accordi. Se un contratto collettivo viene disdettato o sostituito, i diritti da esso nascenti possono legittimamente cessare, purché ciò avvenga nel rispetto delle procedure previste e non in modo discriminatorio.

Dopo un trasferimento d’azienda, un trattamento retributivo migliorativo può essere eliminato?
Sì, se tale trattamento deriva da un accordo collettivo che viene successivamente e legittimamente disdettato dal datore di lavoro. La tutela legale mira a impedire un peggioramento al momento del trasferimento, non a rendere le condizioni economiche immutabili per sempre.

L’articolo 2112 del Codice Civile ‘congela’ in eterno le condizioni di lavoro dei dipendenti trasferiti?
No. La norma garantisce che il lavoratore mantenga le condizioni acquisite al momento del passaggio al nuovo datore. Tuttavia, non impedisce che tali condizioni possano evolvere in futuro secondo le dinamiche della contrattazione collettiva applicata nell’azienda di destinazione, alla pari degli altri dipendenti.

Perché la Corte di Cassazione non ha chiesto un parere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea?
La Corte ha ritenuto che l’interpretazione del diritto dell’Unione Europea sulla materia fosse già chiara e consolidata (cosiddetto ‘acte clair’). La giurisprudenza europea ha già stabilito che la protezione offerta ai lavoratori in caso di trasferimento non è illimitata nel tempo e non prevale sulla successiva evoluzione della contrattazione collettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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