Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28834 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28834 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19253-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocata NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE;
– intimate –
e sul RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G. proposto da:
Oggetto
Rapporti sindacali Rapporto privato
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/09/2025
CC
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, COGNOME NOME;
– ricorrente successivo –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocata NOME COGNOME;
– controricorrente al ricorso successivo nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE;
– intimate avverso la sentenza n. 10/2021 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 14/01/2021 R.G.N. 54/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Fatti di causa
Il Tribunale di Trento, sia in fase sommaria che in sede di opposizione ex art. 28 St. lav., accoglieva il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE dichiarando antisindacale, per violazione dell’art. 47 della legge n. 428/1990, la condotta di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (costituite in RTI) che, nel subentrare nell’appalto per l’erogazione dei servizi di vigilanza passiva non armata in immobili collocati in Provincia di Trento relativa alla Università di Trento, gestito in precedenza dalla RAGIONE_SOCIALE (in una vicenda qualificata come cambio appalto), non avevano attivato con la ricorrente organizzazione sindacale la procedura preventiva ex art. 47 legge n. 428/1990.
La Corte di appello di Trento, con la sentenza n. 10 del 2021, confermava la pronuncia di primo grado evidenziando, una volta ritenuta la legittimazione attiva della ricorrente, che, nella fattispecie in esame, sussistevano i presupposti per l’applicazione dell’art. 2112 cod. civ. e, dunque, per la necessaria applicazione della procedura di cui all’art. 47 legge n. 428/1990 la cui omissione aveva determinato, appunto, l’accertamento della condotta antisindacale.
Avverso la sentenza di secondo grado proponevano distinti ricorsi per cassazione, poi riuniti in sede di iscrizione a ruolo, sia la RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE), affidato ad un RAGIONE_SOCIALE motivo, sia la RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi. L’intimata ha resistito ai due ricorsi con separati controricorsi. RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva in relazione ad entrambi i ricorsi.
La RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
I l Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con l’RAGIONE_SOCIALE motivo la RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cod. civ. e dell’art. 29 co. 3 D.lgs. n. 276/2003, in relazione all’art. 28 della legge n. 300/1970, per avere la Corte territoriale erroneamente sussunto la vicenda traslativa dell’appalto in esa me nella ipotesi del trasferimento di azienda ex art. 2112 cod. civ., pur non essendovi stato un passaggio di beni e/o di persone, costituente una entità economica produttiva qualificata come azienda e pur sussistendo elementi di discontinuità come la circ ostanza che l’ entourage dei coordinatori da essa RAGIONE_SOCIALE
utilizzati per la gestione dell’appalto era costituito da soggetti già suoi dipendenti e non provenienti dall’appaltatore uscente.
Con il primo motivo la RAGIONE_SOCIALE censura, anche essa, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2112 cod. civ. e 29 co. 3 d.lgs. n. 276/2003, in relazione all’art. 28 legge n. 300 del 1970, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, specificando che la Corte territoriale erroneamente aveva ricondotto il giudizio della causa al solo art. 2112 cod. civ., negando che la peculiarità soggettiva dell’impresa subentrante e oggettiva, riguardante le condizioni dell’affidamento del servi zio, avessero una rilevanza nella valutazione del concetto di ‘discontinuità’ previsto dall’art. 29 citato.
Con il secondo motivo la RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 28 legge n. 300 del 1970 e 28 D.lgs. n. 276/2003, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per non avere la Corte di appello considerato che la fattispeci e era regolata dall’art. 32 co. 4 della legge Provinciale del RAGIONE_SOCIALE n. 2/2016, da ritenersi norma speciale, nonché dell’art. 19 del Capitolato amministrativo, da cui si ricavava che l’azienda subentrante avrebbe dovuto assorbire i lavoratori occupati dalla precedente gestione e avrebbe avuto il potere di adeguare il servizio alle prerogative della propria organizzazione produttiva solamente dopo il subentro e previo confronto sindacale: nel caso di specie, su impulso della stessa RAGIONE_SOCIALE, vi erano stati diversi incontri (parificabili alla fase di informazione prevista dall’art. 47 legge n. 428/1990) con le Organizzazioni sindacali all’esito dei quali non veniva raggiunta alcuna intesa per cui, nella sostanza, non era ravvisabile alcuna condotta
antisindacale anche in considerazione del fatto che l’azione ex art. 28 St. lav. era stata proposta quando il subentro non si era ancora verificato; infine, la ricorrente obietta che la procedura di informazione e consultazione sindacale di cui all’art. 32 l. prov. doveva ritenersi speciale rispetto a quella prevista dalla norma generale di cui al citato art. 47, per cui essa si sostituiva alla prima, rendendola superflua, in quanto finalizzata ai medesimi scopi.
L’RAGIONE_SOCIALE motivo della RAGIONE_SOCIALE ed il primo della RAGIONE_SOCIALE, che possono essere scrutinati congiuntamente per la loro connessione logico-giuridica, non sono fondati.
In primo luogo, deve sottolinearsi che l’impostazione metodologica della Corte territoriale è stata corretta.
Invero, il problema che si poneva, prodromico alla verifica della sussistenza di una condotta antisindacale ex art. 28 St. lav., era quello di accertare se, nel fenomeno della successione (o subentro) delle due imprese nell’assegnazione dell’appalto di cui è processo, fosse ravvisabile una fattispecie di trasferimento di azienda oppure si restasse fuori da tale limite.
In punto di diritto, deve rilevarsi che la gravata sentenza è in linea con i principi di legittimità statuiti in materia da questa Corte.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, il trasferimento di ramo d’azienda si verifica allorquando venga ceduto un complesso di beni oggettivamente dotato di una propria autonomia organizzativa ed economica, funzionale allo svolgimento di un’ attività volta alla RAGIONE_SOCIALE di beni o servizi; in particolare, le recenti pronunce hanno sottolineato che, anche nel testo modificato dall’art. 32 del d.lgs. n. 276
del 2003, ai fini del trasferimento di ramo d’azienda previsto dall’art. 2112 cod. civ. rappresenta elemento costitutivo della cessione ‘l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione’ (Cass. n. 11247 del 2016, Cass. n. 19034 del 2017, Cass. n. 28593 del 2018). La perdurante operatività della preesistenza trova fondamento nella direttiva 2001/23/CE, facendo questa corrispondere il trasfe rimento d’azienda a ‘quello di un’entità economica che conserva la propria identità’. Come chiarito dalla giurisprudenza nazionale e da quella comunitaria, per poter stabilire se un’entità conserva la propria identità, deve essere preso in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione, fra le quali rientrano, in particolare, il tipo di impresa o di stabilimento, la cessione o meno di elementi materiali (quali edifici e beni mobili), il valore degli elementi materiali al momento della cessione, la riassunzione o meno della parte più rilevante del personale ad opera del nuovo imprenditore, il trasferimento meno della clientela, il grado di somiglianza delle attività esercitate prima e dopo la cessione, la durata di un ‘ eventuale sospensione di tali attività; tutti gli elementi elencati vanno, comunque, considerati non isolatamente bensì nell’ambito di una considerazione complessiva (cfr. Cass. n, 6693 del 2016; Cass. n.24688 del 2021; Cass. n.20407 del 2023; per la giurisprudenza comunitaria, cfr. CGUE 26 novembre 2015,
C-509/12; CGUE 9 settembre 2015, C-160/14; CGUE 6 marzo 2014, C-458/12; CGUE 20 gennaio 2011, C-463/09); ne consegue che l’importanza da attribuire all’uno o all’altro di tali criteri varia necessariamente in funzione dell’attività esercitata o addirittura in funzione dei metodi di RAGIONE_SOCIALE o di gestione utilizzati nell’impresa; è affidato, poi, al giudice nazionale il compito di accertare il mantenimento (non già della struttura organizzativa specifica imposta dall’imprenditore ai diversi fattori di prod uzione trasferiti bensì) del nesso funzionale di interdipendenza e complementarietà fra tali fattori (cfr. da ultimo CGUE 16 febbraio 2023, C-675/21, punto 50; CGUE 16 novembre 2023, C-583/21 e C-586/21, punto 65).
Anche in tema di individuazione dell’elemento di discontinuità, che renderebbe non applicabile la disciplina di cui all’art. 2112 cod. civ. in ipotesi di cambio appalto secondo quanto dispone l’art. 29 D.lgs. n. 276/2003, la impugnata pronuncia è conforme a quanto affermato in sede di legittimità secondo cui tale elemento non sussiste quando il collegamento funzionale tra gli elementi ceduti consenta la prosecuzione dell’attività senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario (Cass. n. 11247/2016) e quando, comunque, l’identità della entità ceduta non venga meno anche a causa di possibili interventi integrativi imprenditoriali ad opera del cessionario (per tutte, Cass. n. 1316/2017).
La Corte territoriale, poi, con valutazione approfondita non sindacabile in questa sede di legittimità, come detto, si è conformata ai principi di diritto innanzi richiamati in quanto, esaminando nel loro complesso tutti gli elementi oggetto del fenomeno successorio, con un accertamento di fatto argomentato con motivazione esente dai vizi di cui alla nuova
formulazione dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc e, pertanto, insindacabile in sede di giudizio di cassazione, ha riscontrato che: a) il nuovo appaltatore aveva rilevato la dotazione di beni materiali del precedente appaltatore di non trascurabile entità sia sotto il profilo del valore economico, sia sotto quello dell’incidenza sull’esecuzione del servizio; b) l’attività di fornitura del servizio era rimasta sostanzialmente identica; c) non vi era stata soluzione di continuità nello svolgimento dell’attività oggetto dell’appalto; d) il nuovo appaltatore aveva assunto la quasi totalità del personale, con omogeneità delle figure professionali per l’esecuzione del servizio; e) non erano ravvisabili elementi significativi di oggettiva novità, peculiarità o originalità nella esecuzione o nel contenuto del servizio o anche solo più in generale nella organizzazione complessiva dell’attività aziendale nelle tredici sedi operative.
In conclusione, quindi, la sentenza impugnata, come indicato dalla giurisprudenza comunitaria, ha esaminato il nesso funzionale di interdipendenza e complementarità tra i diversi fattori di RAGIONE_SOCIALE trasferiti e, considerando la specifica attività esercitata e trasferita, ha accertato la conservazione dell’identità dell’impresa, escludendo ogni elemento di discontinuità che potesse rendere inoperante il disposto di all’art. 2112 cod. civ.
Il secondo motivo della RAGIONE_SOCIALE è parimenti infondato.
Il nucleo essenziale della censura è rappresentato dall’assunto secondo cui, applicandosi al caso in esame l’art. 32 della legge della Provincia autonoma di Trento n. 2 del 2016 che, al comma 4, in combinato disposto con l’art. 19 del Capitolato di appalto, prevede una diversa ed alternativa
fase di informazione e consultazione sindacale in ipotesi di subentro dell’appalto, rispetto a quella disciplinata dallo stesso art. 32 co. 2 e dall’art. 47 legge n. 428/1990 -, essendo l’iter del citato comma 4 stato osservato , derivava, da un lato, che non era ravvisabile una condotta antisindacale e, dall’altro, che l’azione ex art. 28 St. lav. era inammissibile perché il subentro nell’appalto non si era ancora verificato al momento della sua proposizione.
Le conclusioni di parte ricorrente non sono corrette e vanno condivise le argomentazioni sul punto adottate dai giudici di merito.
Invero, una volta stabilito che, nella fattispecie, si verteva in ipotesi di trasferimento di azienda e non di mero cambio appalto, non è possibile ipotizzare che una successiva legge di una Provincia Autonoma possa derogare una legge dello Stato, emanata nell’ambito della propria competenza esclusiva (rapporti di diritto privato) e in attuazione di direttive europee.
Né la procedura di cui alla legge provinciale (comma 4 dell’art. 32) può ritenersi alternativa o surrogatoria di quella statale in quanto, in tema di trasferimento d’azienda, l’art. 47 della legge n. 428 del 1990 pone, dapprima, un obbligo inderogabile di informazione in capo al datore di RAGIONE_SOCIALE nella fase precedente il trasferimento, disponendo che, ove la cessione riguardi un’azienda che occupa più di quindici dipendenti, deve darsene comunicazione per iscritto alle rappresentanze sindacali costituite nelle unità produttive interessate, nonché alle rispettive associazioni di categoria, almeno venticinque giorni prima con la conseguenza che il mancato adempimento dell’obbligo di informazione costituisce comportamento contrario ai principi di correttezza
e di buona fede, rilevando come condotta antisindacale (Cass. n. 17072/2005; Cass. n. 24093/2009); a tale fase di informazione deve, successivamente, seguire quella dell’esame congiunto in una sequenza temporale scandita in modo puntuale dalla legge.
L’art. 32 della legge provinciale n. 2 del 2016 disciplina testualmente le mere ipotesi di cambio di gestione nell’appalto di servizi e non, invece, anche quelle di cambio appalto che comportano, come nel caso in esame, un trasferimento di azienda ex art. 2112 cod. civ. la cui regolamentazione non può essere, pertanto, modificata o adeguata a quella prevista da altre disposizioni per diverse fattispecie.
Alla stregua di quanto esposto, entrambi i ricorsi devono essere rigettati.
Al rigetto segue la condanna di ciascuna ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta i ricorsi. Condanna ciascuna ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente che si è costituita separatamente in relazione ad ogni ricorso, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,
da parte di ciascuna ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10.9.2025
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME