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Ticket restaurant: spetta solo per lavoro effettivo?

La Corte di Cassazione ha stabilito che, se previsto da un accordo aziendale, il diritto al ticket restaurant matura solo per le giornate di effettiva prestazione lavorativa. L’ordinanza chiarisce che l’accordo aziendale, sostituendo una precedente indennità di mensa, può legittimamente escludere il buono pasto per ferie, malattia e altri giorni non lavorati, anche se equiparati dal CCNL. La Corte ha cassato la decisione d’appello che aveva dato un’interpretazione troppo letterale e frammentaria degli accordi, sottolineando l’importanza di valutare la comune intenzione delle parti e il loro comportamento successivo per una corretta ermeneutica contrattuale.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Ticket restaurant: quando spetta? Solo per le ore di lavoro effettivo secondo la Cassazione

L’erogazione del ticket restaurant è da sempre un tema di grande interesse nel diritto del lavoro. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 12709/2024, ha fornito un chiarimento fondamentale sull’interpretazione degli accordi aziendali che introducono questo beneficio in sostituzione della vecchia indennità di mensa. La Corte ha stabilito che, se la volontà delle parti è chiara, il buono pasto è strettamente legato alla prestazione lavorativa effettiva, escludendo quindi la sua corresponsione durante ferie, malattie o altri periodi di assenza, anche se equiparati a giorni lavorativi dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL).

I Fatti del Caso: Il Contenzioso sul Buono Pasto

Il caso ha origine dalla richiesta di un gruppo di dipendenti di una nota società di gestione di infrastrutture, i quali sostenevano di aver diritto a ricevere i buoni pasto anche per le giornate non lavorate ma equiparate a quelle di lavoro effettivo secondo il CCNL di settore (ad esempio, ferie e alcuni tipi di assenza per malattia). La società si opponeva, ritenendo che l’accordo aziendale del 2015, che aveva introdotto il ticket restaurant in sostituzione dell’indennità di mensa, lo legasse inequivocabilmente alla presenza fisica e a una prestazione di almeno quattro ore.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai lavoratori, basando la loro decisione su un’interpretazione letterale della clausola che faceva riferimento alla platea di beneficiari della precedente indennità di mensa. Secondo i giudici di merito, questo rinvio implicava l’applicazione dell’intera disciplina dell’indennità, compresa la sua erogazione per i giorni non lavorati.

La Decisione della Cassazione: il valore del ticket restaurant e la volontà delle parti

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente il verdetto, accogliendo il ricorso della società. I giudici supremi hanno censurato l’approccio dei giudici di merito, definendolo “atomistico” e “parziale”, in quanto si era limitato a esaminare una singola clausola senza contestualizzarla nell’intero quadro negoziale.

Secondo la Corte, l’interpretazione dei contratti collettivi, specialmente quelli aziendali, deve seguire un criterio logico-sistematico, come imposto dall’art. 1363 del Codice Civile. Questo significa che è necessario:
1. Ricostruire la comune intenzione delle parti: non fermarsi al senso letterale delle parole, ma indagare lo scopo che le parti intendevano perseguire.
2. Valutare il comportamento complessivo: considerare anche gli atti successivi alla stipula del contratto, come comunicazioni aziendali o accordi successivi, che possono chiarire la volontà originaria.
3. Interpretare le clausole le une per mezzo delle altre: attribuire a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto.

L’Errata Interpretazione della Corte d’Appello

L’errore della Corte territoriale è stato quello di interpretare il riferimento alla vecchia indennità di mensa (prevista dall’art. 43, punto g, del CCNL) come un rinvio all’intera disciplina. La Cassazione ha invece chiarito che quel riferimento serviva unicamente a identificare la platea dei lavoratori che avrebbero beneficiato del nuovo sistema, non a importarne le regole di erogazione.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha sottolineato che l’accordo aziendale del 2015, e quelli successivi del 2007 e 2018, avevano chiaramente modificato la natura del beneficio. Si passava da un'”indennità sostitutiva” a un emolumento, il ticket restaurant, strettamente connesso alla prestazione lavorativa giornaliera. Questa volontà era confermata dal comportamento della società, che fin da subito aveva comunicato ai dipendenti che i buoni pasto sarebbero stati distribuiti “sulla base delle effettive presenze” e che “le ferie non daranno diritto ai TR”.

Inoltre, l’accordo successivo del 2018 ribadiva che il buono pasto veniva corrisposto “per ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore”, senza menzionare alcuna equiparazione. L’applicazione combinata dei criteri ermeneutici ha quindi dimostrato l’erroneità della decisione impugnata, che non aveva colto il senso esatto della previsione negoziale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

Questa ordinanza della Cassazione rafforza il principio dell’autonomia della contrattazione collettiva aziendale. Le aziende e i sindacati possono definire regole specifiche per l’erogazione di benefit come il ticket restaurant, anche in deroga a quanto previsto in via generale da un CCNL per istituti precedenti e diversi. La lezione fondamentale è che la chiarezza e la coerenza degli accordi, unitamente al comportamento successivo delle parti, sono decisive per determinarne la corretta interpretazione. Per i lavoratori, ciò significa che il diritto a un beneficio non può essere desunto da un’interpretazione isolata di una clausola, ma deve essere valutato nel contesto dell’intera disciplina contrattuale voluta dalle parti sociali.

Un accordo aziendale può prevedere che il ticket restaurant spetti solo per le giornate di lavoro effettivo, escludendo ferie o malattia?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che un accordo collettivo aziendale può legittimamente legare l’erogazione del ticket restaurant all’effettiva prestazione lavorativa di un determinato numero di ore, escludendo così il diritto al buono pasto per le giornate di assenza, anche se equiparate a quelle lavorative dal CCNL per altri fini.

Come deve essere interpretato un accordo sindacale che sostituisce l’indennità di mensa con il ticket restaurant?
Deve essere interpretato non in modo isolato o puramente letterale, ma secondo un criterio logico-sistematico. È necessario ricostruire la comune intenzione delle parti analizzando il complesso delle clausole, gli accordi precedenti e successivi, e il comportamento tenuto dalle parti stesse dopo la stipula, per comprendere la reale portata della nuova disciplina.

Il riferimento a una norma del CCNL in un accordo aziendale implica l’applicazione di tutta la disciplina collegata a quella norma?
No, non necessariamente. Come chiarito dalla Corte, un richiamo a una norma del CCNL (in questo caso, quella che disciplinava la vecchia indennità di mensa) può avere il solo scopo di identificare la platea dei destinatari del nuovo beneficio (il ticket restaurant), senza per questo importare automaticamente l’intera disciplina precedente, incluse le regole di erogazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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