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Ticket restaurant aziendale: conta il lavoro effettivo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22178/2024, ha stabilito che, in base all’interpretazione di specifici accordi sindacali, il ticket restaurant aziendale spetta solo per le giornate di effettiva prestazione lavorativa. La Corte ha cassato la decisione di merito che estendeva il beneficio anche alle giornate equiparate ma non lavorate, sottolineando la necessità di un’interpretazione sistematica e non solo letterale dei contratti collettivi.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Ticket Restaurant Aziendale: La Cassazione Sancisce il Legame con la Presenza Effettiva

Il diritto al ticket restaurant aziendale è un tema di costante dibattito nel diritto del lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sull’interpretazione degli accordi collettivi aziendali, stabilendo che, in assenza di una diversa ed esplicita volontà delle parti, questo beneficio è strettamente legato alle giornate di effettiva presenza in servizio. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La controversia nasce dalla richiesta di alcuni lavoratori di una grande società di servizi di vedersi riconosciuto il diritto ai buoni pasto anche per le giornate di assenza equiparate a quelle di lavoro effettivo (come ferie, permessi, malattia). Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai dipendenti, condannando l’azienda al pagamento delle somme corrispondenti.

Secondo i giudici di merito, un contratto integrativo aziendale del 2015, che introduceva il ticket restaurant in sostituzione di una precedente indennità di mensa, non specificava chiaramente l’esclusione per i giorni non lavorati. Pertanto, si doveva fare riferimento alla disciplina del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), che equiparava determinate assenze alla prestazione lavorativa. L’azienda, ritenendo errata tale interpretazione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione.

La questione sull’interpretazione del ticket restaurant aziendale

Il nodo centrale della questione giuridica risiedeva nell’interpretazione dell’accordo aziendale del 21 luglio 2015. La Corte di Cassazione era chiamata a decidere se l’introduzione del ticket restaurant aziendale dovesse essere letta in continuità con le regole previste dal CCNL per l’indennità di mensa oppure se rappresentasse una nuova disciplina, autonoma e slegata da tali equiparazioni.

L’azienda sosteneva che la volontà delle parti sindacali e aziendali fosse quella di legare il nuovo beneficio alla prestazione lavorativa effettiva, come emolumento sostitutivo del servizio mensa, e non di considerarlo un elemento retributivo generalizzato. La difesa dei lavoratori, al contrario, puntava sul mancato richiamo esplicito a una deroga rispetto al CCNL.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’azienda, ribaltando le decisioni dei gradi precedenti. La motivazione si fonda su un principio cardine dell’interpretazione contrattuale: la necessità di superare un’analisi puramente letterale e ‘atomistica’ delle singole clausole per abbracciare un’interpretazione logico-sistematica.

Secondo i giudici, per comprendere la reale volontà delle parti non è sufficiente leggere isolatamente l’accordo del 2015, ma è indispensabile contestualizzarlo, tenendo conto di:

1. Accordi Precedenti e Successivi

La Corte ha valorizzato un accordo precedente del 2007, relativo ad altre categorie di personale, che già aveva esplicitamente legato l’erogazione del buono pasto a ‘ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore’. Inoltre, un accordo successivo del 2018 aveva confermato questa linea interpretativa. Questi elementi, secondo la Corte, dimostrano una chiara e costante intenzione delle parti di collegare il beneficio alla presenza fisica sul luogo di lavoro.

2. Comportamento delle Parti

È stato ritenuto rilevante anche il comportamento successivo alla stipula dell’accordo. Una comunicazione via mail inviata dalla direzione del personale poco dopo la firma dell’intesa specificava che i buoni pasto sarebbero stati distribuiti ‘sulla base delle effettive presenze’ e che ‘le ferie non daranno diritto ai TR’. Questo comportamento post-contrattuale è un indice fondamentale per ricostruire la comune intenzione dei contraenti, come previsto dall’art. 1362 del Codice Civile.

3. Principio di Fedeltà ai Precedenti

Infine, la Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata su casi analoghi, riaffermando il principio di fedeltà ai precedenti per garantire l’uniforme interpretazione della legge e la certezza del diritto. Le decisioni precedenti avevano già stabilito che la contrattazione collettiva aziendale gode di autonomia rispetto a quella nazionale e può legittimamente introdurre discipline specifiche e derogatorie.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello, in diversa composizione, che dovrà attenersi ai principi enunciati. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chiarisce che il ticket restaurant aziendale, se non diversamente specificato, ha natura assistenziale e non retributiva, essendo finalizzato a compensare il disagio del lavoratore che non può consumare il pasto a casa propria. Di conseguenza, è legittimo che gli accordi aziendali lo riconoscano solo in caso di effettiva prestazione lavorativa, escludendo ferie, permessi e altre assenze. Questa sentenza rafforza l’autonomia della contrattazione di secondo livello e sottolinea l’importanza di un’interpretazione complessiva e contestualizzata degli accordi per comprenderne la reale portata.

Un accordo aziendale può prevedere che il ticket restaurant spetti solo per le giornate di lavoro effettivo, escludendo ferie o permessi?
Sì, la Corte di Cassazione ha affermato che la contrattazione collettiva aziendale è autonoma rispetto a quella nazionale. Pertanto, può legittimamente stabilire che il ticket restaurant sia corrisposto esclusivamente per le giornate di effettiva presenza in servizio, derogando alle norme del CCNL che equiparano alcune assenze al lavoro svolto.

Come deve essere interpretato un accordo sindacale se una clausola non è chiara?
Un accordo sindacale non deve essere interpretato in modo ‘atomistico’, ovvero analizzando una singola clausola in modo isolato. Il giudice deve adottare un criterio logico-sistematico, valutando il testo nel suo complesso, la comune intenzione delle parti (ricavabile anche da accordi precedenti e successivi) e il loro comportamento dopo la stipulazione del contratto.

Cosa succede se durante un processo in Cassazione alcune parti trovano un accordo transattivo?
Per le parti che raggiungono un accordo, la Corte dichiara la ‘cessazione della materia del contendere’, ponendo fine alla lite tra di loro. Il processo prosegue invece per le altre parti coinvolte nel giudizio che non hanno aderito alla conciliazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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