Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18969 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18969 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21480-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 936/2019 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA, depositata il 10/12/2019 R.G.N. 198/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Bologna confermava la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di COGNOME NOME volta ad ottenere il pagamento del t.f.r
Oggetto
Fondo Garanzia
R.G.N. 21480/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 29/04/2025
CC
maturato al termine del rapporto di lavoro quale maestra d’infanzia , intercorso con il Comune di Bologna dal 2008 al 2016.
Secondo la Corte, essendo il t.f.r. dei pubblici impiegati assoggettato all’art.2120 c.c., esso aveva natura retributiva e non previdenziale, e doveva corrispondersi alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre restava irrilevante che nel caso di specie vi fosse stata riassunzione della lavoratrice presso il MIUR con nascita di un nuovo rapporto di lavoro senza soluzione di continuità rispetto al precedente.
Avverso la sentenza, l’Inps ricorre per un motivo . COGNOME NOME resiste con controricorso, illustrato da memoria. All’esito dell’odierna udienza camerale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso, l’Inps deduce violazione e falsa applicazione dell’art.2 l. n.335/95, dell’Accordo Quadro del 29.7.1999 e del successivo d.P.C.M. 20.12.1999, nonché dell’art.26, co.19 l. n.448/98. Sostiene che il regime del t.f.r. dei dipendenti pubblici ha particolari differenze rispetto a quello dei dipendenti privati -in ordine al meccanismo di finanziamento, al soggetto debitore, al meccanismo di accantonamento figurativo -le quali devono far concludere per la natura non retributiva ma previdenziale della prestazione.
Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art.360 -bis, n.1 c.p.c., e tale ragione di inammissibilità prevale sulle altre
eccezioni di inammissibilità del ricorso svolte dalla controricorrente.
Con orientamento consolidato di questa Corte, rispetto al quale il ricorso non adduce argomenti giuridici rilevanti al fine di condurre ad un suo superamento, si è affermato, a partire da una sentenza resa a sezioni unite (Cass. S.U. 24280/14), poi seguita da successive pronunce (Cass.58595/20, Cass.2828/21, Cass.9547/24), che, nella vigenza dell’art.2, co.5 l. n.335/95, il t.f.r. dei dipendenti pubblici è assoggettato al medesimo regime dell’art.2120 c.c., sicché deve essere corrisposto all’atto della cess azione del rapporto di lavoro, indipendentemente dal fatto che un nuovo rapporto di lavoro sia stato concluso senza soluzione di continuità temporale rispetto al precedente. In particolare, è stato osservato che le perduranti differenze di regime che il t.f.r. dei dipendenti pubblici esprime in forza dell’Accordo Quadro del 29.7.1999 e del successivo d.P.C.M. 20.12.1999, non valgono a privare di rilievo la principale considerazione per cui, rimanendo applicabile l’ar t.2120 c.c., il t.f.r. spetta in caso di cessazione del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla contestuale cessazione del rapporto previdenziale.
Va anche in questa sede ribadito quanto sottolineato da questa Corte circa il fatto che a tenore dell ‘ articolo 1, co.6 d.P.C.m. 20.12.1999 il trattamento di fine rapporto è liquidato dall ‘ INPS «alla cessazione dal servizio del lavoratore secondo quanto disposto dalla legge 29 maggio 1982 nr. 297», mentre il successivo art.2 prevede che nei confronti del personale assunto successivamente alla data del 31 dicembre 2000 si
applicano le regole «concessive» di cui alla legge 29 maggio 1982 nr. 297 ; l’ esigibilità del t.f.r. è stata cioè ancorata ai medesimi presupposti previsti per il lavoro privato e dunque alla cessazione giuridica del rapporto di lavoro e non alla cessazione della iscrizione al fondo per il trattamento di fine rapporto, gestito dall’INPS, restando irrilevante, al pari di quanto previsto per il lavoro privato, l ‘ eventuale continuità temporale, in fatto, di più rapporti di lavoro, in forza della quale permanga la iscrizione al fondo e assumendo invece esclusivo rilievo ai fini dell ‘ esigibilità del t.f.r. la «cessazione dal servizio», ovvero la cesura sotto il profilo giuridico tra due rapporti di lavoro, seppure in successione temporale tra loro.
Conclusivamente il ricorso va respinto con condanna alle spese di lite secondo soccombenza.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale del 29.4.25