Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22059 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 22059 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27870-2018 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME NOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 267/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 20/03/2018 R.G.N. 360/2017;
Oggetto
Art. 1 d.P.R.
nr. 58 del
1976
R.G.N. 27870/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 13/06/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
la Corte di Appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE alla riliquidazione del trattamento pensionistico, con applicazione delle scale di accrescimento del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per il periodo 1975-1988, senza applicazione del tetto massimo di cui al l’art. 1 del D.P.R. nr. 58 del 1976;
contro
versa la misura del trattamento pensionistico d ell’o dierno controricorrente -iscritto al l’ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con accredito di contributi pregressi versati presso altre gestioni previdenziali, e poi transitato a ll’AGO, a se guito della soppressione dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE – la Corte territoriale ha escluso che operasse il cd. «tetto» di cui all’art. 1 D.P.R. nr. 58 del 1976, perché relativo al caso diverso in cui i requisiti pensionistici si perfezionassero interamente nella gestione RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
nel caso di specie, invece, il lavoratore non aveva maturato nella gestione RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE i requisiti per il pensionamento e non erano stati raggiunti dal lavoratore i quarant’anni contributivi previsti dalle disposizioni sul tetto;
avverso tale sentenza ricorre l’RAGIONE_SOCIALE con un motivo, cui resiste con controricorso, illustrato da memoria, il pensionato;
il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in Camera di consiglio.
RILEVATO CHE:
con l’unico motivo , l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione del D.P.R. nr. 58 del 1970, art. 1, della legge nr. 44 del 1973, art. 5, e della legge nr. 289 del 2002, art. 42, per non avere la Corte territoriale applicato il limite massimo (previsto per le pensioni RAGIONE_SOCIALE spettanti a chi è sempre stato dirigente presso quella gestione) nel caso, come quello di specie, in cui l ‘assicurato , maturato un periodo di contribuzione presso il RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, era poi transitato all’I NPDAI, successivamente confluito in AGO, dove percepiva il trattamento pensionistico;
per l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, la norma che prevede il «tetto» pensionistico è volta ad evitare la corresponsione di pensioni più elevate in favore di chi ha avuto posizioni non dirigenziali in altre gestione (e poi è transitato in RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE) rispetto a chi, invece, è sempre stato iscritto all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE come dirigente;
il motivo è fondato;
la questione devoluta alla Corte è già stata esaminata da Cass. nr. 30260 del 2022 che, ponendosi sulla scia di Cass. nr. 2415 del 2012 e di Cass. nr. 13980 del 2018, ha osservato come «il tetto di cui alle richiamate norme è previsto anche per chi accede alla pensione dopo la soppressione RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE»;
l’art. 1 del d.P.R. nr. 58 del 1976, nella parte di rilievo, stabilisce che l’ammontare della pensione comprensivo della quota parte derivante dall’esercizio della facoltà all’art. 5 della legge nr. 44 del 1973 (che consente la valutazione delle anzianità contributive maturare anche presso ordinamenti previdenziali diversi) non può essere in ogni caso superiore a quello della pensione massima erogabile dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
per la Corte, l’applicazione del limite di cui all’art. 1 del d.P.R. nr. 58 del 1976 anche al caso di specie consegue alla
previsione legislativa secondo cui, ai sensi dell’art. 42 della legge nr.289 del 2002 (che ha disciplinato la confluenza dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE), la liquidazione della pensione spettante a coloro i quali siano transitati dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE all’A.G.O. avviene pro quota. Il richiamo alla disciplina già regolatrice dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al fine di quantificare la quota afferente alla contribuzione accreditata fino alla soppressione dell’ente «porta con sé l’applicazione del tetto»;
al precedente indicato, da intendersi qui richiamato anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. , va data continuità in questa sede;
può solo aggiungersi che, anche in relazione al presente giudizio, la sentenza impugnata ha ritenuto in diritto che il tetto massimo RAGIONE_SOCIALE è applicabile solo se considerato «quale limite» in presenza di 40 anni di contributi. Ha, però, motivato per relationem , richiamando un proprio ma diverso precedente in cui era stato accertato, in fatto, che il tetto era stato applicato dall’ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a seguito del raffronto tra quanto erogabile in base alla gestione RAGIONE_SOCIALE e quanto liquidabile in base al sistema AGO a parità di anzianità contributiva trentennale e non invece in relazione all’anzianità contributiva massima (quarantennale);
14. nella sentenza impugnata tale accertamento (in ordine al tetto massimo applicato) è mancato, né la Corte territoriale ha in alcun modo evidenziato l’identità dei fatti alla base del caso sub judice con quello oggetto del suo precedente richiamato; l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, anzi, contesta espressamente che è stato applicato un tetto inferiore a quello massimo, in quanto il tetto massimo calcolato sui 40 anni di contribuzione sarebbe inferiore all’importo riconosciuto dalla sentenza (sicché il tetto non sembrerebbe neppure essere stato applicato);
15. per quanto innanzi, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, per un nuovo esame, alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di lite del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 giugno