Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19562 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19562 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13289-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
Oggetto
Contribuzione
mista INPDAI
AGO
R.G.N.13289/2019
COGNOME
Rep.
Ud.29/01/2025
CC
avverso la sentenza n. 52/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 28/01/2019 R.G.N. 329/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato l’INPS alla riliquidazione del trattamento pensionistico in favore di NOME NOME, con applicazione delle scale di accrescimento della CPDEL per il periodo antecedente al trasferimento contributivo in INPDAI, senza applicazione del tetto massimo di cui all’art. 1 del D.P.R. nr. 58 del 1976.
La controversia ha ad oggetto la misura del trattamento pensionistico di cui il Papini chiede il ricalcolo: questi, già dirigente industriale iscritto presso la CDPEL dal 1969 al 1986, aveva trasferito in INPDAI i contributi ivi versati ai sensi dell’art. 5 co. 4 L.44/73, di poi, soppresso quest ‘ ultimo ente nel 2002, era transitato in AGO con copertura INPDAP dal 2003 al 2009 ed infine in INPS con pensionamento dal 2009 con 40 anni di contribuzione utile. La Corte territoriale, respingendo la tesi dell’I NPS, ha escluso che per il richiedente operasse il cd. «tetto» di cui all’art. 1 D.P.R. nr. 58 del 1976, secondo il quale l’ammontare della pensione , comprensivo della quota parte derivante dall’esercizio della facoltà di far valere in INPDAI le anzianità contributive maturate presso ordinamenti previdenziali diversi, non possa essere superiore a quello della pensione massima erogabile dall’INPDAI .
S econdo l’ INPS l’applicazione della predetta disciplina è finalizzata a precludere un trattamento differenziato tra dirigenti iscritti ad INPDAI e dirigenti che, provenienti da altri fondi di
gestione previdenziale, potrebbero godere di aliquote migliori e, dopo la confluenza in INPS, si applicherebbe il criterio del pro rata, ma se ciò non fosse, si dovrebbe applicare un ricalcolo secondo i criteri dell’AGO, più sfavorevoli con percentuali di rendimento più basse. Ed invece, la Corte ha ritenuto che per l’anzianità contributiva afferente al periodo antecedente al transito in INPDAI si continuerebbe ad applicare il coefficiente di rendimento a quel periodo previsto come pensionabile, disciplina prevista per il trattamento pensionistico del personale, già iscritto in INPDAI e proveniente da altre gestioni, confluito in INPS senza ancora aver maturato i requisiti per il pensionamento. La disciplina del tetto non superabile sarebbe relativa al caso diverso in cui i requisiti pensionistici si perfezionassero interamente nella gestione INPDAI, e non era quindi applicabile al caso di specie. In sostanza, le anzianità contributive acquisite in forza del trasferimento in INPDAI dei precedenti periodi erano valutate secondo le scale di accrescimento e le aliquote di commisurazione vigenti per la determinazione della pensione dell’assicurazione di provenienza, e la Corte, seguendo altre pronunce di merito già rese in altri casi simili, ha statuito per la legittimità della pretesa del richiedente pensionato.
Avverso tale sentenza ricorre l’INPS con un motivo, cui resiste il pensionato con controricorso, illustrato da memorie.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 29 gennaio 2025.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo, l’INPS deduce, ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art.1 del D.P.R. nr. 58 del 1976,
dell’art. 5 della legge nr. 44 del 1973, e dell’art. 42 della legge nr. 289 del 2002, per non avere la Corte territoriale applicato il limite massimo (previsto per le pensioni INPDAI spettanti a chi è sempre stato dirigente presso quella gestione) nel caso, come quello di specie, in cui l’assicurato, maturato un periodo di contribuzione presso il CPDEL, era poi transitato all’INPDAI, successivamente confluito in AGO, dove percepiva il trattamento pensionistico. Secondo l’istituto previdenziale, la misura de lla pensione non può superare l’importo della pensione massima erogabile dall’INPDAI; la norma che prevede il «tetto» pensionistico è volta, invero, ad evitare la corresponsione di pensioni più elevate in favore di chi ha avuto posizioni non dirigenziali in altre gestioni (e poi è transitato in INPDAI) rispetto a chi, invece, è sempre stato iscritto all’INPDAI come dirigente.
Nel controricorso il pensionato rileva che il momento regolativo dell’ammontare del trattamento pensionistico coincide con il momento della maturazione del diritto a pensione, ed è quindi inapplicabile il ‘tetto’ valevole fino alla confluenza di INPDAI in INPS, trattandosi di vincolo che riguarda la precedente gestione, oramai cessata, inerente al mancato raggiungimento del massimo di anzianità contributiva di 40 anni in INPDAI.
3. Il ricorso di INPS è fondato.
La questione devoluta alla Corte è già stata altre volte esaminata, in ultimo da Cass. ord. n. 22059/2024 ed ancor prima da ord. n.30260/2022 che, ponendosi sulla scia di Cass. n.2415/2012 e di Cass. n.13980/2018, ha osservato come «il tetto di cui alle richiamate norme è previsto anche per chi accede alla pensione dopo la soppressione INPDAI». L’art. 1 del
d.P.R. nr. 58 del 1976, nella parte di rilievo, stabilisce che l’ammontare della pensione comprensivo della quota parte derivante dall’esercizio della facoltà all’art. 5 della legge nr. 44 del 1973 (che consente la valutazione delle anzianità contributive maturate anche presso ordinamenti previdenziali diversi) non può essere in ogni caso superiore a quello della pensione massima erogabile dall’INPDAI.
Per la Corte, l’applicazione del limite di cui all’art. 1 del d.P.R. n. 58/1976 anche al caso di specie consegue alla previsione legislativa secondo cui, ai sensi dell’art. 42 della L. nr.289 del 2002 (che ha disciplinato la confluenza dell’INPDAI nell’INPS), la liquidazione della pensione spettante a coloro i quali siano transitati dall’INPDAI all’A.G.O. avviene pro quota. Il richiamo alla disciplina già regolatrice dell’INPDAI al fine di quantificare la quota afferente alla contribuzione accreditata fino alla soppressione dell’ente «porta con sé l’applicazione del tetto».
Al precedente indicato, da intendersi qui richiamato anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., va data continuità in questa sede; può solo aggiungersi che, anche in relazione al presente giudizio, la sentenza impugnata ha ritenuto in diritto che il tetto massimo RAGIONE_SOCIALE è applicabile solo se considerato «quale limite» in presenza di 40 anni di contributi. Ha, però, motivato per relationem, richiamando un proprio ma diverso precedente in cui era stato accertato, in fatto, che il tetto era st ato applicato dall’Inps a seguito del raffronto tra quanto erogabile in base alla gestione INPDAI e quanto liquidabile in base al sistema AGO a parità di anzianità contributiva trentennale e non invece in relazione all’anzianità contributiva massima (quarantennale).
Nella sentenza impugnata tale accertamento (in ordine al tetto massimo applicato) è mancato, né la Corte territoriale ha in alcun modo evidenziato l’identità dei fatti alla base del caso sub judice con quello oggetto del suo precedente richiamato; in ordine al quantum , il tetto riguarda l’ammontare della pensione non superiore a quella massima erogabile non già l’entità della percentuale dell’aliquota di rendimento (differente, come riporta il controricorrente, pro quota CPDEL e INPDAI), ma il pensionato non indica comunque l’entità dell’importo pensionabile che verrebbe in tal modo calcolato per sostenere il mancato superamento del predetto limite. Sul risultato conclusivo va anche non obliterato l’ulteriore rilievo di INPS in ordine alla ratio legis di un eventuale ingiustificabile aggravamento di un carico maggiore derivante da una previgente contribuzione, all’epoca gravante su un istituto soppresso per dissesto finanziario.
Per quanto innanzi, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, per un nuovo esame, alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di lite del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 gennaio