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Terzo elemento salariale: no ai non percettori

La Corte di Cassazione ha stabilito che i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro non hanno diritto al cosiddetto ‘terzo elemento salariale’ se questo è stato soppresso da un accordo collettivo prima della trasformazione del loro contratto in tempo indeterminato. Secondo la Corte, non si tratta di discriminazione in quanto i lavoratori non avevano mai percepito tale emolumento, pertanto non avevano un diritto quesito da tutelare. La sentenza ribalta le decisioni dei giudici di merito che avevano dato ragione ai dipendenti.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Terzo elemento salariale: La Cassazione chiarisce i diritti dei lavoratori

L’ordinanza in esame affronta una questione cruciale nel diritto del lavoro: il diritto a percepire il cosiddetto terzo elemento salariale da parte di lavoratori che, al momento della sua soppressione tramite contrattazione collettiva, erano assunti con un contratto di formazione e lavoro. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni dei gradi precedenti, ha fornito un’interpretazione consolidata che definisce i confini dei diritti retributivi in caso di modifica dei contratti collettivi.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di un gruppo di lavoratori, originariamente assunti con contratti di formazione e lavoro da un’azienda di trasporti e successivamente passati, per cessione di ramo d’azienda, a una nuova società. Durante il loro periodo di formazione, un nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del settore autoferrotranvieri aveva soppresso una voce retributiva nota come “terzo elemento salariale”.

L’accordo, tuttavia, prevedeva il mantenimento di tale emolumento per i soli lavoratori che, alla data di stipula, erano già in servizio con un contratto a tempo indeterminato. I lavoratori, una volta trasformato il loro contratto in tempo indeterminato, hanno agito in giudizio sostenendo di aver diritto a tale voce retributiva, poiché il periodo di formazione doveva essere computato a tutti gli effetti nell’anzianità di servizio. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano accolto le loro richieste, ritenendo illegittima e discriminatoria la clausola del CCNL che li escludeva dal beneficio.

La Questione del terzo elemento salariale per i contratti di formazione

Il nucleo del contendere risiedeva nella legittimità della clausola del contratto collettivo. Tale clausola creava una distinzione tra due categorie di dipendenti presenti in azienda alla stessa data: quelli con contratto a tempo indeterminato, che conservavano il diritto all’emolumento, e quelli con contratto di formazione e lavoro, che ne venivano esclusi. Le corti di merito avevano considerato questa distinzione una violazione del principio di parità di trattamento, basandosi sul fatto che il contratto di formazione e lavoro è finalizzato alla conversione in un rapporto stabile e che l’anzianità maturata in tale periodo è pienamente valida.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’azienda, ribaltando completamente la prospettiva. Richiamando un proprio orientamento ormai consolidato, la Suprema Corte ha affermato la piena legittimità di clausole collettive come quella in questione. Il ragionamento dei giudici si fonda su un principio cardine: la tutela del cosiddetto “diritto quesito”.

La Corte ha spiegato che la salvaguardia di una voce retributiva soppressa ha lo scopo di proteggere i lavoratori da un’improvvisa e ingiustificata decurtazione dello stipendio. Questa tutela, però, si applica solo a coloro che quella voce retributiva la percepivano effettivamente prima della soppressione. I lavoratori con contratto di formazione e lavoro, nel caso di specie, non avevano mai percepito il “terzo elemento salariale”, in quanto il loro trattamento economico era diverso. Di conseguenza, la sua eliminazione non ha inciso sul loro livello retributivo né ha leso un diritto già entrato nel loro patrimonio. Non si trattava di disconoscere l’anzianità maturata, ma di prendere atto che quegli specifici emolumenti non avevano mai fatto parte della loro retribuzione. Pertanto, non si configura alcuna discriminazione ingiustificata.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha rigettato le domande originarie dei lavoratori. Il principio stabilito è chiaro: la contrattazione collettiva può legittimamente escludere dal mantenimento di voci retributive soppresse i dipendenti che, alla data della modifica, non le avevano mai percepite, come nel caso dei lavoratori con contratto di formazione e lavoro. Questa decisione rafforza l’autonomia delle parti sociali nel modificare i trattamenti economici, a condizione che non vengano lesi i diritti quesiti, ovvero i diritti retributivi già effettivamente maturati e percepiti dai lavoratori.

Un lavoratore assunto con contratto di formazione e lavoro ha diritto a una voce retributiva soppressa da un accordo collettivo durante il suo periodo di formazione?
No, secondo la Corte di Cassazione. Se il lavoratore non ha mai percepito tale voce retributiva prima della sua soppressione, non matura un diritto a conservarla, poiché non si tratta di un diritto quesito entrato nel suo patrimonio.

La clausola di un contratto collettivo che mantiene un emolumento solo per i lavoratori già a tempo indeterminato è discriminatoria verso chi è in formazione?
No. La Corte ha stabilito che non si tratta di una discriminazione ingiusta, in quanto la finalità della clausola è quella di evitare una decurtazione della retribuzione per chi già percepiva l’emolumento, una condizione che non si applica a chi non lo aveva mai ricevuto.

L’anzianità maturata durante il contratto di formazione e lavoro dà automaticamente diritto a tutti gli elementi retributivi previsti per i lavoratori a tempo indeterminato?
No. Sebbene l’anzianità maturata nel periodo di formazione sia riconosciuta, ciò non comporta l’automatica estensione di specifici emolumenti che non sono mai stati parte della retribuzione durante quel periodo, specialmente se soppressi dalla contrattazione collettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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