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Terzo elemento: no al lavoratore ex formazione lavoro

Un lavoratore, assunto con contratto di formazione e lavoro e poi stabilizzato, ha richiesto il pagamento del cosiddetto ‘terzo elemento’, una voce retributiva che un accordo collettivo aveva soppresso, mantenendola solo per i dipendenti già a tempo indeterminato alla data dell’accordo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15441/2024, ha respinto la richiesta. La Suprema Corte ha chiarito che il lavoratore non aveva mai percepito tale emolumento durante il contratto di formazione. Pertanto, la soppressione della voce retributiva non ledeva alcun suo diritto quesito. Il riconoscimento dell’anzianità maturata nel periodo formativo non si estende automaticamente a voci di stipendio mai ricevute in precedenza.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Terzo elemento: la Cassazione chiarisce i limiti del riconoscimento dell’anzianità

Con la recente ordinanza n. 15441 del 3 giugno 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su una questione cruciale riguardante il diritto dei lavoratori, assunti con contratto di formazione e lavoro poi trasformato a tempo indeterminato, a percepire il cosiddetto terzo elemento contrattuale. Si tratta di una voce retributiva soppressa dalla contrattazione collettiva ma mantenuta per i soli dipendenti già in forza a tempo indeterminato. La Corte ha stabilito che la trasformazione del contratto non conferisce il diritto a emolumenti mai percepiti in precedenza.

Il caso: dalla formazione al contratto a tempo indeterminato

La vicenda trae origine dalla richiesta di un lavoratore, dipendente di un’azienda di trasporti, di vedersi riconosciuto il diritto al pagamento delle somme relative al “terzo elemento”. Il lavoratore era stato assunto con un contratto di formazione e lavoro prima del 25 luglio 1997. Successivamente, il suo rapporto era stato trasformato in un contratto a tempo indeterminato.

Il problema sorgeva perché il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) degli autoferrotranvieri, stipulato proprio in quella data, aveva soppresso tale voce retributiva, prevedendo però una clausola di salvaguardia. Questa clausola ne garantiva la conservazione solo per i “lavoratori già in forza a tempo indeterminato” alla data di stipula del nuovo contratto.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, ritenendo che il periodo di formazione dovesse essere computato nell’anzianità di servizio anche ai fini economici, creando così una discriminazione ingiustificata. L’azienda ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La decisione della Corte sul terzo elemento

La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo il ricorso dell’azienda. Il principio affermato è netto: le clausole della contrattazione collettiva che escludono dal mantenimento di determinate voci salariali i dipendenti in servizio con contratto di formazione e lavoro sono legittime.

La Corte ha specificato che il contratto di formazione e lavoro, pur con le sue specificità, appartiene al genere dei contratti a termine. La successiva trasformazione in rapporto a tempo indeterminato comporta che l’anzianità maturata sia riconosciuta per vari istituti legali e contrattuali (come gli scatti di anzianità), ma non trasforma la natura originaria del rapporto ex tunc (cioè, con effetto retroattivo) per ogni singolo aspetto.

Le motivazioni: anzianità di servizio vs. voci retributive

La Corte di Cassazione ha fornito una motivazione dettagliata, basata su un orientamento ormai consolidato. Il punto centrale del ragionamento è la distinzione tra il riconoscimento dell’anzianità e il diritto a una specifica voce retributiva.

1. Nessun diritto quesito: Il lavoratore, durante il suo contratto di formazione, non aveva mai percepito il “terzo elemento”. Di conseguenza, la sua soppressione da parte del nuovo CCNL non ha intaccato alcun diritto già acquisito o un livello retributivo preesistente. La clausola di salvaguardia era pensata per evitare una decurtazione improvvisa dello stipendio a chi già beneficiava di quella voce, non per estenderla a chi non l’aveva mai avuta.

2. Il lavoratore è un “neo-assunto”: Per quanto riguarda gli istituti non strettamente legati all’anzianità di servizio, il lavoratore il cui contratto viene trasformato deve essere considerato come un “neo-assunto” dal momento della trasformazione. La retroattività dell’anzianità ha uno scopo specifico e non può essere estesa per rivendicare elementi salariali legati a una condizione (l’essere a tempo indeterminato in una certa data) che il lavoratore non possedeva.

3. Nessuna discriminazione: La differenziazione operata dal contratto collettivo non è discriminatoria né viola la normativa nazionale o europea (Direttiva 99/70/CE). La stessa direttiva, infatti, consente agli Stati membri di escludere dal proprio campo di applicazione i contratti di formazione professionale. La scelta delle parti sociali di equiparare, ai fini della nuova struttura retributiva, i lavoratori ex formazione al personale di nuova assunzione è stata giudicata legittima.

Conclusioni: le implicazioni della sentenza

Questa ordinanza consolida un principio importante nel diritto del lavoro, tracciando un confine chiaro tra il valore dell’anzianità di servizio maturata durante i contratti formativi e il diritto a specifiche componenti della retribuzione. La decisione sottolinea l’autonomia della contrattazione collettiva nel definire la struttura salariale, purché non leda diritti quesiti dei lavoratori. Per le aziende, ciò significa avere maggiore certezza giuridica nella gestione delle transizioni contrattuali e delle riforme retributive. Per i lavoratori, chiarisce che la trasformazione di un contratto a termine non comporta automaticamente il diritto a tutti i benefici di cui godevano i colleghi a tempo indeterminato in un momento precedente alla loro stabilizzazione.

Un lavoratore assunto con contratto di formazione e lavoro, poi convertito a tempo indeterminato, ha diritto a una voce retributiva soppressa durante il periodo di formazione ma conservata per i lavoratori già a tempo indeterminato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il lavoratore non ha diritto a tale voce retributiva perché non l’ha mai percepita durante il suo rapporto di formazione e, di conseguenza, la sua soppressione non lede alcun suo diritto acquisito (diritto quesito).

Il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata durante il contratto di formazione vale anche per gli elementi retributivi?
Vale per gli istituti legati allo scorrere del tempo, come gli scatti di anzianità, ma non si estende automaticamente a specifiche voci salariali che il lavoratore non ha mai ricevuto. La trasformazione del contratto non rende il lavoratore titolare, con effetto retroattivo, di tutti gli elementi retributivi previsti per i dipendenti a tempo indeterminato in una data passata.

È legittimo che un contratto collettivo tratti diversamente i lavoratori a tempo indeterminato e quelli in formazione riguardo a specifiche voci salariali?
Sì. La Corte ha stabilito che non integra una violazione di legge né un trattamento discriminatorio la scelta della contrattazione collettiva di distinguere, nel contesto di una riforma della retribuzione, tra il personale già in servizio a tempo indeterminato e i lavoratori con contratto di formazione, equiparando questi ultimi al personale di nuova assunzione ai soli fini dell’attribuzione di nuove voci salariali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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