Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3518 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3518 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13439/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME , rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, giusta procura speciale in atti
-ricorrente – contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende, giusta procura speciale in atti
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA n. 558/2023 depositata il 09/03/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Per quanto in questa sede rileva i fatti di causa possono essere sintetizzati nel modo seguente:
AVV_NOTAIO otteneva dal Tribunale di Bologna il decreto ingiuntivo n. 5030/2007 a titolo di pagamento di prestazioni professionali per la somma di euro 40.607,51 nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il decreto veniva revocato a seguito di opposizione proposta da questi ultimi, con condanna d ell’AVV_NOTAIO alla restituzione in favore degli stessi della somma di euro 143,19, oltre alla liquidazione delle spese di giudizio.
Avverso tale decisione proponeva appello NOME COGNOME. Si costituivano in causa NOME COGNOME e NOME COGNOME, con il patrocinio dell’avvocato NOME COGNOME.
A seguito di comunicazione dell’avvenuta conoscenza informale del decesso dell’avvocato COGNOME da parte del difensore dell’appellante, l a Corte di Appello di Bologna, con provvedimento del 12/01/2021, dichiarava l’interruzione del processo.
In data 25/03/2021 la difesa dell’appellante inoltrava a mezzo EMAIL un ricorso in riassunzione la cui procedura di deposito telematico non andava a buon fine, per cui, con successivo ricorso, depositato il 16/04/2021, il difensore chiedeva di essere rimesso in termini per un nuovo deposito dello stesso.
Con la sentenza n. 558/2003 in queste sede impugnata, la Corte di Appello di Bologna:
rimetteva definitivamente alla decisione del Collegio la causa già assegnata a sentenza e rimessa sul ruolo, ‘ dopo anche il deposito delle comparse conclusionali ‘ , senza la concessione di ulteriori termini alle parti ex art. 190 c.p.c.;
sul presupposto che il processo non poteva ritenersi correttamente riassunto nel termine perentorio del 12/04/2021, essendosi l’appellante limitato alla produzione in giudizio delle sole ‘ due prime PEC ‘ e non anche di tutte e quattro le ricevute generate dal sistema informatico, dichiarava l’estinzione del giudizio per effetto dell’inutile decorrenza del termine trimestrale di cui all’art. 305 c.p.c. dalla dichiarazione di interruzione del processo;
non accordava l’invocata remissione in termini, atteso che l’appellante non aveva dimostrato la sussistenza del suo presupposto, ossia l’essere incorso in decadenza per causa non imputabile ex art. 153 comma 2 c.p.c., essendo mancata ogni prova sull’esistenza di un’anomalia del sistema alla data del deposito telematico del ricorso per riassunzione (25/03/2021).
Nei confronti di tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione articolato in due motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno notificato e depositato nei termini controricorso.
In prossimità dell’adunanza parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il ricorrente deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 4 c.p.c. per due ragioni: la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 190 c.p.c. per mancata assegnazione alle parti, nonostante l’assenza di esplicita rinuncia, del termine di cui alla norma citata per il deposito di memorie
conclusionali e di successive repliche (primo motivo); la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 301 e 305 c.p.c. in relazione all’art. 58 della legge n. 69/2009, avendo la sentenza trascurato che il termine di cui alle norme denunciate come violate per depositare il ricorso per riassunzione a seguito di processo interrotto applicabile al caso de quo era di sei mesi e non già di tre mesi come considerato dalla sentenza impugnata (secondo motivo).
2.Per ragioni di priorità logica va considerato anzitutto il secondo motivo di ricorso per cassazione, che contesta alla sentenza impugnata di avere erroneamente ritenuto tardiva la riassunzione del giudizio di appello interrotto in data 12/01/2021 per sopraggiunto decesso del difensore degli appellati, mediante il deposito del ricorso per riassunzione compiuto dall’odierno ricorrente (e ritenuto correttamente avvenuto) in data 16/04/2021.
La sentenza impugnata ha dichiarato estinto il giudizio applicando il termine di tre mesi per la riassunzione previsto dall’art. 305 c.p.c. , come modificato dall’art. 46, comma 14, della L. 18.6.2009, n. 69, anziché il precedente termine di sei mesi, rispettato dal deposito e applicabile nel caso di specie, nel quale il giudizio instaurato in primo grado risale all’anno 2007. Ciò in violazione -secondo il ricorrente – della norma transitoria dell’art. 58 della stessa L. n. 69 del 2009, che limita l’applicazione del nuovo ridotto termine di riassunzione ai giudizi che in primo grado siano stati introdotti dopo la data di entrata in vigore di quella legge (4.7.2009).
2.1.Il motivo risulta fondato e merita accoglimento.
La Corte d’Appello di Bologna è incorsa nella denunciata erronea interpretazione dell’art. 58 della L. 18.6.2009 n. 69, dalla
quale è scaturita l’illegittimità della dichiarazione di estinzione del giudizio di secondo grado per la ravvisata tardività della riassunzione, che ha indotto quella Corte a definire il giudizio in rito sulla questione preliminare dell’estinzione, ritenuta assorbente.
L’art. 46, comma 14°, della L. 18.6.2009 n. 69 ha modificato l’art. 305 c.p.c. relativo alla mancata prosecuzione o riassunzione del giudizio interrotto, riducendo il termine perentorio entro il quale il giudizio dev’essere proseguito, o riassunto, che prima era di sei mesi, a tre mesi dalla dichiarazione di interruzione.
La disciplina transitoria dettata dall’art. 58 della menzionata legge stabilisce che ‘ Fatto salvo quanto previsto dai commi successivi, le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore ‘ (ossia dopo il 4.7.2009), ed al secondo comma prevede che ‘ Ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano gli artt. 132, 345, 616 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. come modificati ‘.
L’espressione ‘giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore’ deve essere riferita ai soli giudizi che in primo grado siano stati introdotti dopo la data del 4.7.2009 (cfr. Cass. n. 6007/12 e successive conformi, con riferimento al testo dell’art. 327 c.p.c.), posto che l’intento del legislatore è stato quello di prevedere un’applicazione generalizzata delle norme di modifica processuale introdotte dalla L. n. 69/2009 solo nei giudizi con atto di citazione notificato, o ricorso depositato dopo una certa data, e di prevedere invece eccezionalmente l’applicabilità immediata di specifiche disposizioni richiamate (tra le quali non è compreso l’art. 305 c.p.c., che qui viene in rilievo) anche ai giudizi di primo
grado che già fossero pendenti alla data di entrata in vigore della nuova legge.
Questa interpretazione appare in linea col principio più volte affermato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte in relazione alla riforma processuale attuata con la L. n. 353/1990, secondo la quale, quando si tratta di stabilire l’applicazione di una norma processuale inerente al secondo grado di giudizio occorre aver riguardo alla data della citazione introduttiva del giudizio di primo grado e non anche dell’eventuale instaurazione del giudizio di appello (vedi in tal senso, esattamente in termini, Cass. 14.06.2023 n. 16982; e cfr. Cass. 31.5.2005 n. 11607, nonché Cass. 16.5.2007 n. 11291, che hanno affermato il principio, rispettivamente, in tema di rinnovazione dell’atto di appello e nella materia di opposizione di terzo).
Dovendosi quindi intendere l’espressione ‘giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore’ di cui all’art. 58, comma 1 della L. n. 69/2009 come riferita ai soli giudizi e fasi che siano stati introdotti in primo grado dopo il 4.7.2009, il termine per la riassunzione del giudizio di appello interrotto previsto dall’art. 305 c.p.c. nella sua pregressa formulazione era di sei mesi e non di tre mesi, per essere stato introdotto il presente giudizio in primo grado – secondo quanto già precisato – prima del 4.7.2009, a nulla rilevando il fatto che il giudizio di secondo grado fosse invece stato introdotto dopo tale termine.
Ne deriva che l’estinzione del giudizio di secondo grado, con conferma della sentenza del primo grado, dichiarata dalla Corte di Appello di Bologna ‘ ai sensi del combinato disposto degli artt. 301, 303, 305 e 307 commi 3 e 4 c.p.c. ‘, a causa della ritenuta mancata riassunzione entro tre mesi, è viziata da error in procedendo e deve essere annullata con rinvio allo stesso giudice, in diversa
composizione, che dovrà attenersi al principio di diritto sopra posto.
3.Il primo motivo di ricorso perde di immediata rilevanza decisoria, in ragione dell’annullamento della decisione di appello e deve pertanto dichiararsi assorbito.
4.In conclusione, deve essere accolto il secondo motivo di ricorso, deve essere dichiarato assorbito il primo e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio allo stesso giudice, in diversa composizione, il quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione