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Termine procedimento disciplinare: quando inizia?

Un ente previdenziale licenziava un dipendente per irregolarità. La Corte d’Appello annullava il licenziamento ritenendo superato il termine procedimento disciplinare di 120 giorni. La Cassazione ha ribaltato la decisione, chiarendo che il termine non decorre dalla prima notizia, ma dal momento in cui l’ufficio competente ha un quadro completo dei fatti, a seguito di tutti gli accertamenti necessari per una corretta contestazione. La complessità dell’indagine può quindi giustificare uno slittamento dell’avvio del termine.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Termine Procedimento Disciplinare: la Cassazione definisce il momento di decorrenza

Il rispetto del termine procedimento disciplinare nel pubblico impiego è cruciale per la validità delle sanzioni. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4793/2025, offre un chiarimento fondamentale su quando questo termine perentorio inizia a decorrere, legandolo non alla mera notizia del fatto, ma al momento in cui l’amministrazione ha un quadro conoscitivo completo e adeguato per avviare l’azione.

I Fatti del Caso

Un dipendente di un importante ente previdenziale nazionale veniva licenziato a seguito di un procedimento disciplinare. L’accusa riguardava una serie di irregolarità e anomalie procedurali riscontrate nella sua attività lavorativa. Il lavoratore impugnava il licenziamento e la Corte d’Appello gli dava ragione, dichiarando l’illegittimità del provvedimento. Secondo i giudici di secondo grado, l’ente aveva violato il termine procedimento disciplinare perentorio di 120 giorni previsto dalla legge per la conclusione del procedimento, calcolandolo a partire dalle prime acquisizioni di notizie sulle infrazioni da parte delle sedi locali dove il dipendente aveva lavorato.

L’ente previdenziale, non condividendo questa interpretazione, proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che il termine dovesse decorrere da un momento successivo, ovvero dalla conclusione degli accertamenti svolti a livello centrale, necessari per avere una visione completa e valutare la gravità dei fatti.

L’importanza del termine nel procedimento disciplinare secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ente, cassando la sentenza d’appello e fornendo un’interpretazione decisiva dell’art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001. I giudici hanno stabilito che il dies a quo, ovvero il giorno da cui far partire il conteggio dei 120 giorni, non coincide necessariamente con la prima e generica notizia di un’irregolarità.

Al contrario, il termine decorre dal momento in cui l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari acquisisce una “notizia di infrazione” sufficientemente dettagliata e circostanziata. Questo significa che l’amministrazione deve disporre di tutti gli elementi necessari per formulare una corretta e specifica contestazione di addebito, avviare l’istruttoria e, infine, decidere la sanzione in modo proporzionato.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che un avvio prematuro del procedimento, basato su informazioni incomplete o frammentarie, potrebbe ledere il diritto di difesa del lavoratore e portare a contestazioni generiche. L’attività di accertamento, anche se complessa e articolata su più livelli (locale e centrale, come nel caso di specie), è funzionale a garantire il principio del giusto procedimento. Considerare le verifiche centrali come una mera “duplicazione” di quelle locali è stato ritenuto un errore dalla Corte, poiché tali indagini possono essere indispensabili per apportare elementi utili alla valutazione complessiva della condotta e alla proporzionalità della sanzione.

La sentenza richiama un orientamento consolidato, secondo cui il momento rilevante è l’esito di tutti quegli accertamenti che, secondo una valutazione di ragionevolezza, sono necessari per contestare la condotta. Pertanto, un’indagine ispettiva più approfondita, anche se successiva ai primi rilievi, non può essere ignorata ai fini della decorrenza del termine, se essenziale per definire il quadro accusatorio.

Le Conclusioni

La pronuncia ha importanti implicazioni pratiche. Da un lato, protegge le pubbliche amministrazioni dal rischio di veder annullati procedimenti disciplinari a causa di termini calcolati su notizie ancora grezze e non verificate. Dall’altro, pur spostando in avanti il possibile avvio del termine, riafferma che la fase di accertamento deve essere condotta in modo ragionevole e finalizzata a garantire i principi di correttezza e proporzionalità. Per i dipendenti pubblici, significa che il termine perentorio a garanzia di una rapida definizione della loro posizione inizia a decorrere solo quando l’amministrazione ha in mano elementi solidi e completi, assicurando così una maggiore ponderazione nell’avvio dell’azione disciplinare.

A partire da quando decorre il termine perentorio per la conclusione del procedimento disciplinare nel pubblico impiego?
Secondo la Corte di Cassazione, il termine di 120 giorni decorre non dalla prima segnalazione, ma dal momento in cui l’ufficio competente acquisisce una “notizia di infrazione” con un contenuto sufficientemente dettagliato da consentire una corretta contestazione degli addebiti.

Un’indagine interna più approfondita può far slittare l’inizio del termine del procedimento disciplinare?
Sì. Se dopo i primi accertamenti sono necessarie ulteriori indagini (ad esempio, da parte di un ufficio centrale) per raccogliere elementi utili a definire meglio la condotta e la relativa sanzione, il termine decorrerà solo alla conclusione di tali approfondimenti, purché questi siano ragionevolmente necessari.

Cosa succede se il procedimento disciplinare si conclude oltre il termine di 120 giorni?
La conseguenza del superamento del termine perentorio è l’illegittimità della sanzione disciplinare irrogata. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva infatti annullato il licenziamento proprio per questo motivo, anche se la Cassazione ha poi corretto il metodo di calcolo del termine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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