SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA N. 1263 2025 – N. R.G. 00000249 2025 DEPOSITO MINUTA 12 07 2025 PUBBLICAZIONE 12 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA
Prima Sezione Civile
La Corte di Appello nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
Presidente Consigliere Consigliere Relatore
SENTENZA
nel giudizio n. R.G. 249/2025 promosso da
rappresentato e difeso dagli NOME COGNOME e NOME COGNOME
appellante
nei confronti di
, in persona del Magnifico Rettore pro tempore quale legale rappresentante rappresentata e difesa nel giudizio di primo grado dall’Avvocatura dello Stato
appellata
,
appellata contumace assunto in decisione all’udienza collegiale del 8.7.25, tenutasi ex art. 250 bis c.p.c.
Oggetto : appello avverso la sentenza n. 990/2024, del Tribunale di Parma, Sezione Civile, R.G. n. 1804/2022, non notificata.
CONCLUSIONI :
Appellante : ‘ Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Bologna, contrariis reiectis:
– In via pregiudiziale e cautelare sospendere e/o revocare la provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata per i motivi tutti meglio dedotti nel presente atto e, conseguentemente disporre la sospensione dell’efficacia esecutiva della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA comunicata in data 7 aprile 2022.
-in via principale e nel merito, accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 909/2024 emessa dal Tribunale di Parma, Sezione Civile, Giudice Dott.ssa NOMECOGNOME nell’ambito del giudizio N.R.G. 1804/2022, depositata in cancelleria in data 1/7/2024, mai notificata, accogliere tutte le conclusioni avanzate nel giudizio di primo grado che qui si riportano: ‘Il Prof. come in atti rappresentato e difeso, chiede all’Ecc.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria deduzione, di fissare udienza di trattazione della causa e disporre: Che le somme che il prof. deve restituire all’ vanno calcolate scorporando dai compensi lordi gli importi versati a titolo di imposte, secondo l’aliquota fiscale media applicata per gli anni di riferimento, come risulta dal doc. 18 depositato; -l’annullamento e/o la riforma (almeno parziale), nei termini e per i motivi specificati nel ricorso, previa sospensione cautelare dell’efficacia esecutiva, della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA, comunicata in data 7 aprile 2022; – la disapplicazione ad ogni effetto di legge e per quanto occorrer possa, della nota dell’11 gennaio 2022 con cui l’ ha comunicato al prof. che provvederà a dare esecuzione alla sentenza definitiva di condanna n. 305/2020/A Corte dei Conti Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello, nonché, ove occorrer possa, della nota del 22 gennaio 2021con cui l’ comunicava al prof. l’intenzione di dare avvio al procedimento di recupero del credito ex artt. 241 ss. D.Lgs. 174/2016, per l’intero importo pari ad euro 1.459.263,03, e della nota (di cui non si conoscono gli estremi in quanto
non indicati nella cartella di pagamento) con cui l’ ha incaricato l’ a emettere la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA e conseguentemente disattendere tutte le eccezioni e le istanze sollevate dall’appellato/a dinanzi il Tribunale per tutti i motivi meglio esposti nel presente atto ‘.
Appellata : ‘ Voglia l’Ecc.ma Corte adita, contrariis reiectis,
• In via cautelare, respingere l’istanza di sospensiva in quanto inammissibile e/o infondata;
• In via pregiudiziale, dichiarare l’inammissibilità dell’appello per tardività;
• Nel merito, respingere integralmente l’appello in quanto infondato;
· In ogni caso, confermare integralmente l’impugnata sentenza e per l’effetto respingere l’opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta;
· Con vittoria di spese e onorari per entrambi i gradi di causa .’
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 615 c.p.c. avanti il Tribunale di Parma, il Prof. impugnava la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA emessa da su incarico dell’ al fine di dare esecuzione alla sentenza n. 305/2020/A emessa dalla Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello della Corte dei conti e passata in giudicato. Tale pronuncia, in particolare, aveva condannato il Prof. a versare all’Ateneo del quale era dipendente l’importo complessivo di euro 1.459.263,03 a titolo di restituzione dei compensi percepiti per lo svolgimento di incarichi non autorizzati dall’Amministrazione di appartenenza, ai sensi di quanto previsto dall’art. 53, co. 7, d.lgs. 165/2001.
Il ricorrente deduceva l’illegittimità della cartella opposta in quanto le somme dovute dal Prof. erano state ivi quantificate al lordo -e non al netto -delle ritenute fiscali applicabili: si sarebbe configurato in questo caso un contrasto di giudicati tra la sentenza della Corte dei conti portata
ad esecuzione dall’ e la sentenza n. 205/2019 del T.A.R. di la quale, con riferimento alla medesima vicenda, aveva parzialmente accolto il ricorso del Prof. proprio con riguardo alla quantificazione degli importi dovuti al lordo delle ritenute fiscali.
Si costituiva in giudizio la sola l’ chiedendo il rigetto dell’opposizione ed evidenziando il passaggio in giudicato delle statuizioni contenute nella sentenza n. 305/2020 della Corte dei Conti. Inoltre, osservava che la sussistenza di un contrasto di giudicati tra la pronuncia della Corte dei conti e quella del TAR era stata già esclusa dalla Corte di cassazione, la quale aveva respinto il ricorso ex art. 111, co. 8, Cost. proposto dal Prof. evidenziando che nel caso di specie ‘ Non è quindi prospettabile alcun ipotetico bis in idem, ossia la formazione del duplice titolo esecutivo giudiziale in favore dell’Amministrazione. Non si è di fronte ad una duplicità di azioni attivate contestualmente che, seppure con la specificità propria di ciascuna di esse, siano volte a conseguire, dinanzi al giudice munito di giurisdizione, lo stesso identico petitum in danno del medesimo soggetto obbligato in base ad un’unica fonte legale ‘ (Cass. civ., SS.UU. n. 20459/2022).
Nelle more del giudizio, la medesima conclusione veniva ribadita anche dalla sentenza n. 11714/2022 del Consiglio di Stato, che -confermando la sentenza di primo grado – dichiarava l’inammissibilità del ricorso in ottemperanza proposto dal docente al fine di far valere un’asserita violazione del giudicato formatosi sulla sentenza del TAR di Parma n. 205/2019.
La causa veniva decisa con la sentenza n. 990/2024, pubblicata il 01/07/2024, con la quale il Tribunale respingeva integralmente l’opposizione.
Avverso tale sentenza il prof. proponeva il presente appello, con atto di citazione notificato a mezzo PEC all’Avvocatura Distrettuale dello Stato il 13/02/2025.
Si costituiva in giudizio l’ a mezzo dell’Avvocatura rilevando, in via pregiudiziale, inammissibilità dell’appello per tardività e il conseguente intervenuto passaggio in giudicato della sentenza per decorso del termine ex art. 327 c.p.c.
Chiedeva, nel merito, il rigetto dell’opposizione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’eccezione preliminare deve essere accolta.
L’appellante, infatti, non ha rispettato il termine decadenziale di cui all’art. 327 c.p.c. di sei mesi dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado (tra l’altro, non applicandosi ai giudizi di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. l’istituto della sospensione feriale dei termini processuali, anche se in questo caso la circostanza risulta irrilevante).
Infatti, la sentenza impugnata è stata pubblicata l’1.7.2024 e, dunque, il termine lungo dell’art. 327 c.p.c. risulta essere decorso in data 2.1.2025 (scadenza 1.2.25, prorogata al 2.1.2025, per giorno festivo), con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado in data anteriore alla notificazione dell’appello, avvenuta il 13/02/2025.
Risulta, altresì irrilevante la circostanza che, nel caso di specie, la comunicazione dell’avvenuto deposito della sentenza con biglietto di cancelleria sia stata trasmessa successivamente.
Infatti, il termine ex art. 327 c.p.c. ‘ decorre dalla data di pubblicazione del provvedimento, e cioè dal deposito dello stesso presso la cancelleria del giudice che l’ha pronunciato, e non dalla comunicazione dell’avvenuto deposito, che costituisce un adempimento distinto e ulteriore rispetto alla pubblicazione ‘ (Cass. civ., sez. I, n. 3372/2022).
Ciò che rileva ai fini della decorrenza del termine lungo di decadenza per le impugnazioni di cui all’art. 327 c.p.c. è la trasmissione da parte dell’autorità giudiziaria (e contestuale deposito telematico nel fascicolo informatico), seguita dall’attestazione del cancelliere relativa al deposito stesso, e non la successiva comunicazione da parte della Cancelleria.
Il principio è stato anche di recente ribadito dalla Suprema Corte laddove ha chiarito che ‘ la decadenza da un termine processuale, incluso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, ravvisabile laddove la parte si dolga dell’omessa comunicazione della data dell’udienza di trattazione e/o della sentenza stessa, atteso
che il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte di quest’ultima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa ‘ (cfr. Cass. Ord. n. 36369 del 29/12/2023).
Dunque, deve dichiararsi l’inammissibilità dell’appello in quanto proposto oltre il termine decadenziale di legge di sei mesi decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado ex art. 327 c.p.c.
Secondo il principio di soccombenza l’appellante deve essere condannato al pagamento delle spese di lite in favore della parte appellata che si liquidano, in applicazione del D.M. 147/22, secondo lo scaglione pari alla somma precettata -ai sensi dell’art. 17 c.p.c., comma 1- (complessità tra bassa e media , per le tre fasi di studio, introduttiva e decisionale), in € 21.000,00 oltre spese generali, IVA e CPA.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la Corte dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte d’Appello di Bologna, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione assorbita e/o disattesa, sull’appello proposto da nei confronti di
in persona del Magnifico Rettore, e
avverso la sentenza n. 990/2024, del
Tribunale di Parma, Sezione Civile, R.G. n. 1804/2022, non notificata così decide:
-Dichiara l’appello inammissibile;
– Condanna al pagamento delle spese di lite in favore della parte appellata costituita che si liquidano in € 21.000,00 per compensi, oltre spese generali, IVA e CPA;
– Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio della I sezione Civile il 8.7.25.
Il Consigliere estensore dott. NOME COGNOME
Il Presidente dott. NOME COGNOME