Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11210 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11210 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
COGNOME NOME;
– intimato – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA n. 712/2020, depositata il 20/05/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza n. 712/2020 resa pubblica il 20.5.2020 ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza di primo grado n.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31531/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrente –
contro
1590/2018 emessa ai sensi dell’art. 281 sexies cpc dal Tribunale di Pescara e pubblicata il 31.10.2018 in un giudizio di restituzione di somme di danaro promosso da NOME COGNOME.
Per giungere a tale conclusione la Corte abruzzese ha rilevato quanto segue:
la pronuncia di primo grado era stata resa ex art. 281sexies cod. proc. civ. Dal verbale d’udienza redatto e depositato con modalità telematiche in data 31.10.2018 risultava che l’udienza si era celebrata nel medesimo giorno; terminata la discussione orale, il giudice si era ritirato in camera di consiglio e alle 17:55, dato atto che i procuratori non erano in aula, pubblicava la sentenza dandone lettura e allegazione del verbale;
secondo l’orientamento della Corte di legittimità, la sottoscrizione del verbale di udienza da parte del giudice è equiparato alla pubblicazione della sentenza;
-ai fini dell’individuazione del dies a quo per la decorrenza del termine «lungo» di cui all’art. 327 cod. proc. civ. per l’impugnazione della sentenza, è irrilevante la comunicazione a mezzo PEC della sentenza in argomento effettuata dalla cancelleria ai difensori delle parti in data 05.11.2018, peraltro non provata;
parimenti irrilevante agli stessi fini è il fatto che con ordinanza del 17.04.2019 il giudice abbia operato la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza, poiché ai sensi dell’art. 288 cod. proc. civ. le sentenze possono essere impugnate nel termine ordinario decorrente del giorno della notifica dell’ordinanza di correzione solo relativamente alle parti corrette: nel caso di specie, l’atto di gravame non contiene alcuna censura riguardante la parte della sentenza corretta;
da tanto deriva che l’appello proposto con atto di citazione notificato il 06.05.2019 deve considerarsi tardivo e, quindi, inammissibile, in quanto notificato oltre il termine di decadenza dei sei mesi previsto dall’art. 327 cod. proc. civ., nella specie scaduto il 30.04.2019.
Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, affidandolo a quattro motivi.
E’ rimasto intimato NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare falsa applicazione degli artt. 281sexies , comma 1 e 2 cod. proc. civ. e 326, comma 1, cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello ritenuto che il termine per la proposizione dell’appello decorra dalla data di udienza riportata a verbale, anziché della comunicazione di avvenuta pubblicazione inviata alla cancelleria, non avendo il giudice provveduto alla lettura in udienza alla presenza dei difensori. Più precisamente, la ricorrente lamenta che il giudice facendo errata applicazione delle norme citate – dopo la discussione orale avvenuta alle h 09:30 alla presenza delle parti in aula, si è ritirato in camera di consiglio -benché non sia previsto dalla norma -dalla quale è uscito alle h 17:40, senza aver previamente indicato alcun orario, per cui le parti non sono state oggettivamente messe in grado di essere presenti alla lettura. Dunque, essendosi il giudice discostato dallo schema del primo comma dell’art. 281sexies , quanto previsto dal secondo comma – cioè la pubblicazione della sentenza con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene – non è applicabile al caso di specie, con riferimento alla decorrenza del termine per impugnare.
Con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto, error in procedendo ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.: in particolare, falsa applicazione degli artt. 281sexies , comma 1 e 2 cod. proc. civ. 326, comma 1, e 133, comma 1 e 2, cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza di secondo grado ha omesso di considerare che il perfezionamento della pubblicazione della sentenza di prime cure è avvenuto in data 05.11.2018, ossia al momento della comunicazione dell’avvenuto deposito della stessa da parte del cancelliere del Tribunale di Pescara.
Con il terzo motivo si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., nonché violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. La ricorrente lamenta l’errata valutazione delle risultanze processuali da parte del giudice di seconde cure, laddove ha assunto che non vi fosse in atti prova di avvenuta notificazione della cancelleria della sentenza di primo grado, supponendo erroneamente che tale prova gravasse sulla parte deducente. La ricorrente lamenta, altresì, la violazione e falsa applicazione degli artt. 57 e 58 cod. proc. civ. e la lesione del diritto di difesa, nella parte in cui la Corte d’Appello non ha ritenuto che la cancelleria del giudice competente per il primo grado avrebbe dovuto inserire nel fascicolo d’ufficio la documentazione attestante l’avvenuta comunicazione via PEC del biglietto di cancelleria recante l’avviso di pubblicazione della sentenza, spettando alla cancelleria l’obbligo di documentare le attività proprie e di attendere alla formazione del fascicolo cartaceo d’ufficio, sollevando da tale prova parte appellante.
I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente per evidente connessione logica e sono infondati.
Come costantemente affermato da questa Corte, in tema di impugnazioni, nel caso in cui il giudice abbia ordinato, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., la discussione orale della causa ed abbia quindi pronunciato sentenza a conclusione della stessa, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, il termine “lungo” per proporre l’impugnazione, ex art. 327 c.p.c., decorre dalla data della pronuncia, che equivale, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’art. 133 c.p.c., con esonero, quindi, della cancelleria dalla comunicazione della sentenza ex art. 176 c.p.c. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17311 del 31/08/2015, Rv. 636666 – 01).
Ne consegue che il termine decorre dalla sottoscrizione del verbale di udienza, ex lege equiparato alla pubblicazione della sentenza, restando invece irrilevante, anche ai fini della tempestività dell’impugnazione, la successiva ed irrituale pubblicazione della motivazione, in quanto estranea alla struttura dell’atto processuale ormai compiuto (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19908 del 27/07/2018, Rv. 650289 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5689 del 23/03/2016, Rv. 639292 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17311 del 31/08/2015, Rv. 636666 – 01).
Nel caso in esame, la sentenza del Tribunale fu emessa ex art. 281 sexies in data 31.10.2018 alle ore 17,55 (come da verbale) e quindi da quella data decorreva il termine lungo di sei mesi per impugnare, con l’ ulteriore conseguenza che correttamente alla data del 6.5.2019, data di notifica dell’appello, il termine era scaduto.
La sentenza impugnata pertanto si sottrae alla censura.
La tesi della ricorrente non si confronta con la giurisprudenza di questa Corte e non considera la regola generale, affermata con riferimento alla pronuncia delle ordinanze in udienza (ma valevole logicamente anche per gli altri provvedimenti pronunciati in udienza), secondo cui si reputano conosciute sia dalle parti presenti sia da quelle che avrebbero dovuto intervenire (Cass. Sez. L, sentenza n. 10539 del 09/05/2007, Rv. 597485 -01; Cass. Sez. L, sentenza n. 5966 del 14/03/2011, Rv. 616141 – 01).
Le esposte considerazioni assorbono logicamente l’esame del terzo motivo.
4. Con il quarto motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto, error in procedendo , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., in particolare falsa applicazione dell’art. 288, comma 4) cod. proc. civ., per non avere ritenuto il giudice di secondo grado che la comunicazione dell’ordinanza di correzione dell’errore materiale debba ritenersi idonea a far decorrere da tale data il termine per impugnare, atteso che l’errore corretto era tale da ingenerare un obiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione interferendo con la sostanza del giudicato e con l’esatta comprensione del comando.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha già avuto modo di precisare che il termine per l’impugnazione di una sentenza di cui è stata chiesta la correzione decorre dalla notificazione della relativa ordinanza, ex art. 288, ultimo comma, cod. proc. civ., se con essa sono svelati errores in iudicando o in procedendo evidenziati solo dal procedimento correttivo, oppure l’errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato ovvero, quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del
giudicato; diversamente, l’adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo, chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 19959 del 12/07/2023, Rv. 668178 -01; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 8863 del 10/04/2018, Rv. 648225 -01; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22185 del 20/10/2014, Rv. 632778 – 01).
Nel caso di specie, il mero refuso (sul beneficiario delle spese di lite) non disvelava di certo errori di diritto né ingenerava dubbio obiettivo sull’effettivo contenuto della decisione e quindi correttamente non si è tenuto conto della data della ordinanza di correzione ai fini del computo del dies a quo.
In conclusione, il ricorso va respinto senza alcuna pronunzia sulle spese, in mancanza di attività difensiva dell’altra parte.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02 sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2023.