Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34386 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34386 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29503/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 789/2022 depositata il 03/05/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 2.12.2022 RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ricorre per cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 789 del 4 aprile 2022, pubblicata in data 3 maggio 2022. La controricorrente Unicredit ha notificato controricorso illustrato da memoria.
Per quanto ancora rileva in questa sede processuale la sentenza impugnata, in riforma della decisione di primo grado che aveva accertato la apocrifia della firma apposta dal legale rappresentante della società qui ricorrente su una fideiussione, ha ritenuto, in via pregiudiziale, infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla società qui ricorrente per tardività dell’impugnazione nel termine ordinario ; quanto al merito, sulla base di una nuova CTU, ha ritenuto che la firma apposta fosse riferibile a quella del legale rappresentante pro tempore , confermando pertanto il decreto ingiuntivo opposto dalla società ricorrente.
I motivi sono volti a censurare la prima statuizione di tempestività dell’appello.
Motivi della decisione
Con il primo motivo ex articolo 360 1 comma , n. 4 cod. proc. civ. la ricorrente denunzia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., lamentando che la sentenza della Corte d’Appello si caratterizzi per un vizio quanto al suo contenuto –
forma (art. 132 c.p.c.) con conseguente pregiudizio al diritto di difesa della ricorrente di vedere accolta l’eccezione di tardività dell’atto di appello. In breve, la ricorrente assume che la motivazione con cui la Corte ha respinto detta eccezione contrasterebbe con gli elementi documentali acquisiti agli atti e sarebbe completamente smentita dagli atti del giudizio. La sentenza infatti, sarebbe stata pubblicata in data 13 marzo 2013, dopo la lettura in pubblica udienza ex art. 281 sexies c.p.c., data in cui le parti avrebbero avuto la piena giuridica conoscenza di essa (nel suo integrale contenuto e nella motivazione). L’ultimo giorno utile per la notifica dell’atto di citazione in appello sarebbe stato il 29 ottobre 2013 (13 marzo 2013 + 6 mesi = 13 settembre 2013; 13 settembre 2013 + 46 giorni = 29 ottobre 2013).
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, sempre in relazione alla non accolta eccezione di tardività dell’impugnazione, ex articolo 360 numero 5 cod. proc.civ. l’omissione di un fatto decisivo e rilevante oggetto di discussione. Il fatto decisivo non considerato dal Giudice risiederebbe nella circostanza della avvenuta lettura alle parti in udienza della sentenza resa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. Il vizio emergerebbe già prima facie dalla sentenza in quanto la lettura alle parti, in udienza, della sentenza, è la caratteristica assolutamente tipica della sentenza pronunciata ai sensi di tale articolo, nel senso che non potrebbe esistere una sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. che non sia letta alle parti.
I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto attengono alla medesima questione pregiudiziale affrontata dalla Corte d’appello circa la ammissibilità dell’appello in relazione al rispetto del termine per impugnare.
Il punto in questione è la statuizione con cui la Corte d’appello, nel respingere l’eccezione di tardività dell’appello, testualmente
assume che ‘ la sentenza impugnata è stata resa nelle forme di cui all’art. 281 sexies c.p.c. all’esito dell’udienza del 13 marzo 2013, per cui da tale data dovrebbe farsi decorrere il termine lungo semestrale di cui all’art. 327 c.p.c. per proporre il gravame, non essendo stata notificata la sentenza (doc. 2) ‘. Tuttavia ha ritenuto che ‘ tale assunto, in astratto corretto, si scontra con il fatto che nel caso specifico, sebbene la sentenza sia stata emessa a seguito dell’udienza del 13.03.2013, questa non risulta pubblicata a seguito della lettura in udienza alla presenza delle parti, come previsto dall’art. 281 sexies c.p.c., ma è stata depositata in cancelleria e pubblicata soltanto in data 15 marzo 2013, come risulta chiaramente dalla copia conforme prodotta (doc. 2) ‘. Per tale ragione, ha ritenuto che non fosse possibile tenere in considerazione, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, la data dell’udienza in cui è stata data lettura della sentenza, ma la diversa data in cui la sentenza è stata depositata in Cancelleria ai fini della sua pubblicazione, ovvero il 15 marzo 2013. Considerando la sospensione feriale dei termini (all’epoca era di 46 giorni, dall’1/8 al 15/9, quindi), ha determinato nel 31 ottobre 2013 (giorno in cui la notifica è stata ricevuta dalla parte appellata) la data ultima per appellare la sentenza, ritenendo tempestivo l’appello.
I motivi sono inammissibili per difetto di autosufficienza ex art. 366 n. 6 cod.proc.civ.
Nel caso di specie, nel ricorso manca ogni indicazione, nel primo come nel secondo motivo, di quanto risulti nel verbale d’udienza o negli atti di cancelleria, da cui poter desumere in ipotesi l’avvenuta pubblicazione in udienza della sentenza, emessa formalmente ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., attraverso la lettura del dispositivo e della motivazione, allegata in calce al verbale di udienza pubblica, sì da poter rilevare il conseguente errore della Corte d’appello nell’assumere che il
successivo deposito della sentenza con pubblicazione, effettuato secondo la procedura ordinaria, possa valere come decorrenza del termine per l’impugnazione.
Nella narrazione della vicenda processuale, ma non più precisamente nel motivo, il ricorrente si limita a denunciare che ‘ sotto tale profilo, la Corte ha utilizzato un argomento (come detto, l’ipotizzata ‘mancata lettura alle parti della sentenza’) smentito dalla documentazione in atti. Il Giudice di prime cure, infatti, nel corso dell’udienza del 13 marzo 2013, contrariamente a quanto rileva la Corte d’Appello di Firenze, aveva invece dato lettura integrale della sentenza (motivazioni e dispositivo) alle parti presenti in aula ‘. Sicché il motivo non appare autosufficiente, poiché nulla riferisce in merito al verbale di udienza sottoscritto dal giudice di prime cure, né in atti appare prodotta la sentenza di primo grado in questione (cfr. Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019 in punto di autosufficienza del motivo).
Nella pronuncia in esame, a differenza di quanto indicato nel motivo, la Corte di merito fa piuttosto riferimento alla data di pubblicazione e deposito della sentenza risultata non contestuale alla data della udienza, e dunque ad un’anomalia verificatasi nel percorso di formazione del giudicato indicato dall’art. 281 sexies c.p.c .
Difatti, laddove non si possa fare utile riferimento all’art. 281 sexies c.p.c. perché rimasto sostanzialmente inapplicato, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, il dies a quo del termine per l’impugnazione non può che esser rappresentato dal momento in cui la parte abbia avuto effettiva conoscenza della decisione (Cass. S.U. sent. n. 18569 del 22.09.2016; Corte Cost . sent. n. 3 del 2015). Alla stregua del principio affermato dalle SU di questa Suprema Corte, il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si
realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, dovendosi identificare tale momento con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione.
Qualora, pertanto, tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, il giudice deve accertare – attraverso istruttoria documentale, ovvero ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all’art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione – quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo. Diversamente ragionando, ne deriverebbe una violazione palese e grave del diritto di difesa dell’appellante. Infatti, ipotizzando che l’effettivo deposito in cancelleria avvenga, per un qualche motivo, solo a distanza di molti giorni dall’udienza, ne deriverebbe che la parte soccombente che ha interesse all’impugnazione avrebbe a disposizione un termine per proporre gravame ben inferiore a quello previsto dalla legge, con conseguente grave lesione del diritto di difesa ( cfr anche Corte Cost . sentenza n. 3 del 2015).
Pertanto, la Corte di merito, dopo una disamina della fattispecie in esame, una volta non ritenuto applicabile l’art. 281 sexies c.p.c., ha concluso che, dovendo trovare applicazione il principio generale di cui all’art. 133 c.p.c., il termine utile per il gravame dovesse decorrere dalla comunicazione alla parte della pubblicazione della sentenza, e quindi dal 18/03/2013.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 10.200,00, di cui € 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1 bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 16/10/2024