Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6864 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6864 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17014/2022 R.G. proposto da:
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
-ricorrente-
contro
NOME MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
-intimati- avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE di ROMA depositata il 24/05/2022, r.g.n. 80563/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
Il Tribunale di Roma, con provvedimento pubblicato il 24 maggio 2022, ha dichiarato inammissibile, perché tardivamente proposta, l’opposizione proposta dal Pubblico Ministero avverso il
decreto di liquidazione reso dal Tribunale di Roma in favore dell’AVV_NOTAIO, per l’attività di difesa svolta in favore di un cittadino extracomunitario, nell’ambito di un procedimento di riconoscimento della protezione internazionale.
Contro il provvedimento ricorre per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Roma.
Gli intimati Ministero della giustizia e NOME COGNOME non hanno proposto difese.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi, che rispettivamente denunciano:
‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, violazione e falsa applicazione dell’art. 136 c.p.c.’; si deduce che il ricorrente non ha mai ricevuto una rituale comunicazione del decreto opposto e che la decisione gravata si fonda sulle sole risultanze della schermata del fascicolo prodotta dal sistema SICID, che però non è in grado di attestare che l’atto sia stato effettivamente comunicato nelle forme prescritte dal codice di rito;
‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.’, in quanto la decisione impugnata non ha considerato l’attestazione redatta dal direttore amministrativo dell’ufficio affari civili della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, nella quale si riferiva che alcuna comunicazione telematica o cartacea era stata effettuata.
Il ricorso è inammissibile anzitutto per l’evidente violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3 c.p.c., in quanto risulta del tutto carente della sommaria esposizione dei fatti di causa. Infatti, mentre nella prima pagina si riporta la volontà di proporre ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma del 24 maggio 2022, a tale manifestazione è fatta immediatamente seguire la
formulazione dei motivi di ricorso, senza alcuna specificazione, anche solo sommaria, dei fatti di causa. Manca quindi l’indicazione sia del contenuto del provvedimento opposto, sia delle ragioni per le quali lo stesso è stato a suo tempo emesso, sia delle vicende relative ai pregressi gradi di giudizio.
In ogni caso il ricorso non supera lo scrutinio di cui all’art. 360 -bis , n. 1 c.p.c., avendo il Tribunale deciso la questione di diritto in modo conforme all’interpretazione di questa Corte, seppure con motivazione in parte da correggere. Il Tribunale di Roma ha, infatti, concluso per la tardività dell’opposizione, sul presupposto che, pur essendo stata fornita la dimostrazione della comunicazione del decreto opposto all’Ufficio del Procuratore della Repubblica, sia pure con modalità diverse da quelle prescritte dal codice di rito, l’opponente non aveva dimostrato che il ricorso fosse stato proposto nei trenta giorni dalla conoscibilità dell’atto. I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro evidente connessione, criticano tale conclusione, negando la rilevanza che il giudice dell’opposizione ha assegnato alla trasmissione del fascicolo per il visto del Pubblico Ministero.
Occorre al riguardo rilevare che, a norma dell’art. 84 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, avverso il decreto di pagamento del compenso al difensore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato (decreto che va comunicato al difensore e alle parti, compreso il pubblico ministero) è ammessa opposizione ai sensi dell’art. 170. Tale opposizione è disciplinata dall’art. 15 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, per il quale le opposizioni ai decreti in tema di spese di giustizia «sono regolate dal rito sommario». Ciò presuppone che il decreto di liquidazione del compenso – emesso dal giudice ed opponibile innanzi al capo dell’ufficio cui appartiene quel magistrato – debba, di conseguenza, considerarsi equiparato all’ordinanza del giudice monocratico, appellabile ex art. 702 -quater c.p.c. Pertanto, all’opposizione avverso il decreto sulle spese
di giustizia è riferibile il termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento (cfr. Corte cost. n. 106/2016). In assenza di tale notificazione o comunicazione, rimane applicabile, con decorrenza dalla data della pubblicazione del decreto, il termine lungo d’impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c., che decorre dalla pubblicazione della sentenza e che opera per tutti i provvedimenti a carattere decisorio e definitivo (si vedano Cass. n. 16893 del 2018, Cass. n. 32961 del 2019 e Cass. n. 5990 del 2020; arg. anche da Cass., sez. un., 5 ottobre 2022, n. 28975).
Nel caso in esame, a fronte del deposito del decreto di liquidazione in data 28/11/2018, il ricorso in opposizione fu presentato in data 19/12/2019, quando il termine di cui all’art. 327 c.p.c. era ormai ampiamente decorso.
II. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Nulla a disporre quanto alle spese, sia perché il ricorso è stato proposto dalla Procura della Repubblica, in qualità di organo propulsore dell’attività giurisdizionale, per il quale è esclusa la condanna al pagamento delle spese processuali, nonostante la soccombenza (v. Cass., sez. un., nn. 5079/2005 e 5165/2004), sia in ragione del mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.
Non ricorrono -ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 -i presupposti processuali per il raddoppio del contributo, trattandosi di ricorso proposto dal Pubblico Ministero.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione