LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Tempo vestizione: quando va pagato? La Cassazione.

La Corte di Cassazione ha confermato che il tempo vestizione del personale sanitario deve essere retribuito, considerandolo orario di lavoro. La sentenza chiarisce che l’obbligo di indossare una divisa per motivi igienico-sanitari e di riconoscibilità costituisce una direttiva implicita del datore di lavoro (eterodirezione). Pertanto, il tempo impiegato per indossare e togliere la divisa, anche se avviene prima di timbrare l’inizio del turno e dopo la fine, rientra a pieno titolo nell’orario di lavoro e deve essere pagato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Tempo vestizione: la retribuzione è dovuta se la divisa è obbligatoria

Il tempo vestizione, ovvero il tempo necessario per indossare e dismettere la divisa da lavoro, rientra nell’orario di lavoro e va retribuito? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18612/2024, è tornata su questo tema di grande attualità nel diritto del lavoro, confermando un principio ormai consolidato: se la divisa è imposta dal datore di lavoro per ragioni di igiene e sicurezza, il tempo per indossarla è a tutti gli effetti tempo di lavoro.

I fatti di causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di un gruppo di operatori sanitari (infermieri e ausiliari) di un’azienda sanitaria locale, i quali chiedevano il riconoscimento economico del tempo impiegato per indossare la divisa prima dell’inizio del turno e per toglierla al termine dello stesso. I lavoratori sostenevano che l’azienda li obbligava a utilizzare una divisa specifica, fornita dalla stessa e custodita in appositi spogliatoi all’interno della struttura ospedaliera, per finalità igienico-sanitarie e di riconoscibilità. Tale operazione avveniva sistematicamente prima di timbrare il cartellino in entrata e dopo averlo timbrato in uscita, senza alcuna retribuzione.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione ai lavoratori. I giudici di merito, anche sulla base delle prove testimoniali, hanno accertato l’obbligatorietà della divisa e hanno condannato l’azienda sanitaria al pagamento di 10 minuti aggiuntivi per ogni turno di lavoro, riconoscendo tale intervallo come il tempo necessario per le operazioni di vestizione e svestizione.

I motivi del ricorso e il dibattito sul tempo vestizione

L’azienda sanitaria ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo principalmente un punto: non esisteva un ordine esplicito e formale che imponesse ai dipendenti di indossare la divisa in un momento e luogo specifici. Secondo la tesi difensiva, in assenza di una chiara eterodirezione, ovvero di una direttiva vincolante del datore di lavoro, la scelta del tempo e del luogo per cambiarsi restava nella sfera di diligenza preparatoria del lavoratore, e quindi non retribuibile. L’azienda contestava, inoltre, aspetti procedurali relativi all’ammissione delle testimonianze.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, giudicandolo infondato. I giudici hanno chiarito che l’eterodirezione non deve necessariamente manifestarsi con un ordine esplicito. Essa può essere anche implicita e desumersi dalla natura stessa della prestazione lavorativa e dalla funzione dell’abbigliamento richiesto.

Nel caso specifico del personale sanitario, l’obbligo di indossare una divisa specifica risponde a superiori esigenze di sicurezza e igiene, che tutelano non solo il lavoratore ma anche i pazienti e la sanità pubblica. Queste esigenze impongono che la divisa venga indossata all’interno del luogo di lavoro e subito prima di iniziare l’attività, e dismessa al termine della stessa. Di conseguenza, l’obbligo di indossare la divisa non è una mera facoltà del dipendente, ma un’attività funzionale e preparatoria alla prestazione lavorativa, imposta dalla natura stessa del servizio.

La Corte ha ribadito che il tempo necessario per tali operazioni rientra nel concetto di orario di lavoro definito dalla normativa nazionale ed europea, ovvero “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”. Il tempo vestizione, in questo contesto, è tempo in cui il lavoratore è già a disposizione dell’azienda, adempiendo a un obbligo strumentale all’esecuzione del suo lavoro.

Le conclusioni

L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale a tutela dei lavoratori. Il principio chiave è che il tempo vestizione va retribuito ogni qualvolta l’uso di una specifica divisa sia obbligatorio e imposto da ragioni che vanno oltre la mera riconoscibilità, come quelle igienico-sanitarie. La direttiva del datore di lavoro non necessita di essere formale, ma può essere intrinseca alla natura dell’attività. Questa decisione riafferma che il tempo durante il quale il lavoratore compie atti preparatori indispensabili e obbligatori per la propria mansione è tempo di lavoro a tutti gli effetti e come tale deve essere compensato economicamente.

Il tempo per indossare la divisa da lavoro deve essere sempre pagato?
Non sempre. Deve essere retribuito quando l’uso della divisa è obbligatorio e soggetto alla direzione del datore di lavoro (eterodirezione). Tale direzione può essere esplicita o, come in questo caso, implicita e derivare dalla natura della prestazione, come le esigenze di igiene e sicurezza in ambito sanitario.

Cosa si intende per “eterodirezione implicita” nel caso del tempo vestizione?
Si intende che l’obbligo non deriva da un ordine formale, ma dalla natura stessa degli indumenti e dalla loro funzione. Se la divisa è indispensabile per svolgere la mansione in sicurezza e nel rispetto delle norme igieniche, l’obbligo di indossarla è considerato una direttiva implicita del datore di lavoro, rendendo il tempo per farlo parte dell’orario di lavoro.

Il tempo vestizione è considerato orario di lavoro anche se avviene prima di timbrare il cartellino?
Sì. Secondo la Corte, il momento della timbratura non è decisivo. Ciò che conta è che il lavoratore sia a disposizione del datore di lavoro e stia svolgendo un’attività funzionale e preparatoria alla prestazione lavorativa. Pertanto, anche se le operazioni di vestizione avvengono prima dell’inizio formale del turno (timbratura), esse rientrano nell’orario di lavoro da retribuire.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati