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Tempo tuta: retribuzione per vestizione è d’obbligo

Un gruppo di operatori sanitari ha citato in giudizio la propria azienda ospedaliera per ottenere il pagamento del ‘tempo tuta’ e del cambio consegne. Dopo le decisioni negative dei tribunali di merito, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei lavoratori. La Suprema Corte ha ribadito che il tempo necessario per indossare e dismettere la divisa, così come quello per le consegne, costituisce a tutti gli effetti orario di lavoro e deve essere retribuito, specialmente nel settore sanitario dove tali attività sono imposte da esigenze di igiene e sicurezza. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Tempo Tuta: La Cassazione Conferma l’Obbligo di Retribuzione

Il dibattito sulla retribuzione del tempo tuta, ovvero il tempo che i dipendenti impiegano per indossare e dismettere la divisa da lavoro, è una questione centrale nel diritto del lavoro. Con l’ordinanza n. 33813 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, in particolare per il settore sanitario, fornendo chiarimenti fondamentali. La Suprema Corte ha stabilito che sia il tempo per la vestizione sia quello per il cambio consegne rientrano a pieno titolo nell’orario di lavoro e devono essere compensati economicamente.

I Fatti del Caso

Un gruppo di infermieri e ostetrici ha intentato una causa contro la propria azienda ospedaliera. La richiesta era chiara: ottenere il riconoscimento del diritto a una fascia oraria retribuita, stimata in 10 minuti all’inizio e 10 alla fine di ogni turno, per le operazioni di vestizione, svestizione e per il passaggio delle consegne. Di conseguenza, chiedevano il pagamento di un compenso corrispondente a 20 minuti per ogni turno lavorato negli ultimi cinque anni.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la domanda. Secondo i giudici di merito, l’azienda aveva già previsto un tempo retribuito per queste attività e, inoltre, i lavoratori non avevano fornito prove sufficienti a dimostrare che il tempo impiegato fosse superiore a quello già riconosciuto e che non fosse già compreso nell’orario registrato dalla timbratura del badge.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

I lavoratori hanno impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Cassazione, basando il loro ricorso su due argomenti principali:

1. Errata valutazione delle prove: Secondo i ricorrenti, la Corte non aveva analizzato correttamente la documentazione prodotta (buste paga e fogli timbratura), dalla quale sarebbe emerso che il tempo per la vestizione non era di fatto incluso nell’orario di lavoro retribuito.
2. Violazione di legge: I lavoratori hanno sostenuto che il riferimento a un accordo aziendale fosse irrilevante, in quanto quest’ultimo riguardava solo il cambio consegne e non il tempo tuta. Hanno inoltre evidenziato che, in assenza di una quantificazione precisa, il giudice avrebbe potuto determinare il tempo in via equitativa.

L’Analisi della Corte: Il Tempo Tuta e la sua Retribuzione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ribaltando l’esito dei precedenti gradi di giudizio. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio consolidato nella loro giurisprudenza: il tempo necessario a indossare la divisa è orario di lavoro retribuito quando tale attività è soggetta all’eterodirezione del datore di lavoro.
Nel settore sanitario, questa eterodirezione non deve essere necessariamente esplicita. Essa deriva implicitamente dalla natura stessa degli indumenti e dalla funzione che devono assolvere. Le divise sanitarie non sono abiti comuni, ma dispositivi imposti da superiori esigenze di igiene e sicurezza, a tutela non solo del personale ma anche della salute pubblica. Pertanto, l’obbligo di indossarle rientra pienamente nell’attività lavorativa preparatoria, funzionale al corretto svolgimento della prestazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che sia il tempo tuta sia il tempo per il passaggio di consegne rappresentano momenti essenziali della prestazione lavorativa nel contesto sanitario. Il primo è legato a obblighi di sicurezza e igiene, il secondo alla necessità di garantire la continuità assistenziale del paziente. Entrambi, quindi, devono essere considerati e remunerati come lavoro effettivo.
La Suprema Corte ha chiarito che un sistema di rilevazione delle presenze che, di fatto, esclude questi momenti dal calcolo dell’orario di lavoro è illegittimo. Il punto cruciale, secondo i giudici, non è stabilire se in astratto esista un accordo aziendale, ma verificare in concreto se l’orario di lavoro registrato e retribuito ai dipendenti abbia effettivamente ricompreso questi tempi. Poiché le corti di merito non hanno adeguatamente accertato questo aspetto fondamentale, la loro decisione è stata annullata.

Conclusioni: Cosa Cambia per Lavoratori e Aziende

La pronuncia della Cassazione ha un’importante implicazione pratica. Essa stabilisce che il datore di lavoro non può considerare il tempo per la vestizione e le consegne come un’attività accessoria non retribuita. Le aziende, in particolare quelle sanitarie, devono dotarsi di sistemi di rilevazione dell’orario che tengano conto di tutto il tempo in cui il lavoratore è a disposizione e svolge attività imposte dall’organizzazione aziendale. Per i lavoratori, questa sentenza rafforza il diritto a vedere riconosciuto e compensato ogni minuto dedicato a compiti obbligatori e funzionali alla prestazione lavorativa, anche se svolti prima dell’inizio formale del turno al letto del paziente.

Il tempo per indossare la divisa (‘tempo tuta’) è considerato orario di lavoro?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che il tempo necessario per indossare e dismettere la divisa obbligatoria rientra a tutti gli effetti nell’orario di lavoro e deve essere retribuito.

Perché il tempo tuta in ambito sanitario deve essere sempre retribuito?
Perché è un’attività imposta dal datore di lavoro (eterodiretta) per superiori esigenze di igiene e sicurezza, che tutelano sia il personale sia la salute pubblica. Di conseguenza, è un’attività funzionale alla prestazione lavorativa e non una scelta personale del dipendente.

Cosa succede se un’azienda non paga il tempo tuta?
Un sistema di rilevazione dell’orario di lavoro che esclude dal calcolo retributivo il tempo per la vestizione o per altre attività obbligatorie, come il cambio consegne, è considerato illegittimo. I lavoratori hanno diritto a richiedere il pagamento per questo tempo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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