Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33813 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33813 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21035/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME LILIANACOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOMENOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME DI NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME
COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrenti-
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE COGNOME, in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, COGNOME INDIRIZZO, presso LA SEDE LEGALE DELL’AZIENDA, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
-resistente- avverso SENTENZA CORTE D’APPELLO ROMA n. 2941/2019 depositata il 25/11/2019, RG 4151/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Roma ha respinto l ‘impugnazione proposta dai ricorrenti in epigrafe, nei confronti dell’Azienda Ospedaliera INDIRIZZO, avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Roma.
I lavoratori, infermieri od ostetrici in servizio presso l ‘A zienda, avevano agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del diritto ad usufruire, all’interno del normale orario di lavoro, di una fascia oraria di 10 minuti sia all’ inizio che a fine turno, per indossare e dismettere la divisa ed effettuare le consegne. Avevano anche chiesto la condanna dell ‘A zienda al pagamento di un compenso pari a 20 minuti di retribuzione per ogni turno di lavoro effettuato negli ultimi 5 anni. Il Tribunale rigettava la domanda.
La Corte d’Appello ha respinto l’appello in ragione delle seguenti argomentazioni:
è pacifico tra le parti che il ‘ tempo tuta ‘ deve essere retribuito;
l ‘Azienda aveva contestato la quantificazione del tempo necessario per compiere tali operazioni, e aveva rilevato che la materia fosse regolata dal CCIA, con il quale si era previsto un tempo retributivo di 10/12 minuti per turno per provvedere a tali incombenze e allo scambio di consegne;
i badge erano collocati all’ingresso di ciascun padiglione, (prima del locale spogliatoio) sicché tutto il tempo compreso tra la timbratura di entrata e quella di uscita è considerato tempo di lavoro e retribuito, non era stata contestata dai lavoratori;
i lavoratori si erano limitati ad affermare che era retribuito solo il tempo di lavoro e non i minuti antecedenti e successivi ad esso, cioè il tempo di vestizione; tuttavia, la marcatura indicava l’orario di lavoro osservato ma non se quelle ore sono state o meno integralmente retribuite, come sarebbe potuto emergere dal raffronto tra marcature e busta paga, ma nessuna verifica in tal senso era stata chiesta;
gli accordi aziendali prevedevano per il personale del ruolo sanitario turnante in h. 24 un prolungamento orario di 10 minuti a fine turno, obbligatorio e calcolato in automatico nel sistema informatico di rilevazione delle presenze, per il passaggio di consegne, ma era onere dei lavoratori provare che le operazioni di vestizione e svestizione richiedevano un ulteriore prolungamento di venti minuti per ogni turno (per complessivi 30 minuti); tale prova non era stata fornita e vi era incertezza nella quantificazione del tempo, per cui correttamente il Tribunale aveva ritenuto non provato l’ulteriore prolungamento di 20 minuti dell’orario di lavoro ;
in ogni caso le timbrature comprendevano anche il tempo di vestizione e svestizione, e non era stato contestato che le buste
paga non venissero elaborate sulla base del tempo di lavoro registrato dal sistema informatico di rilevamento.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorrono i lavoratori prospettando due motivi di ricorso.
L’Azienda ha depositato memoria di costituzione per partecipare all’udienza pubblica.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115, cod. proc. civ . , e dell’art. 345 , cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.
Assumono i ricorrenti che la Corte d’Appello non ha correttamente valutato la documentazione in atti.
Adducono di aver allegato le buste paga, e che mediante un confronto con i fogli timbratura prodotti su ordine del giudice, si sarebbe potuto rilevare come il tempo impiegato per la vestizione e svestizione non è inserito nell’orario di lavoro.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115-116 e 432, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 del CCIA in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ.
Prospettano i ricorrenti che il richiamo all’art. 11 del CCIA è estraneo alla vicenda per cui è causa, in quanto relativo al tempo di scambio delle consegne. Inoltre, il tempo occorrente per vestizione e svestizione può essere stabilito dal giudice in via equitativa.
Rilevano che nelle more è entrato in vigore il CCNL 21 maggio 2018 che all’art. 27 ha disciplinato il tempo tuta. Tale disposizione potrebbe costituire parametro per la liquidazione equitativa.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione.
Gli stessi sono fondati per quanto di ragione.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che è indubbio che, sia i tempi di vestizione/svestizione, sia i tempi di passaggio consegne possano integrare a tutti gli effetti orario di lavoro da remunerare; la giurisprudenza di questa Corte quanto ai tempi c.d. tuta in ambito infermieristico ha ritenuto che essi danno diritto alla retribuzione, trattandosi -per quanto attiene alla vestizione/svestizione -di obblighi imposti dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene, riguardanti sia alla gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto.
È sufficiente richiamare Cass. 24 maggio 2018, n. 12935, secondo cui in materia di orario di lavoro nell’ambito dell’attività infermieristica, nel silenzio della contrattazione collettiva (nella specie, CCNL comparto sanità pubblica del 7 aprile 1999), il tempo di vestizione-svestizione dà diritto alla retribuzione, al di là del rapporto sinallagmatico, trattandosi di obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene, riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto. Questa Corte aveva già ribadito (Cass. 8 luglio 2021, n. 32477 che, richiamando plurimi precedenti di questa Corte (Cass. n. 8627 del 2020; n. 17635 del 2019; n. 18559 del 2019; n. 3901 del 2019; n. 12935 del 2018; n. 27799 del 2017) che l’attività di vestizione attiene a comportamenti integrativi dell’obbligazione principale ed è funzionale al corretto espletamento dei doveri di diligenza preparatoria e costituisce, altresì, attività svolta non (o non soltanto) nell’interesse della struttura sanitaria, ma dell’igiene pubblica, imposta dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene e, pertanto, dà diritto alla retribuzione anche nel silenzio della contrattazione collettiva integrativa, in quanto, proprio per le peculiarità che connotano detta attività, deve ritenersi implicitamente autorizzata da parte dell’azienda sanitaria.
In detta più recente pronuncia si è precisato che tali affermazioni non si pongono in contrasto con quanto affermato da questa Suprema Corte con la sentenza n. 9215 del 2012, secondo cui, ‘nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo necessario ad indossare l’abbigliamento di servizio (cd. tempo tuta) costituisce tempo di lavoro soltanto ove qualificato da eterodirezione, in difetto della quale l’attività di vestizione rientra nella diligenza preparatoria inclusa nell’obbligazione principale del lavoratore e non dà titolo ad autonomo corrispettivo’, e ciò in quanto gli arresti più recenti rappresentano uno sviluppo di quello precedente, or ora citato, ponendo l’accento sulla ‘funzione assegnata all’abbigliamento, nel senso che la eterodirezione può derivare dall’esplicita disciplina di impresa, ma anche risultare implicitamente dalla natura degli indumenti, quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un criterio di normalità sociale dell’abbigliamento, o dalla specifica funzion e che devono assolvere’, per obbligo imposto, lo si ripete, dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene attinenti alla gestione del servizio sanitario pubblico ed alla stessa incolumità del personale addetto. Va poi sottolineato che l’orientamento giurisprudenziale di legittimità è saldamente ancorato al riconoscimento dell’attività di vestizione/svestizione degli infermieri come rientrante nell’orario di lavoro e da retribuire autonomamente, qualora sia stata effettuata prima dell’inizio e dopo la fine del turno. Tale soluzione, del resto, è stata ritenuta in linea con la giurisprudenza comunitaria in tema di orario di lavoro di cui alla direttiva 2003/88/CE (Corte di Giustizia UE del 10 settembre 2015 in C-266/14; v. Cass. n. 1352/2016…), (così, in particolare, Cass. n. 17635/2019 cit.).
Non diversamente, si è ritenuto che il cambio di consegne nel passaggio di turno, in quanto connesso, per le peculiarità del servizio sanitario, all’esigenza della presa in carico del paziente e ad
assicurare a quest’ultimo la continuità terapeutica, è riferibile ai tempi di una diligente effettiva prestazione di lavoro, sicché va considerato, di per sé stesso, meritevole di ricompensa economica, quale espressione della regola deontologica, avente dignità giuridica, della continuità assistenziale (Cass. 22 novembre 2017, n. 27799).
Non è dunque legittimo un sistema di rilevazione dell’orario che in ipotesi lasci al di fuori dei tempi di lavoro e di quanto vada remunerato, il tempo tuta o il tempo di passaggio consegne ed è chiaro che i due tempi di lavoro, almeno nella loro definizione astratta individuano due autonomi momento della prestazione.
Ciò posto, rileva quanto in concreto sia accaduto, ovverosia se nell’orario di lavoro dei ricorrenti siano stati ricompresi e dunque remunerati i tempi di vestizione e svestizione, perché se ciò non è accaduto, evidentemente anch’essi, previa stima di quanto a ciò necessario, vanno remunerati, a prescindere dal fatto che il lavoro si svolga per turni o meno, a contatto con pazienti o meno, al di fuori dell’ospedale o meno.
Pertanto, la pronuncia va cassata e la causa va rimessa alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, quale giudice del rinvio,