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Tempo tuta: quando va pagato? La Cassazione chiarisce

La Cassazione, con l’ordinanza n. 20791/2024, ha stabilito che il tempo tuta e quello per il cambio consegne in ambito sanitario costituiscono orario di lavoro e devono essere retribuiti. La Corte ha cassato la decisione di merito che negava tale diritto a personale non turnista o con mansioni specifiche, affermando che ciò che conta è l’eterodirezione da parte del datore di lavoro, a prescindere dal ruolo o dal contatto con i pazienti.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Tempo Tuta e Cambio Consegne: La Cassazione Conferma che Vanno Retribuiti

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale per i lavoratori, specialmente in ambito sanitario: il tempo tuta, ovvero il tempo necessario per indossare la divisa, e il tempo per il cambio consegne sono a tutti gli effetti orario di lavoro e devono essere retribuiti. Questa decisione chiarisce che il diritto alla remunerazione non dipende da specifiche mansioni o dall’essere inseriti in turni, ma dal controllo esercitato dal datore di lavoro.

Il Fatto: La Controversia sulla Retribuzione

Il caso nasce dal ricorso di alcuni dipendenti di una struttura sanitaria a cui era stata negata la retribuzione per il tempo impiegato nella vestizione/svestizione della divisa e nel passaggio di consegne. La Corte d’Appello aveva respinto la loro richiesta, ritenendo che tale diritto spettasse solo a determinate figure professionali (come gli infermieri turnisti) o in presenza di specifiche esigenze di continuità assistenziale.

I lavoratori, tra cui figurava anche personale tecnico e un’infermiera addetta alla sterilizzazione, hanno impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che tali attività, essendo imposte dal datore di lavoro e funzionali alla prestazione, dovessero essere considerate orario di lavoro a prescindere dal ruolo ricoperto.

La Decisione della Cassazione sul Tempo Tuta e Orario di Lavoro

La Suprema Corte ha accolto i ricorsi, cassando la sentenza precedente e affermando principi chiari e applicabili a un’ampia platea di lavoratori.

Il Principio dell’Eterodirezione

Il fulcro della decisione risiede nel concetto di eterodirezione. La Corte ha spiegato che, quando l’obbligo di indossare una specifica divisa è imposto dal datore di lavoro per ragioni di igiene, sicurezza o per l’immagine aziendale, il tempo necessario per farlo non è più tempo libero a disposizione del lavoratore, ma diventa una prestazione lavorativa. Il lavoratore, in quel frangente, è a disposizione del datore di lavoro e ne esegue le direttive.

Irrilevanza delle Mansioni Specifiche

La Cassazione ha smontato la tesi della Corte territoriale secondo cui solo alcune categorie di lavoratori avrebbero diritto a questa retribuzione. Secondo i giudici, non ha importanza se il lavoratore sia un infermiere, un tecnico di radiologia, un autista di ambulanza o un addetto al laboratorio. Ciò che conta è se, in concreto, il tempo per la vestizione e il passaggio di consegne sia stato incluso nell’orario di lavoro retribuito. Se così non è, esso deve essere remunerato a parte, previa stima del tempo necessario.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su consolidate norme nazionali e europee. Ha richiamato la definizione di “orario di lavoro” contenuta nel D.Lgs. 66/2003 e nelle direttive comunitarie (come la 2003/88/CE), secondo cui si intende “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.

I giudici hanno sottolineato che sia il tempo per la vestizione, imposto da esigenze superiori di sicurezza e igiene, sia il tempo per il cambio consegne, cruciale per la continuità terapeutica e la presa in carico del paziente, rappresentano un’effettiva e diligente prestazione di lavoro. Escluderli dalla retribuzione sarebbe illegittimo.

La Corte ha quindi censurato l’approccio del giudice di merito, che si era basato su distinzioni astratte (mansioni, turni, contatto con i pazienti) invece di verificare la situazione concreta: ovvero se quel tempo, imposto dal datore, fosse stato o meno retribuito.

Le conclusioni

L’ordinanza ha un’importante valenza pratica. Essa stabilisce che il diritto alla retribuzione per il tempo tuta e il cambio consegne non è un’eccezione, ma la regola ogni volta che queste attività sono eterodirette dal datore di lavoro e funzionali alla prestazione. I datori di lavoro devono quindi assicurarsi che i loro sistemi di rilevazione delle presenze tengano conto di questi periodi, includendoli nell’orario di lavoro retribuito. Per i lavoratori, questa sentenza rappresenta un’importante conferma del diritto a vedere riconosciuto e compensato tutto il tempo in cui sono a disposizione dell’azienda per svolgere le proprie mansioni.

Il tempo necessario per indossare la divisa di lavoro (‘tempo tuta’) deve essere sempre pagato?
Sì, deve essere pagato quando l’uso della divisa è imposto dal datore di lavoro per esigenze di igiene, sicurezza o altre ragioni aziendali, poiché rientra nel potere di direzione del datore e il lavoratore è a sua disposizione.

La retribuzione per il tempo tuta spetta solo a chi lavora su turni o a diretto contatto con i pazienti?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto alla retribuzione è indipendente dalla specifica mansione (infermiere, tecnico, autista), dal fatto di lavorare su turni o di essere a contatto con i pazienti. Ciò che conta è che l’attività sia richiesta dal datore di lavoro.

Cosa succede dopo la decisione della Cassazione in questo caso specifico?
La sentenza è stata annullata e il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello di L’Aquila. Quest’ultima dovrà riesaminare i fatti e decidere nuovamente la questione, ma questa volta dovrà attenersi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione, riconoscendo che il tempo tuta e il cambio consegne vanno retribuiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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