Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4249 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 4249  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4073/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con cui elett. domicilia PEC: EMAIL
-ricorrente- contro RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 907/2023 depositata il 21/08/2023, RG NUMERO_DOCUMENTO.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso innanzi al Tribunale di Castrovillari NOME COGNOME, infermiere, agiva nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, al fine di ottenerne la condanna al pagamento dell’indennità  di  vestizione  maturata  da giugno  2009  a  settembre 2019 pari ad euro 9.528,52.
Il Tribunale ha accolto la sua domanda nei limiti della prescrizione quinquennale,  e  gli  ha  liquidato  in  euro  4.491,53  la  differenza retributiva spettante.
 L’RAGIONE_SOCIALE  proponeva  appello  che  la  Corte  d’appello  di Catanzaro, nel contraddittorio delle parti, accoglieva e rigettava la domanda proposta dal ricorrente di primo grado.
La Corte territoriale rilevava innanzitutto che il Tribunale non aveva accordato al ricorrente la ‘ indennità di divisa ‘ che in ricorso pareva essere  stata  rivendicata  quale  autonoma  voce  retributiva  e  della quale, però, il contratto collettivo di comparto non faceva menzione neppure nella sua formulazione più recente.
Evidenziava che l’art. 27, commi 11 e 12, del CCNL del 21.5.2018
non contempla, a carico del datore di lavoro, alcuna obbligazione di dare avente ad oggetto una specifica voce economica (della quale, infatti, non indica la misura), ma gli impone di riconoscere agli operatori sanitari, al massimo, ‘ 15 minuti complessivi ‘ per le operazioni di ‘ vestizione, svestizione e passaggio di consegne purché risultanti dalle timbrature effettuate ‘ e cioè di fare in modo che nell’orario di lavoro retribuito sia ricompres o anche il tempo necessario per quelle operazioni e, a tal fine, chiarisce che questo tempo deve risultare dalle ‘ timbrature ‘ dei cartellini del personale.
Riteneva  che  la  circostanza  che  il  ricorrente  avesse  eseguito  le quotidiane  operazioni  di  vestizione  e  svestizione  della  divisa  fuori dall’orario di lavoro risultante dalle timbrature non era stata allegata
e, come tale, non poteva considerarsi incontestata e dunque pacifica, siccome aveva invece ritenuto il Tribunale.
Detta circostanza, inoltre, non aveva formato oggetto della richiesta di prova testimoniale, articolata in ricorso, perché ai testimoni non si era chiesto di confermare che il ricorrente fosse stato costretto a indossare la divisa  prima di timbrare in entrata e a svestirla solo dopo aver timbrato in uscita.
Riteneva quindi indimostrato che siffatte operazioni propedeutiche e strumentali alla prestazione lavorativa fossero state eseguite fuori dall’orario  di  lavoro  che  è  retribuito  in  quanto  registrato  dalle apposite timbrature.
Il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, assistiti da memoria.
L’RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione  dell’art.  27,  commi  12  e  13  CCNL  Sanità  2016 -2018 applicabile ratione temporis ai fatti di causa.
Sostiene  che  la  Corte  territoriale  avrebbe  erroneamente  ricavato dalla disposizione pattizia un obbligo di timbratura evincendosi da esse solo l’obbligo a carico di parte datoriale che nell’orario di lavoro retribuito  debba  comprendersi  anche  il  tempo  necessario  per  le operazioni di vestizione/svestizione del personale che presta assistenza infermieristica.
Assume che, a fronte di siffatto obbligo, in assenza di prescrizioni contrattuali collettive che definiscano il tempo divisa come orario di lavoro  necessariamente  straordinario,  deve  ritenersi  riconosciuto alla  parte  datoriale,  mediante  la  possibilità  di  ricorrere  ad  una disciplina  aziendale  di  dettaglio  così  come  consentito  dall’art.  27, comma 13,  del CCNL sopra richiamato, di decidere nell’autonomia di gestione del rapporto di lavoro, se il riconoscimento del tempo di
vestizione  e/o  di  passaggio  di  consegne  debba  essere  parte  del normale orario di lavoro (già retribuito) oppure da considerarsi in aggiunta all’orario di lavoro in entrata e uscita (e quindi da retribuire in  modo addizionale),  secondo  i  principi  e  le  indicazioni  adottabili nella disciplina di dettaglio, nello specifico del tutto assente.
Deduce che la Corte territoriale abbia ricollegato erroneamente la rivendicazione retributiva aggiuntiva degli intervalli di tempo dedicati al  cambio divisa al di fuori del turno di servizio ad un inesistente obbligo di timbratura che non trova fondamento giuridico né nella disciplina  della  contrattazione  collettiva  sopra  richiamata  che  sul punto  è  del  tutto  generica  nei  termini  sopra  esposti,  né  nella regolamentazione aziendale dell’ASP di RAGIONE_SOCIALE.
1.1. Il motivo non è fondato.
Al riguardo, questo Collegio ribadisce che le operazioni di vestizione e svestizione del personale sanitario rientrano nell’orario di lavoro se il tipo di indumenti da indossare è imposto da superiori esigenze di sicurezza  e  igiene  attinenti  alla  gestione  del  servizio  prestato  e all’incolumità del personale addetto, sicché – anche nel silenzio della contrattazione collettiva – il tempo impiegato per tali operazioni dà diritto a retribuzione (Cass., Sez. L, n. 18612 dell’8 luglio 2024).
Si  sottolinea,  poi,  che  il  giudice  di  appello,  oltre  a  rilevare  che  la disposizione contrattuale impone al datore l’obbligo di fare in modo che  nell’orario  di  lavoro  retribuito  sia  ricompreso  anche  il  tempo necessario per quelle operazioni i è imitato ad affermare che questo tempo deve risultare dalle ‘ timbrature ‘ dei cartellini del personale.
Tale  ragionamento  è  corretto  sol  che  si  consideri  il  contenuto testuale dell’art. 27 del CCNL 2016 -2018 nella parte che qui rileva: «12. Nelle unità operative che garantiscono la continuità assistenziale  sulle  24  ore,  ove  sia  necessario  un  passaggio  di consegne,  agli  operatori  sanitari  sono  riconosciuti  fino  ad  un massimo  di  15  minuti  complessivi  tra  vestizione,  svestizione  e
passaggi di consegne, purché risultanti dalle timbrature effettuate, fatti salvi gli accordi di miglior favore in essere. 13. Sono definibili dalle Aziende ed Enti le regolamentazioni di dettaglio attuative delle disposizioni contenute nel presente articolo».
Il  tempo  di  vestizione,  dunque,  deve  risultare  dalla  timbratura essendo definibili dalle Aziende e dagli Enti solo le regolamentazioni di dettaglio.
La  Corte  territoriale  ha  evidenziato  che  il  differenziale  retributivo riconosciuto dal Tribunale in effetti valeva a ricompensare il tempo eccedente l’orario di lavoro ordinario (come risultante dalla timbratura): ossia lo straordinario, mentre non era stata neppure allegata la circostanza che il ricorrente avesse eseguito le quotidiane operazioni di vestizione e svestizione della divisa fuori dall’orario di lavoro risultante dalle timbrature e pertanto la stessa non poteva considerarsi pacifica.
Si tratta di una verifica che preclude l’accoglimento della domanda della dipendente, in quanto, per costante giurisprudenza, in caso di richiesta di pagamento della c.d. indennità di divisa, occorre stabilire se esistesse l’obbligo – nascente da disposizione del datore di lavoro -di indossare gli indumenti di lavoro fin dall’orario di inizio del turno, oppure, fosse consentito ai singoli di indossarli in un momento successivo all’inizio della prestazione (Cass., SU, n. 11828 del 2013, pagina 7 della motivazione, non massimata).
Ѐ stato ritenuto, infatti, che l’attività consistente nell’indossare e dismettere la divisa aziendale rientra nella categoria del tempo di lavoro retribuibile nel caso in cui si svolga in locali aziendali prefissati, ed in tempi delimitati non solo – ad esempio – dal passaggio in successivi tornelli azionabili con il badge (posti all’ingresso dello stabilimento e all’ingresso del reparto), ma anche dal limite stabilito dalla parte aziendale prima dell’inizio del turno, secondo obblighi e divieti sanzionati disciplinarmente, stabiliti dal
datore  di  lavoro  e  riferibili  all’interesse  aziendale,  senza  alcuno spazio di discrezionalità per i dipendenti (in motivazione, ex plurimis , Cass., Sez. L, n. 7397 del 13 aprile 2015; Cass., Sez. L, n. 7396 del 13 aprile 2015).
In particolare, si è evidenziato che il lavoratore avrebbe diritto alla retribuzione per il cambio d’abito soltanto qualora dimostri che la vestizione e la svestizione avvenivano prima e dopo l’orario di lavoro ordinario, di tal che al tempo necessario possa essere riconosciuta un’autonoma retri buzione (Cass., Sez. L, n. 11049 del 10 giugno 2020).
Nella specie, la corte territoriale ha pure precisato che la P.A. controricorrente aveva espressamente disconosciuto che il ricorrente avesse svolto l’attività in questione al di fuori dell’orario lavorativo ordinario e che, comunque, la prova testimoniale richiesta non aveva ad oggetto la dimostrazione ‘che il ricorrente sia stato costretto a indossare la divisa prima di timbrare in entrata e a svestirla solo dopo aver timbrato in uscita’, con la conseguenza che non era provato che ‘siffatte operazioni pro pedeutiche e strumentali alla prestazione lavorativa siano state eseguite fuori dall’orario di lavoro che è retribuito in quanto registrato dalle apposite timbrature’.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, atteso che la  corte  territoriale  non  avrebbe  considerato  l’inesistenza  di  un obbligo di timbratura ai fini retributivi del tempo aggiuntivo rispetto al turno di servizio per il cambio divisa e l’inconfigurabilità del tempo divisa  aggiuntivo  rispetto  al  turno  di  servizio  come  lavoro  di  tipo straordinario.
2.1.  Il  motivo  è  inammissibile,  atteso  che  non  coglie  la ratio decidendi della sentenza impugnata, come individuata esaminando il primo motivo.
Peraltro, le circostanze indicate dal ricorrente non rappresentano dei fatti, ma delle questioni di diritto, non prospettabili in cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.
 Il  ricorso  è  rigettato  in  applicazione  del  seguente  principio  di diritto:
‘In tema di pubblico impiego contrattualizzato, l’infermiere che, deducendo di avere reso una prestazione lavorativa eccedente l’orario ordinario di lavoro perché tenuto a indossare e dismettere la divisa rispettivamente prima di prendere servizio e dopo la fine del turno, chieda, per tale ragione, il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto alla retribuzione spettante è tenuto a dimostrare di avere effettuato le operazioni di vestizione e svestizione in questione prima e dopo le timbrature effettuate in entrata e in uscita’.
Nulla spese atteso che la controparte è rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro