Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24394 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24394 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. IRENE TRICOMI
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11484/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri;
– ricorrente –
contro
AZIENDA SANITARIA DI COSENZA;
Oggetto:
Indennità c.d. di divisa – Timbratura
-intimata –
avverso la sentenza n. 1133/2023 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 02/11/2023 R.G.N. 475/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso innanzi al Tribunale di Cosenza NOME COGNOME infermiere di categoria D, agiva nei confronti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, deducendo di essere stato costretto a un surplus lavorativo di almeno 15/20 minuti al giorno rispetto al suo orario ordinario di lavoro di 36 ore settimanali, che corrispondeva al tempo necessario per la vestizione/svestizione della divisa che doveva indossare prima di prendere servizio per poi dismetterla alla fine del turno.
Lamentava che tale surplus non gli fosse mai stato retribuito e ne chiedeva il pagamento per il periodo dal giugno 2009 a settembre 2019, con condanna di controparte a corrispondere euro 9.528,52.
Il Tribunale di Cosenza, nel contraddittorio delle parti, accoglieva in parte la domanda e condannava parte resistente al pagamento in favore del ricorrente della minor somma di euro 4.554,72.
L’ASP Cosenza proponeva appello che la Corte d’appello di Catanzaro, nel contraddittorio delle parti, accoglieva.
La Corte territoriale rilevava innanzitutto che il Tribunale non aveva accordato al ricorrente la ‘ indennità di divisa ‘ che in ricorso pareva essere stata rivendicata quale autonoma voce retributiva e della quale, però, il contratto collettivo di comparto non faceva menzione neppure nella sua formulazione più recente.
Evidenziava che l’art. 27, commi 11 e 12, del CCNL del 21.5.2018 non contempla, a carico del datore di lavoro, alcuna obbligazione di dare avente ad oggetto una specifica voce economica (della quale, infatti, non indica la misura), ma gli impone di riconoscere agli operatori sanitari, al
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massimo, ‘ 15 minuti complessivi ‘ per le operazioni di ‘ vestizione, svestizione e passaggio di consegne purché risultanti dalle timbrature effettuate ‘ e cioè di fare in modo che nell’orario di lavoro retribuito sia ricompreso anche il tempo necessario per quelle operazioni e, a tal fine, chiarisce che questo tempo deve risultare dalle ‘ timbrature ‘ dei cartellini del personale.
Riteneva che la circostanza che il ricorrente avesse eseguito le quotidiane operazioni di vestizione e svestizione della divisa fuori dall’orario di lavoro risultante dalle timbrature non era stata allegata e, come tale, non poteva considerarsi incontestata e dunque pacifica, come aveva invece ritenuto il Tribunale.
Detta circostanza, inoltre, non aveva formato oggetto della richiesta di prova testimoniale, articolata in ricorso, perché ai testimoni non si era chiesto di confermare che il ricorrente fosse stato costretto a indossare la divisa prima di timbrare in entrata e a svestirla solo dopo aver timbrato in uscita.
Riteneva quindi indimostrato che siffatte operazioni propedeutiche e strumentali alla prestazione lavorativa fossero state eseguite fuori dall’orario di lavoro che è retribuito in quanto registrato dalle apposite timbrature.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi successivamente illustrati da memoria.
L’ASP Cosenza è rimasta intimata.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione dell’art. 27, commi 12 e 13 CCNL Sanità 2016 -2018.
Sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che sussistesse a suo carico un obbligo di timbratura per il tempo di lavoro preordinato al cambio divisa qualora aggiuntivo rispetto all’ordinario turno di servizio che, sempre in modo errato, aveva considerato straordinario.
Inoltre, contesta la mancata ammissione della prova testimoniale articolata al fine di dimostrare l’effettivo cambio divisa al di fuori del turno di servizio.
2. La doglianza è infondata.
Innanzitutto, si osserva che la Corte territoriale non ha affermato la natura di lavoro straordinario del tempo necessario per indossare e dismettere la divisa di lavoro della controricorrente, ma ha preso atto che questa è stata la ricostruzione operata sul punto dal Tribunale di Cosenza.
Al riguardo, questo Collegio ribadisce che le operazioni di vestizione e svestizione del personale sanitario rientrano nell’orario di lavoro se il tipo di indumenti da indossare è imposto da superiori esigenze di sicurezza e igiene attinenti alla gestione del servizio prestato e all’incolumità del personale addetto, sicché – anche nel silenzio della contrattazione collettiva – il tempo impiegato per tali operazioni dà diritto a retribuzione (Cass., Sez. L, n. 18612 dell’8 luglio 2024).
Sostiene, poi, il ricorrente che il giudice di appello non ha neppure ritenuto che sussistesse a carico della dipendente un obbligo di timbratura per il tempo di lavoro preordinato al cambio divisa qualora aggiuntivo rispetto a quello di lavoro, ma ha semplicemente rilevato che la disposizione contrattuale collettiva imponeva al datore l’obbligo di fare in modo che nell’orario di lavoro retribuito fosse ricompreso anche il tempo necessario per quelle operazioni, limitandosi ad affermare che questo tempo doveva risultare dalle ‘ timbrature ‘ dei cartellini del personale.
Tale considerazione è corretta, ove si esamini il contenuto testuale dell’art. 27 del CCNL 2016 -2018 nella parte che qui rileva: « 12. Nelle unità operative che garantiscono la continuità assistenziale sulle 24 ore, ove sia necessario un passaggio di consegne, agli operatori sanitari sono riconosciuti fino ad un massimo di 15 minuti complessivi tra vestizione, svestizione e passaggi di consegne, purché risultanti dalle timbrature
effettuate, fatti salvi gli accordi di miglior favore in essere. 13. Sono definibili dalle Aziende ed Enti le regolamentazioni di dettaglio attuative delle disposizioni contenute nel presente articolo ».
Il tempo di vestizione, dunque, deve risultare, di regola, dalla timbratura, essendo definibili dalle Aziende e dagli Enti solo le regolamentazioni di dettaglio.
In aggiunta a ciò, si evidenzia che la Corte territoriale ha fondato la sua decisione sull’accertamento, non contestato in questa sede e, quindi, da reputare ormai definitivo, che ‘la circostanza che il ricorrente abbia eseguito le quotidiane operazioni di vestizione e svestizione della divisa fuori dall’orario di lavoro risultante dalle timbrature non era stata allegata e, come tale, non può considerarsi incontestata e dunque pacifica’.
Si tratta di una verifica che preclude l’accoglimento della domanda della dipendente, in quanto, per costante giurisprudenza, in caso di richiesta di pagamento della c.d. indennità di divisa, occorre stabilire se esistesse l’obbligo – nascente da disposizione del datore di lavoro – di indossare gli indumenti di lavoro fin dall’orario di inizio del turno, oppure, fosse consentito ai singoli di indossarli in un momento successivo all’inizio della prestazione (Cass., SU, n. 11828 del 2013, pagina 7 della motivazione, non massimata).
Si è ritenuto, infatti, che l’attività consistente nell’indossare e dismettere la divisa aziendale rientra nella categoria del tempo di lavoro retribuibile nel caso in cui si svolga in locali aziendali prefissati, ed in tempi delimitati non solo – ad esempio – dal passaggio in successivi tornelli azionabili con il badge (posti all’ingresso dello stabilimento e all’ingresso del reparto), ma anche dal limite stabilito dalla parte aziendale prima dell’inizio del turno, secondo obblighi e divieti sanzionati dis ciplinarmente, stabiliti dal datore di lavoro e riferibili all’interesse aziendale, senza alcuno spazio di discrezionalità per i dipendenti (in
motivazione, ex plurimis , Cass., Sez. L, n. 7397 del 13 aprile 2015; Cass., Sez. L, n. 7396 del 13 aprile 2015).
In particolare, si è evidenziato che il lavoratore avrebbe diritto alla retribuzione per il cambio d’abito soltanto qualora dimostri che la vestizione e la svestizione avvenivano prima e dopo l’orario di lavoro ordinario, di tal che al tempo necessario possa essere riconosciuta un’autonoma retribuzione (Cass., Sez. L, n. 11049 del 10 giugno 2020).
Nella specie, come evidenziato nello storico di lite, la Corte territoriale ha pure precisato che la circostanza che il ricorrente avesse eseguito le quotidiane operazioni di vestizione e svestizione della divisa fuori dell’orario di lavoro risultante dalle timbrature , oltre a non essere stata allegata (e a non poter essere considerata incontestata), non aveva formato oggetto di richiesta di prova testimoniale, articolata in ricorso, con la conseguenza che non era provato che ‘siffatte operazioni propedeutiche e strumentali alla prestazione lavorativa siano state eseguite fuori dall’orario di lavoro che è retribuito in quanto registrato dalle apposite timbrature’.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ., l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti.
La Corte territoriale non avrebbe considerato l’inesistenza di un obbligo di timbratura ai fini retributivi del tempo aggiuntivo rispetto al turno di servizio per il cambio divisa e l’inconfigurabilità del tempo divisa aggiuntivo rispetto al turno di servizio come lavoro di tipo straordinario.
La doglianza è inammissibile, atteso che non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, come individuata esaminando il primo motivo.
Peraltro, le circostanze indicate dal ricorrente non rappresentano dei fatti, ma delle questioni di diritto, non prospettabili in cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
Il ricorso è rigettato in applicazione del seguente principio di diritto:
‘In tema di pubblico impiego contrattualizzato, l’infermiere, che deduca di avere reso una prestazione lavorativa eccedente l’orario ordinario di lavoro, come risultante dalle apposite timbrature in entrata e in uscita, sostenendo che, in assenza di istruzioni sul punto del datore, avrebbe indossato e dismesso la divisa rispettivamente prima e dopo dette timbrature, e che chieda, per questa ragione, il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto alla retribuzione altrimenti spettante, è tenuto ad allegare e a dimostrare di avere effettuato le operazioni di vestizione e svestizione in questione anteriormente e successivamente a tali timbrature’.
Nessuna statuizione deve esservi sulle spese di lite, non avendo parte intimata svolto attività difensiva.
Va dato atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile