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Tempo di lavoro: il tragitto casa-cliente è pagato?

Un tecnico di rete ha contestato la clausola aziendale (‘franchigia’) che escludeva dalla retribuzione il tempo di viaggio casa-primo cliente. La Corte di Cassazione ha confermato che tale spostamento, se effettuato con auto aziendale e sotto il controllo del datore tramite dispositivi, costituisce a tutti gli effetti tempo di lavoro e deve essere retribuito, in quanto il dipendente è a disposizione dell’azienda.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Tempo di lavoro: il tragitto casa-cliente è pagato?

L’organizzazione del lavoro moderno, specialmente per i lavoratori itineranti, solleva questioni cruciali sulla definizione di tempo di lavoro. Il tempo impiegato per recarsi dalla propria abitazione al primo cliente della giornata è da considerarsi orario lavorativo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo tema, stabilendo un principio fondamentale a tutela dei dipendenti.

I Fatti del Caso

Un tecnico di rete, dipendente di una grande società di telecomunicazioni, svolgeva le sue mansioni spostandosi sul territorio con un’auto aziendale. L’azienda, tramite un accordo sindacale, aveva introdotto una “franchigia” giornaliera, un periodo di 15 o 30 minuti (a seconda di dove fosse parcheggiato il veicolo) che corrispondeva al tempo di spostamento dal luogo di ricovero dell’auto al primo intervento, e dall’ultimo intervento al rientro. Questo tempo non veniva retribuito.

Il lavoratore, ritenendo tale prassi illegittima, si è rivolto al tribunale per chiedere che quel tempo fosse riconosciuto come orario di lavoro effettivo. La sua tesi si basava sul fatto che, dal momento in cui saliva sull’auto aziendale e si connetteva al sistema informativo aziendale, egli era già a disposizione del datore di lavoro, non potendo dedicarsi ad attività personali ma dovendo seguire le indicazioni aziendali per raggiungere il cliente designato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di merito, ha respinto il ricorso dell’azienda. Gli Ermellini hanno stabilito che il tempo impiegato dal lavoratore per lo spostamento dal luogo di partenza (casa o sede) al primo cliente e dall’ultimo cliente al luogo di arrivo deve essere considerato a tutti gli effetti tempo di lavoro. Di conseguenza, tale periodo deve essere computato nell’orario di lavoro e retribuito.

Le Motivazioni: Analisi del tempo di lavoro

La Corte ha basato la sua decisione su una chiara interpretazione della normativa italiana (D.Lgs. 66/2003) ed europea in materia di orario di lavoro. Il punto centrale è la nozione di “essere a disposizione del datore di lavoro”.

Secondo i giudici, un lavoratore è a disposizione quando:
1. Non può determinare liberamente i propri spostamenti: il tragitto non è scelto dal dipendente ma è funzionale e necessario per eseguire la prestazione richiesta dall’azienda.
2. È soggetto al potere direttivo e di controllo del datore: l’uso di un terminale aziendale per ricevere istruzioni, comunicare la propria posizione e “timbrare” l’inizio dell’attività dimostra che il lavoratore è già inserito nell’organizzazione aziendale e sotto il suo controllo.
3. Non può gestire liberamente il proprio tempo: durante lo spostamento, il lavoratore non può dedicarsi ad attività personali, essendo vincolato all’esecuzione di un compito lavorativo.

La Corte ha precisato che spetta al datore di lavoro dimostrare l’eventuale libertà di autodeterminazione del dipendente in quel lasso di tempo, prova che nel caso di specie non è stata fornita. L’azienda ha anche tentato di sostenere che la clausola sulla “franchigia” fosse una parte inscindibile dell’accordo sindacale e che la sua nullità avrebbe dovuto travolgere l’intero accordo. La Cassazione ha respinto anche questa tesi, affermando che la nullità di una singola clausola non invalida l’intero contratto, specialmente quando, come nel diritto del lavoro, esistono norme imperative a protezione del lavoratore che si sostituiscono di diritto alle clausole nulle.

Le Conclusioni: Implicazioni per Lavoratori e Aziende

Questa ordinanza rafforza un principio consolidato a tutela dei lavoratori itineranti (tecnici, manutentori, agenti di commercio, ecc.). Le aziende devono prestare molta attenzione a come strutturano gli orari di lavoro e a come considerano gli spostamenti dei loro dipendenti.

Le implicazioni pratiche sono significative:
* Per i lavoratori: Si consolida il diritto a vedere retribuito tutto il tempo in cui si è a disposizione dell’azienda, inclusi gli spostamenti iniziali e finali che sono funzionali alla prestazione.
* Per le aziende: È necessario rivedere gli accordi collettivi o individuali che prevedono “franchigie” o esclusioni simili. Il tempo di spostamento casa-cliente, se eterodiretto, va incluso nel calcolo dell’orario di lavoro, con conseguenze su retribuzione, straordinari e rispetto dei limiti di orario giornaliero e settimanale.

In sintesi, il fattore discriminante non è il luogo in cui ci si trova (casa, auto o sede del cliente), ma la condizione in cui si trova il lavoratore: se è libero di gestire il proprio tempo o se è già inserito nella sfera organizzativa e direttiva del datore di lavoro.

Il tempo di viaggio da casa al primo cliente è considerato tempo di lavoro?
Sì, è considerato tempo di lavoro se durante tale spostamento il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro. Questo accade, ad esempio, quando utilizza un veicolo aziendale, segue un percorso stabilito dall’azienda e utilizza strumenti (come tablet o smartphone aziendali) per ricevere istruzioni, essendo di fatto già sotto il controllo datoriale e non potendo dedicarsi liberamente ad attività personali.

Cosa rende il tragitto casa-lavoro parte della prestazione lavorativa?
Il tragitto diventa parte della prestazione lavorativa quando non è una libera scelta del dipendente ma è funzionale all’esecuzione del servizio. La presenza di tre elementi è cruciale: 1) il lavoratore è al lavoro, 2) è a disposizione del datore di lavoro, e 3) sta esercitando le sue attività o funzioni. L’uso di dispositivi che consentono il controllo e la direzione da parte dell’azienda durante lo spostamento è una prova chiave.

Un accordo aziendale può escludere dalla retribuzione il tempo di spostamento casa-cliente tramite una “franchigia”?
No, una clausola di questo tipo è considerata nulla. Secondo la Corte, le norme che definiscono il tempo di lavoro sono imperative e tutelano il lavoratore. Pertanto, un accordo collettivo o individuale non può derogare a questa tutela escludendo dalla retribuzione un periodo in cui il lavoratore è già a disposizione dell’azienda. La clausola nulla viene sostituita di diritto dalla norma di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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