Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15313 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15313 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7136-2021 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, COGNOME NOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 42/2021 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 27/01/2021 R.G.N. 663/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Oggetto
Contestazione disciplinare -Tempestività
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/03/2024
CC
Rilevato che:
La Corte d’appello di Catania ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME, confermando la sentenza di primo grado che, al pari dell’ordinanza emessa all’esito della fase sommaria, aveva rigettato la domanda di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli da RAGIONE_SOCIALE il 18 gennaio 2016.
La Corte territoriale ha premesso che al lavoratore erano stati contestati, con lettera del 3.12.2015, fatti verificatisi nel periodo compreso tra il 16.3. 2015 e il 28.4.2015 ed esattamente, di avere provveduto all’estinzione del libretto intestato alla signora NOME COGNOME, contenente il deposito di euro 756.093,45, e alla contestuale apertura di un nuovo libretto, cointestato alla COGNOME e alla signora NOME COGNOME, su cui era trasferita l’intera somma; operazione effettuata ‘senza la presenza fisica della titolare del libretto… quindi senza identificarla e constatarne la volontà di effettuare l’operazione che ha portato, di fatto, dapprima alla cointestazione del rapporto, in origine solo individuale, con la persona che ha chiesto l’esecuzione delle operazioni (la citata signora NOME COGNOME indicata come persona che ‘assisteva’ l’anziana signora COGNOME) e di seguito, grazie alla contitolarità del nuovo libretto sul quale (erano) confluite le somme di proprietà della signora COGNOME (oltre euro 756.000,00), alla possibilità per la signora NOME di agire in via del tutto autonoma per prelevare somme dal libretto e tramutarne gran parte nei 16 BPF emessi a proprio nome, oltre che a procedere a rimborsi diretti’.
La sentenza impugnata, per quanto ancora rileva, ha respinto l’eccezione di tardività della contestazione disciplinare osservando che la raccolta, presso l’ufficio postale di Randazzo, della documentazione relativa alle
operazioni contestate e la successiva audizione del lavoratore avvenuta il 21 maggio 2015 non potevano esaurire l’ambito degli approfondimenti necessari a ricostruire la condotta tenuta dal dipendente e a valutarne i profili fattuali e le possibili implicazioni; che era invece necessario procedere ad un’attenta analisi della documentazione stessa, alla verifica delle giustificazioni fornite dal lavoratore nonché di eventuali inadempimenti di disposizioni di servizio da parte di altri dipendenti; ancora, occorreva valutare le eventuali conseguenze pregiudizievoli delle operazioni irregolari effettuate dal COGNOME, dovendosi anche tenere conto dei tempi tecnici necessari per la predisposizione del rapporto (trasmesso alla filiale di Catania il 10.11.2015) e l’approvazione del responsabile dell’ufficio, in una società caratterizzata da un’organizzazione complessa e articolata come è appunto RAGIONE_SOCIALE. Elementi, quelli appena elencati, idonei a giustificare il decorso del tempo dall’audizione del dipenden te e dalla acquisizione della documentazione (maggio 2015) fino alla contestazione del 3.12.2015, giunta al destinatario il 23.12.2015.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria. RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Col primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 7, legge n. 300 del 1970 e dei principi di correttezza e buona fede contrattuale.
Il ricorrente sostiene che la conoscenza dei fatti risale quantomeno all’aprile 2015, epoca in cui il direttore
dell’ufficio postale di Randazzo ebbe ad allertare gli uffici competenti (RAGIONE_SOCIALE) su alcune ‘anomalie operative’ riconducibili all’attività del COGNOME; che comunque dal 21.5.2015, data di audizione del lavoratore e grazie alla incondizionata collaborazione dello stesso, il datore di lavoro aveva piena e completa conoscenza dei fatti; che nessun fatto ulteriore è stato posto a fondamento della incolpazione, come si ricava dalla stessa sentenza che non ne indica altri; che l’intervallo di sette mesi prima della contestazione di addebito non trova alcuna giustificazione; che è fuorviante l’affermazione della Corte territoriale secondo cui il ritardo nella contestazione sarebbe giustificato dalla necessità di verificare la versione dei fatti offerta dal lavoratore rispetto agli elementi acquisiti dall’ispettore, poiché in tal modo si riporta al momento di acquisizione degli elementi della responsabilità disciplinare un’attività che è logicamente successiva alla contestazione e alle giustificazioni offerte dal lavoratore; che l’istruttoria svolta non ha confermato la sussistenza di ragioni di complessità delle indagini o della organizzazione della società; che l’istruttoria ha confermato l’inizio dell’attività ispettiva nel mese di maggio 2015 ma non ha permesso di individuare la data di effettiva conclusione dell’indagine; la sentenza impugnata cita il 10.11.15 quale data di redazione del report mentre la stessa è solo la data in cui il report è stato trasmesso dalla sede centrale di Roma alla filiale di Catania che aveva chiesto l’indagine.
8. Il motivo non è fondato
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, in materia di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione, espressione del generale precetto di correttezza e buona fede, si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro (Cass. n. 19115 del 2013; Cass. n. 15649 del 2010; Cass. n. 19424
del 2005; Cass. n. 11100 del 2006) e va inteso in senso relativo, potendo, nei casi concreti, esser compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, in ragione della complessità di accertamento della condotta del dipendente oppure per l’esistenza d i una articolata organizzazione aziendale (Cass. n. 1248 del 2016; n. 281 del 2016; n. 15649 del 2010; Cass. n. 22066 del 2007), restando comunque riservata al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto giustificano o meno il ritardo (Cass. n. 23346 del 2018; n. 16841 del 2018; n. 281 del 2016; n. 20719 del 2013 n. 19115 del 2013).
10. Su quest’ultimo aspetto si è puntualizzato che compete al giudice di merito verificare in concreto quando un potenziale illecito disciplinare sia stato scoperto nei suoi connotati sufficienti a consentirne la contestazione in via disciplinare, mentre costituisce questione di diritto, sindacabile in sede di legittimità, determinare se l’arco temporale intercorso tra la scoperta dell’illecito disciplinare e la sua contestazione dia luogo, o meno, a violazione del diritto di difesa del lavoratore (v. Cass. n. 23346 del 2018). Sotto altro profilo, si è aggiunto che il ritardo nella contestazione può costituire un vizio del procedimento disciplinare solo ove sia tale da determinare un ostacolo alla difesa effettiva del lavoratore, tenendo anche conto che la ponderata e responsabile valutazione dei fatti da parte del datore di lavoro può e deve precedere la contestazione anche nell’interesse del prestatore di lavoro, che altrimenti sarebbe esposto ad incolpazioni non adeguatamente meditate o comunque non sorrette da un sufficiente approfondimento (v. Cass. n. 109 del 2024).
11. La Corte appello si è attenuta ai principi di diritto richiamati e, con accertamento in fatto non revisionabile in questa sede, tanto più in una ipotesi di cd. doppia conforme,
ha ritenuto che la società datoriale, acquisita conoscenza dele irregolarità nel maggio del 2015, anche attraverso la versione fornita dal lavoratore, avesse necessità di verificare quanto accaduto, svolgere gli approfondimenti necessari, anche al fine di ricostruire le conseguenze pregiudizievoli delle irregolarità emerse a carico del dipendente; che tali approfondimenti si conclusero col report inviato il 10.11.2015; che l’intervallo di cinque mesi e mezzo, ricadenti peraltro nel periodo estivo, tra l’inizio dell’indagine ispettiva e la data di trasmissione del rapporto, fosse congruo in relazione alla complessa articolazione della società datoriale RAGIONE_SOCIALE.
Individuato nel novembre 2015 il momento di compiuta conoscenza datoriale della condotta di rilievo disciplinare, la Corte d’appello ha correttamente escluso qualsiasi violazione del requisito di tempestività rispetto alla contestazione disciplinare avvenuta con lettera del 3.12.2015, giunta a destinazione il 23.12.2015.
Non solo non vi è spazio per ritenere violato il diritto di difesa del dipendente, ma le critiche mosse col motivo di ricorso in esame, sebbene articolate come violazione di norme di diritto, investono null’altro che la valutazione dei singoli elementi probatori e la ricostruzione in fatto relativa alla complessità dell’indagine e ai tempi legati alla organizzazione aziendale e non oltrepassano il perimetro della quaestio facti , estraneo al giudizio di legittimità.
Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
Il rigetto dei ricorsi costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13,
comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 12 marzo 2024