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Targa di esportazione: non autorizza il trasporto merci

Una società di trasporti è stata sanzionata per aver utilizzato un veicolo con una targa di esportazione austriaca temporanea per trasportare merci (semirimorchi) in Italia. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la legge italiana prevale e che tali targhe autorizzano solo la circolazione, non il trasporto commerciale. Ha inoltre confermato la responsabilità solidale dell’azienda per la violazione commessa dal suo autista, rigettando la tesi della buona fede.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Targa di Esportazione e Trasporto Merci: I Limiti Imposti dalla Legge Italiana

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sull’uso di veicoli con targa di esportazione in territorio italiano, specificando i confini tra la semplice circolazione e il trasporto di merci. La decisione sottolinea un principio fondamentale: la normativa nazionale prevale su quella internazionale o straniera per la regolamentazione del traffico entro i confini dello Stato. Questo caso offre spunti essenziali per le aziende di logistica e i trasportatori internazionali.

I Fatti del Caso: Un Trasporto Internazionale Fermato in Italia

Una società di trasporti e il suo autista sono stati sanzionati dalla polizia stradale a Trieste. Il loro autoarticolato, proveniente dalla Turchia e diretto in Repubblica Ceca, trasportava su un semirimorchio le componenti smontate di altri tre semirimorchi. Il veicolo trainato era dotato di una targa di esportazione provvisoria e di un foglio di via rilasciati dalle autorità austriache.

La contestazione si basava sulla violazione dell’articolo 99 del Codice della Strada, che vieta la circolazione di un veicolo non regolarmente immatricolato per il trasporto di merci. La società si è opposta alla sanzione, sostenendo di aver agito nel rispetto della Convenzione di Vienna e della normativa austriaca, e che il carico non era costituito da merci ma da un unico blocco di componenti da assemblare (un “3 trailer-kit”).

La Decisione della Corte: La Legge Nazionale Prevale

Dopo il rigetto nei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione ha confermato la sanzione, respingendo tutti i motivi del ricorso. La decisione si fonda su principi chiari relativi alla sovranità legislativa nazionale e alla responsabilità nel settore dei trasporti.

La questione della targa di esportazione e la normativa applicabile

Il cuore della controversia riguardava se la normativa austriaca e la Convenzione di Vienna potessero derogare alla legge italiana. La Corte ha stabilito che, durante il transito nel territorio italiano, la circolazione stradale è regolata esclusivamente dalla legge italiana. Sebbene la targa di esportazione e il foglio di via austriaci consentissero la circolazione del veicolo, non lo autorizzavano al trasporto di merci. L’articolo 99 del Codice della Strada rappresenta infatti una deroga al principio generale dell’immatricolazione (art. 93), ma questa deroga non si estende al trasporto di beni.

La responsabilità solidale dell’azienda di trasporti

La società ricorrente sosteneva di non dover essere ritenuta responsabile in solido, in quanto operava come semplice vettore per conto di terzi. Anche questo motivo è stato respinto. La Cassazione ha ribadito l’orientamento consolidato secondo cui il proprietario del veicolo è presuntivamente responsabile per le violazioni commesse con lo stesso. Tale responsabilità è esclusa solo se si prova che la circolazione è avvenuta contro la propria volontà. Nel caso di una violazione commessa da un dipendente nell’esercizio delle sue funzioni, la responsabilità dell’azienda è diretta e non può essere esclusa.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni dei ricorrenti. In primo luogo, ha affermato che la circolazione in Italia impone il rispetto del Codice della Strada, indipendentemente dalla provenienza del veicolo o dalla natura internazionale del trasporto. La Convenzione di Vienna non “disapplica” il diritto interno.

In secondo luogo, ha rigettato la tesi della “buona fede” del conducente e dell’azienda. Per la giurisprudenza, la buona fede che esclude la responsabilità non è la mera ignoranza della legge (che è inescusabile), ma un convincimento di liceità fondato su elementi oggettivi e positivi, qui del tutto assenti.

Inoltre, la Corte ha qualificato come inammissibile il tentativo di ridiscutere la natura del carico (merci vs. “kit unitario”), poiché si tratta di una valutazione di fatto riservata ai giudici di merito e non sindacabile in sede di legittimità.

Infine, è stato confermato il principio della responsabilità solidale del datore di lavoro per le infrazioni commesse dal proprio dipendente, in virtù del rapporto di immedesimazione che lega l’agente all’imprenditore.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Operatori del Settore

Questa ordinanza invia un messaggio chiaro agli operatori del trasporto internazionale: la conoscenza e il rispetto della normativa del Paese che si attraversa sono imprescindibili. Non è possibile fare affidamento esclusivamente sulle autorizzazioni ottenute nel proprio Paese o su convenzioni internazionali per giustificare condotte non conformi alla legge locale.

Per le aziende, la sentenza ribadisce la necessità di un controllo rigoroso sull’operato dei propri dipendenti e sulla conformità dei veicoli e dei trasporti alle normative vigenti in ogni Stato di transito. La responsabilità solidale è un principio cardine che non ammette facili deroghe, soprattutto nel contesto di un rapporto di lavoro dipendente. In sintesi, una targa di esportazione permette di muovere un veicolo, non di utilizzarlo per attività commerciali come il trasporto merci.

Una targa di esportazione straniera autorizza il trasporto di merci in Italia?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, sebbene un veicolo con targa di esportazione e foglio di via possa circolare in Italia, non è autorizzato a trasportare merci. Per il trasporto di merci è necessaria una regolare immatricolazione secondo la legge italiana.

L’azienda di trasporti è sempre responsabile per le infrazioni commesse dal proprio autista?
Sì, in linea di principio. L’articolo 196 del Codice della Strada stabilisce una responsabilità solidale presunta del proprietario del veicolo. Tale responsabilità è esclusa solo se si dimostra che la circolazione è avvenuta contro la propria volontà, ma non quando l’infrazione è commessa da un dipendente nell’esercizio delle sue funzioni.

L’ignoranza della legge italiana da parte di un conducente straniero può essere considerata “buona fede”?
No. Per escludere la responsabilità, la buona fede deve derivare da elementi positivi e oggettivi che inducano a credere di agire legalmente. La semplice ignoranza della normativa nazionale non è sufficiente e non costituisce una causa di giustificazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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