Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20569 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20569 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
26342/2021 r.g., proposto
da
NOME COGNOME , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 84/2021 pubblicata in data 21/04/2021, n.r.g. 154/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 12/06/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME aveva lavorato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE ed era stata addetta all’appalto di pulizia conferito da RAGIONE_SOCIALE. Era poi transitata alle dipendenze della nuova appaltatrice RAGIONE_SOCIALE
La lavoratrice, ai sensi degli artt. 4 CCNL multiservizi e 2112 c.c., chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Genova decreto ingiuntivo per la somma di euro
OGGETTO:
superminimo
–
cambio
appalto – conservazione –
condizioni – limiti
4.450,83 a titolo di superminimo percepito presso RAGIONE_SOCIALE ed invece non pagato dalla nuova datrice di lavoro.
2.- Avverso il provvedimento monitorio RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione, deducendo che trovava applicazione la disciplina del ‘cambio appalto’ e non erano dunque applicabili gli artt. 2112 c.c. e 4 CCNL Multiservizi.
3.Il Tribunale accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo. Quel giudice riteneva che si applicasse non l’art. 4, lett. a), CCNL, bensì l’art. 4, lett. b), CCNL, come dimostrato dagli accordi sindacali del 21 e del 24 novembre 2017, dai quali risultava l’esistenza di elementi di discontinuità nell’oggetto del nuovo contratto di appalto, che giustificavano la diversità di trattamento dei dipendenti assunti dalla nuova appaltatrice. Inoltre il Tribunale riteneva pacifico in fatto che alla lavoratrice non fosse stato conservato l’assetto della ‘squadra lavoro’, incarico in virtù del quale, invece, in precedenza trovava giustificazione il superminimo a lei erogato. In ogni caso affermava che l’art. 4, lett. a), CCNL prevede soltanto l’assunzione senza periodi di prova, ma nulla dice circa l’asserito diritto dei neoassunti al mantenimento delle medesime condizioni contrattuali in precedenza godute.
4.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dalla lavoratrice.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
va richiamata ai sensi dell’art. 118 disp.att.c.p.c. il proprio precedente n. 81/2021, con cui si è affermato che nel caso di specie nello stesso accordo sindacale del 24/11/2017 le parti collettive hanno trattato il cambio di appalto in oggetto come rient rante nella lettera b) dell’art. 4 CCNL, dando atto delle ‘incontrovertibili mutate caratteristiche tecnicheorganizzative dell’appalto’;
in ogni caso ai sensi dell’art. 4, lett. a), CCNL i lavoratori del precedente appaltatore hanno diritto ad essere assunti dal nuovo alle condizioni retributive previste dal CCNL, ma non anche a mantenere il trattamento di miglior favore goduto presso il precedente datore di lavoro;
ai sensi dell’art. 29 d.lgs. n. 276/2003, come novellato dall’art. 30 L. n. 122/2016, va verificato se il cambio appalto oggetto di causa possa
considerarsi un trasferimento d’azienda con conseguente disciplina ex art. 2112 c.c.;
ai fini della norma predetta come novellata gli elementi necessari per escludere il trasferimento d’azienda sono le qualità soggettive del soggetto subentrante (che deve avere una propria struttura organizzativa e produttiva) e l’oggettiva discontinuità im prenditoriale;
nel caso in esame il Tribunale ha accertato l’esistenza di tali elementi, e tale valutazione viene condivisa dal collegio, sicché il trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c. è da escludere;
infine infondata è la doglianza della lavoratrice circa il venir meno dell’incarico della ‘squadra lavoro’, atteso il legittimo ius variandi di cui è titolare il datore di lavoro ex art. 2103 c.c.;
la doglianza di tale trattamento deteriore in quanto dirigente sindacale è nuova in quanto non contenuta nel ricorso di primo grado e quindi è inammissibile.
5.- Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
6.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
7.- La ricorrente ha depositato memoria.
8.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.- Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione degli artt. 4, co. 6, 9 e 18 CCNL Multiservizi, 2099 e 2103 c.c. per avere la Cote territoriale ritenuto non previsto dal contratto collettivo il diritto alla conservazione del superminimo.
Il motivo è infondato.
Come ammette la stessa ricorrente (v. ricorso per cassazione , p. 28), l’art. 4, co. 6, CCNL prevede soltanto la garanzia dei neo assunti al trattamento economico di cui al medesimo CCNL, non pure il mantenimento del trattamento economico in precedenza goduto -ivi compreso il superminimo -alle dipendenze del precedente datore di lavoro.
L’art. 9, poi, disciplina non la vicenda del ‘cambio appalto’, bensì il rinnovo del contratto collettivo e quindi il passaggio dal precedente al nuovo CCNL e solo in tale prospettiva -in relazione a rapporti di lavoro già instaurati prima
del rinnovo del CCNL ed ancora in atto -garantisce il mantenimento delle eventuali condizioni contrattuali ed economiche ‘di miglior favore’ già in godimento. Dunque tale clausola è inapplicabile alla vicenda in esame, totalmente estranea al suo ambito applicativo: il precedente rapporto di lavoro si è risolto e quello alle dipendenze della nuova appaltatrice rappresenta un nuovo contratto di lavoro, ossia un’assunzione ex novo .
L’art. 18 CCNL nulla prevede in tal senso, limitandosi soltanto a definire la nozione di ‘retribuzione globale mensile’ rilevante ai fini degli istituti contrattual-collettivi.
Infine infondato è pure il richiamo agli artt. 2099 e 2103 c.c., evidentemente invocati come espressione del principio di irriducibilità della retribuzione. Infatti, da tempo questa Corte ha affermato che le indennità percepite delle mansioni originarie fanno parte della retribuzione irriducibile ove siano effettivamente e per loro natura causalmente collegate con la specifica qualità soggettiva (intesa come sintesi della professionalità posseduta dal lavoratore) delle mansioni precedenti, mentre restano, invece, estranee alla garanzia d’irriducibilità se erano compensative di particolari modalità della prestazione lavorativa e di fattori di maggiore gravosità della medesima, il cui venir meno comporta anche il venir meno della relativa remunerazione (Cass. n. 4573/1987; Cass. n. 4314/1988). Nel caso in esame i Giudici di merito hanno accertato che il superminimo -che la ricorrente pretende di conservare -era volto a compensare il suo ruolo nell’ambito dell’incarico ‘squadra lavoro’, esistente presso la precedente datrice di lavoro ma venuta meno -per oggettive ragioni organizzative -presso la nuova appaltatrice del servizio. Ne consegue che la decisione impugnata è conforme a diritto.
2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2112 c.c. e 29 d.lgs. n. 276/2003 per avere la Corte territoriale escluso la su ssistenza di un trasferimento d’azienda.
Il motivo è inammissibile, perché involge apprezzamenti di fatto circa la prova -ritenuta raggiunta -della discontinuità organizzativa fra la precedente e la nuova appaltatrice, riservati in via esclusiva al giudice di merito e quindi interdetti in sede di legittimità.
3.- Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2103
e 2099 c.c., 29, co. 3, d.lgs. n. 276/2003 e 22 L. n. 300/1970 per avere la Corte territoriale ritenuta legittima la sottrazione del superminimo in ragione del venir meno dello specifico incarico a suo tempo conferito alla Vultaggio.
Il motivo è a tratti infondato e a tratti inammissibile.
E’ infondato laddove non considera che lo stesso art. 2103 c.c. conferisce al datore di lavoro il potere unilaterale di variare le mansioni, sia pure entro certi limiti. E nei precedenti gradi di giudizio non si è mai discusso della legittimità di tale vicenda, men che meno di un demansionamento (v. ricorso per cassazione, p. 37), sicché la sua prospettazione si presenta ora del tutto nuova e quindi inammissibile.
Il motivo è infine inammissibile perché la ricorrente reitera ancora una volta la deduzione della violazione della carica di dirigente sindacale da lei ricoperto, senza confrontarsi con la specifica motivazione, con cui la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile tale deduzione perché già in quel grado nuova, in quanto non contenuta nel ricorso di primo grado.
4.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.800,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data