Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11773 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11773 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16213-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1452/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 15/12/2021 R.G.N. 819/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere Dott. NOMECOGNOME
Oggetto
Inquadramento superiore
Superminimo
R.G.N.16213/2022
COGNOME
Rep.
Ud.11/02/2025
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE il diritto del lavoratore in epigrafe all’inquadramento nel V livel lo CCNL Terziario sin dalla data di inizio della sua attività lavorativa in Amazon con prestazione in somministrazione, con successivo passaggio, decorsi 18 mesi, nel IV livello, con condanna al pagamento delle relative differenze retributive dal 1° marzo 2016;
in parziale riforma della sentenza impugnata, poi, la Corte ha accertato ‘l’illegittimità dell’assorbimento del superminimo di euro 50,01 al momento del passaggio dell’appellato dal V al IV livello’, condannando la società al pagamento di euro 1.925,39;
la Corte, in estrema sintesi, dopo aver esaminato la contrattazione collettiva applicabile, ha ritenuto la corrispondenza tra le mansioni in concreto espletate dal lavoratore e quelle del profilo professionale tipizzato di ‘addetto all’insieme delle opera zioni nei magazzini di smistamento, centri di distribuzione e/o depositi’, anche avuto riguardo ai requisiti di professionalità, presupponenti il possesso di ‘normali conoscenze e adeguate capacità tecnico -pratiche, comunque conseguite’ ed esorbitanti il ‘possesso di normali conoscenze e adeguate capacità tecnicopratiche’ previsto per l’inquadramento di VI livello attribuito dall’azienda, dovendosi escludere che le mansioni del lavoratore fossero ‘elementari, esecutive o meramente ripetitive’;
la Corte, poi, ha accolto l’appello incidentale del lavoratore argomentando come risultasse ‘dalla lettera di conferimento del superminimo l’implicita ma inequivoca (cfr. sentenza 962/2020 Corte Appello Milano)’;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la società soccombente con sei motivi; ha resistito con controricorso l’intimato, che ha anche depositato memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito;
1.1. il primo denuncia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 99 c.p.c., deducendo che l’COGNOME aveva richiesto la decorrenza del superiore inquadramento nel V livello sin dal luglio 2014, quando era lavoratore somministrato, e non dal 27.7.2015, come affermato in sentenza;
1.2. il secondo motivo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione degli articoli 2103 e 2697 Cod. Civ., 112, 115, 414 e 416 Cod. Proc. Civ e art. 113 del CCNL Terziario’ (art. 360, n. 3), Cod. Proc. Civ.)’; si contesta che i giudici abbiano riconosciuto il dir itto dell’COGNOME al V livello ‘senza alcuna indagine in merito al possesso delle conoscenze e capacità caratterizzanti i lavoratori di V livello’;
1.3. il terzo motivo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 113 del CCNL Terziario, artt. 1362, 1363, 1365, 2103 e 2697 Cod. Civ., artt. 112, 115 e 416 Cod. Proc. Civ.’ (art. 360, n. 3), Cod. Proc. Civ.)’; si critica la Corte territoriale per aver confermato la sentenza di primo grado sulla mera
considerazione dell’elevato grado di automazione e procedimentalizzazione richiesto dal datore di lavoro nella gestione del magazzino e si lamenta che in tal modo si è dato peso ad una caratteristica non delle mansioni svolte, bensì della generale organizzazione aziendale;
1.4. il quarto motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 113 del CCNL Terziario, artt. 1362, 1363, 1367, 1371, 2103 e 2697 Cod. Civ., artt. 112, 115 e 416 Cod. Proc. Civ.’ (art. 360, n. 3) Cod. Proc. Civ.); si sostiene che la dedotta insussistenza del diritto al V livello sin dal primo giorno di lavoro in Amazon determinerebbe automaticamente la riforma della statuizione sul passaggio al IV livello, decorsi 18 mesi;
1.5. il quinto motivo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 2099 e 2103 Cod. Civ. e 113 del CCNL Terziario’ (art. 360, n. 3) Cod. Proc. Civ.)’; si contesta la negazione dell’assorbi mento del superminimo operata dai giudici d’appello;
1.6. il sesto, subordinatamente al precedente, denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1365, 1367 e 1371 Cod. Civ. e 203 del CCNL Terziario (testo previgente)’ (art. 360, n. 3) Cod. Proc. Civ.)’; si deduce che ‘dal tenore degli accordi intercorsi e dal comportamento delle parti’ emergeva che ‘il superminimo in esame era assorbibile anche in caso di aumento dei minimi dovuto all’assegnazione del superiore livello di inquadramento’; la Corte territoriale, poi, avrebbe omesso di conside rare che l’assorbimento del superminimo nei miglioramenti retributivi è un principio generale, sicché occorre una specifica previsione delle parti per escluderne l’operatività e non per consentirla;
il ricorso non può trovare accoglimento;
2.1. il primo motivo è inammissibile;
la Corte territoriale ha confermato superiore inquadramento e decorrenze già dichiarate in primo grado; ove fosse stato violato il canone della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, la società ricorrente avrebbe dovuto specificamente indicare come la statuizione di primo grado era stata impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., mentre chi ricorre si limita a contestare un’affermazione contenuta nella sentenza impugnata che non assume alcuna valenza di ratio decidendi della medesima;
2.2. il secondo, il terzo e il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente in quanto criticano diffusamente e sotto vari profili la sentenza impugnata per avere riconosciuto al lavoratore il superiore inquadramento rivendicato;
le doglianze sono in parte inammissibili e in parte infondate;
2.2.1. inammissibili in quanto -come già ritenuto per analogo ricorso (cfr. Cass. n. 24350 del 2022) – la formulazione dei motivi contiene promiscuamente la contemporanea deduzione di violazione di plurime disposizioni di legge, sostanziale e processuale, oltre che di contratto collettivo, senza adeguata indicazione di quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile ai singoli vizi che devono essere riconducibili ad uno di quelli tipicamente indicati dal comma 1 dell’art. 360 c.p.c., così non consentendo a questo Collegio una corretta identificazione del devolutum e dando luogo, invece, all’impossibile convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, ‘di censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità’ (Cass. SS.UU. n. 26242 del 2014; cfr. anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013; conf. Cass. n. 14317 del 2016; tra le più recenti: Cass. n. 3141 del 2019, Cass. n. 13657 del 2019; Cass. n. 18558 del 2019; Cass. n. 18560 del 2019; Cass. n. 36881 del 2021);
2.2.2. inoltre, in riferimento al secondo motivo, non vi può essere dubbio che il valutare se, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto, lo svolgimento in fatto di certe mansioni da parte di un lavoratore abbia contenuti di professionalità tali da richiedere il possesso di ‘normali conoscenze e adeguate capacità tecnicopratiche’ piuttosto che il ‘possesso di semplici conoscenze pratiche’ è quaestio facti che involge apprezzamenti di merito che non possono essere devoluti a questa Corte, pretendendo un sindacato che esorbita dai limiti del giudizio di legittimità;
quanto al terzo motivo, l’elevato grado di automazione e procedimentalizzazione è stato evidenziato dalla Corte territoriale per giustificare il proprio convincimento circa il grado di conoscenze e di capacità richieste a ciascun lavoratore per partecipare a quel sistema organizzativo aziendale e tanto è sufficiente a fondare il riconosciuto diritto all’inquadramento nel V livello secondo una valutazione che è di merito;
il quarto motivo non è evidentemente accoglibile in conseguenza dell’infondatezza di quelli che precedono: una volta riconosciuto il diritto all’esatto inquadramento nel V livello e quindi al trattamento economico e normativo proprio del V livello ab origine , ne deriva come conseguenza necessaria e inevitabile la maturazione del diritto all’inquadramento nel IV livello in un momento anteriore rispetto a quello riconosciuto dalla datrice di lavoro, posto che l’unica condizione prevista dal CCNL è rappresentata dal trascorrere di un determinato periodo temporale;
2.3. gli ultimi due motivi vanno scrutinati congiuntamente perché riguardano l’esclusione dell’assorbimento del superminimo dichiarata dalla Corte territoriale;
2.3.1. opportuno premettere in diritto che il cosiddetto superminimo, ossia l’eccedenza retributiva rispetto ai minimi tabellari, individualmente pattuito tra datore di lavoro e lavoratore, è soggetto al principio dell’assorbimento, nel senso che, in caso di riconoscimento del diritto del lavoratore a superiore qualifica, l’emolumento è assorbito dai miglioramenti retributivi previsti per la qualifica superiore, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente o la contrattazione collettiva abbia altrimenti disposto, restando a carico del lavoratore l’onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superminimo, escludendone l’assorbimento (Cass. n. 20617 del 2018; Cass. n. 19750 del 2008; Cass. n. 12788 del 2004; Cass. n. 8498 del 1999);
l’indagine probatoria sulla sussistenza di dette pattuizioni e quella ermeneutica sulla loro effettiva portata derogatoria alla regola generale dell’assorbimento sono riservate al giudice del merito (in termini, Cass. n. 2984 del 1998, che in motivazione richiama Cass. n. 1347 del 1984; più di recente Cass. n. 10779 del 2020, Cass. n. 15967 del 2020, Cass. n. 10561 del 2021); proprio in ossequio al generale principio per cui ogni interpretazione di atti negoziali è riservata all’esclusiva competenza del giudice che ne ha il dominio (cfr. Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006), con una operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto, soggetto quindi, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato ( ex plurimis , Cass. n. 4851 del 2009; Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003), sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia del vizio di motivazione esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata
l’anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000);
2.3.2. ciò premesso, le censure proposte dai motivi in esame risultano inammissibili in quanto volte a criticare una interpretazione della volontà negoziale in ordine alla sussistenza di pattuizioni che derogassero alla regola generale dell’assorbimento, mediant e un’esegesi meramente contrappositiva rispetto a quella fatta propria dalla sentenza impugnata;
la Corte territoriale, facendo espresso riferimento a propri precedenti, ha ritenuto che le previsioni contenute nella lettera di conferimento del superminimo, sostanzialmente replicanti quelle presenti nella lettera di assunzione, col limitare l’assorbimento del superminimo ai soli aumenti dei minimi tabellari riferiti ad eventuali futuri aumenti degli stessi minimi, escludessero l’assorbimento retributivo discendente invece dall’aumento derivante da un superiore inquadramento professionale;
trattasi di un’interpretazione di cui non viene dimostrata l’implausibilità e che appare rispettosa dei criteri ermeneutici invocati dalla stessa ricorrente, avendo i giudici d’appello evidentemente considerato che la previsione specifica di un’ipotesi di assorbimento significasse esclusione di ogni altra ipotesi;
è stata cioè interpretata restrittivamente la previsione secondo cui il superminimo sarebbe assorbibile soltanto nell’eventuale futuro aumento dei minimi tabellari introdotto da disposizioni di legge o dal CCNL, mentre la progressione economica dovuta al passaggio automatico, dopo 18 mesi, dal V al IV livello, non configurava ipotesi di mero aumento dei minimi ma era dovuta ad una diversa dinamica salariale legata all’esercizio delle mansioni ed all’anzianità di servizio;
l’esegesi appare anche conforme al criterio finale di conservazione del contratto, mentre la tesi sostenuta dalla ricorrente renderebbe pleonastica la speciale regolamentazione stabilita dalle parti, finendo per contraddire il principio stabilito dall’art. 1367 c.c. secondo cui nel dubbio le clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno;
pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 3.000,00, oltre euro 200,00 per
esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese forfettario nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale dell’11 febbraio