Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12497 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12497 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
Oggetto:
Impiego
pubblico
–
addetti
alla
vigilanza
–
straordinario
–
banca
ore
–
autorizzazione
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso 16527 -2023 proposto da:
MINISTERO DELLA CULTURA, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA INDIRIZZO
-ricorrenti –
SCANDONE IMMACOLATA;
avverso la sentenza n. 166/2024 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/02/2024 R.G.N. 1594/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME dipendente del Ministero della Cultura con mansioni di addetta ai servizi di vigilanza, posizione economica Area II, livello retributivo F4, in servizio presso la sede del Museo Palazzo Reale di Caserta, adiva il Tribunale per ottenere la condanna del Ministero al pagamento del lavoro straordinario svolto e accumulato dal 2014 al 2017 per complessivi euro 9.647,13.
Si costituiva il Ministero chiedendo il rigetto dell’avversa domanda sul presupposto che lo straordinario non era stato previamente autorizzato.
Il Tribunale accoglieva il ricorso, rilevando che l’autorizzazione allo straordinario poteva ricavarsi dall’ordine di servizio n. 18 del 17 giugno 2014 il quale, lungi dall’avere carattere generale e meramente ricognitivo di precedenti ordini di servizio, qualificava il ‘turno di sottoguardia’ come ‘ servizio essenziale, che si pone come premessa indispensabile per il corretto svolgimento delle mansioni espletate ‘ ed evidenziando che tali essenzialità ed indispensabilità non lasciavano spazio a dubbi in ordine alla possibilità di qualificare tale ordine come una autorizzazione implicita.
Proponeva appello il Ministero, censurando la sentenza di primo grado per aver erroneamente individuato la disciplina applicabile al caso di specie, sovrapponendo la normativa pattizia riguardante le ore di lavoro eccedentarie l’orario normale (da inquadrare nella figura straordinario retribuito, se preventivamente autorizzato) con quella del
tutto diversa relativa al lavoro svolto in giorni festivi e per aver erroneamente attribuito all’ordine di servizio il carattere di atto autorizzatorio.
Si costituiva NOME COGNOME chiedendo la reiezione del gravame.
La Corte d’appello di Napoli accoglieva parzialmente l’appello, respingendo la domanda di primo grado di pagamento delle ore di lavoro straordinario corrispondenti ai giorni di lavoro festivo e condannando l’amministrazione al pagamento delle sole ore eccedenti.
Quanto a queste ultime, condivideva le considerazioni del Tribunale circa il valore da attribuire all’ordine di servizio n. 18 del 17 giugno 2014.
Riteneva che la programmazione oraria disposta dal datore di lavoro, che in sé eccedeva l’orario contrattuale e che il lavoratore era tenuto ad osservare, fosse situazione equivalente alla disposizione espressa dello straordinario e che conseguentemente andasse regolarmente compensato.
Richiamava Cass. n. 15364 del 31 maggio 2023 secondo cui per autorizzazione si intende il fatto che le prestazioni siano state svolte non insciente o prohibente domino.
Aggiungeva che era contrario ai doveri di correttezza e buona fede che lo straordinario fosse inserito nei turni obbligatoriamente da osservare per poi strumentalmente contrapporre la mancanza di autorizzazione.
Riteneva, pertanto, dovuta alla dipendente la (minor) somma di euro 5.028,93 per lo straordinario pari a 368,42 ore.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero.
NOME COGNOME non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il Ministero denuncia, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2108 e 2126 cod.
civ., nonché degli artt. 27 del CCNL integrativo 1998/2001 del Comparto Ministeri, dell’art. 73 del CCNL Ministeri 2006/2009, dell’art. 44 del CCIM del 22 dicembre 2006 rubricato ‘Banca delle ore’, nonché, infine, dell’art. 43 del CCNI del 2009 per il personale MIBACT. Violazione e falsa applicazione altresì dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
Ad avviso di parte ricorrente, la Corte d’appello ha violato e falsamente applicato le norme contrattual -collettivistiche che disciplinano il lavoro straordinario nel pubblico impiego, nonché quelle sulla prova del diritto controverso fatto valere, andando a ritenere come le relative prestazioni possano essere considerate autorizzate (che è la condizione sine qua non per l’insorgenza del diritto alla retribuzione) anche con un semplice ordine di servizio di carattere generale, indice della mera potestà organizzativa del datore di lavoro pubblico privatizzato.
Il motivo è infondato.
2.1. Esso innanzitutto non intercetta il decisum là dove il Giudice di appello, lungi dal far riferimento ad un ordine di servizio di carattere generale, ha ritenuto sussistente un’autorizzazione implicita per essere le ore di straordinario inserite nei turni obbligatoriamente da eseguire. In particolare, come evidenziato nello storico di lite, la Corte partenopea ha condiviso la ricostruzione fattuale del Tribunale secondo cui nell’ordine di servizio in questione il ‘turno di sottoguardia’ era qualificato come ‘ servizio essenziale, che si pone come premessa indispensabile per il corretto svolgimento delle mansioni espletate ‘ ed evidenziato che tale ‘turno di sottoguardia’ prevedeva un orario di 8 ore, con una eccedenza di 2 ore e 30 minuti in occasione di ogni turno.
2.2. Il motivo è, poi, inammissibile nella parte in cui il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. senza, però, censurare l’erronea applicazione da parte del giudice di merito della regola di giudizio fondata sull’onere della prova e dunque per
avere attribuito l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata, il rilievo si colloca al di fuori del novero di quelli spendibili ex art. 360, comma 1, cod. proc. civ. perché, nonostante il richiamo normativo in esso contenuto, sostanzialmente sollecita una rivisitazione nel merito della vicenda (non consentita in sede di legittimità) affinché si fornisca un diverso apprezzamento delle prove (Cass., Sez. un., 10 giugno 2016, n. 11892).
2.3. Quanto alle ulteriori doglianze, va ricordato che la dedotta violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto nel caso in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (v. ex aliis Cass., Sez. U, 5 agosto 2016, n. 16598; Cass. 10 giugno 2016, n. 11892; Cass. 27 dicembre 2016, n. 27000; Cass. 31 agosto 2020, n. 18092), e che la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è configurabile solo allorché il giudice apprezzi liberamente una prova legale, oppure si ritenga vincolato da una prova liberamente apprezzabile (Cass., Sez. U, n. 11892/2016 cit.; Cass. 19 giugno 2014, n. 13960; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965), situazioni queste non sussistenti nel caso in esame.
2.4. Per il resto la decisione è conforme al principio da questa Corte già affermato secondo il quale nel settore del pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per il lavoro straordinario, spetta al lavoratore, che abbia posto in essere una prestazione rientrante nel normale rapporto di lavoro, in presenza di autorizzazione datoriale. Tale autorizzazione, però, può essere anche implicita e, soprattutto, è sufficiente che la prestazione integrante lavoro straordinario sia resa non insciente o prohibente domino o, comunque, in modo coerente con la volontà del datore o del soggetto preposto.
Nella specie, la Corte territoriale, in corretta applicazione degli indicati principi, ha desunto l’esistenza di una autorizzazione implicita dall’ordine di servizio n. 18 del 17 giugno 2014 da cui si ricavavano precisamente gli orari che la lavoratrice era tenuta ad osservare: l’orario del turno normale (Primo turno e Secondo Turno) era di 5 ore e 50 minuti (ossia 7:45 – 14:05 e tolleranza di 30 minuti; 13:30 – 19:50 e tolleranza di 30 minuti); invece, per il ‘turno di sottoguardia’ l’ordine di servizio prevedeva un orario di 8 ore (7:00 – 15:00/15:00/19:50 -19:30/7:30), quindi con 2 ore e 10 minuti in eccedenza in occasione di ogni turno.
Ha, poi, aggiunto, con argomentazione non oggetto di censura da parte del ricorrente, che è contrario ai canoni di correttezza e buona fede, che devono assistere il rapporto di lavoro, che lo straordinario venga inserito nei turni, obbligatoriamente da seguire, per poi strumentalmente contrapporre la mancata autorizzazione.
Va, dunque, ribadito che, pur in mancanza del presupposto dell’autorizzazione esplicita, l’attività lavorativa oltre il debito orario comporta il diritto al compenso per lavoro straordinario nella misura prevista dalla contrattazione collettiva, purché sussista il consenso datoriale che, comunque espresso, è il solo elemento che condiziona l’applicabilità dell’art. 2126 cod. civ., in relazione all’art. 2108 cod. civ., a nulla rilevando il superamento dei limiti e delle regole riguardanti la spesa pubblica, che determina, però, la responsabilità dei funzionari verso la pubblica amministrazione (Cass., Sez. L, n. 18063 del 23 giugno 2023).
Ciò è confermato dalla giurisprudenza per la quale, in tema di pubblico impiego privatizzato, il disposto dell’art. 2126 cod. civ. non si pone in contrasto con le previsioni della contrattazione collettiva che prevedono autorizzazioni o con le regole normative sui vincoli di spesa, ma è integrativo di esse nel senso che, quando una prestazione, come quella di lavoro straordinario, è stata svolta in modo coerente con la
volontà del datore di lavoro o comunque di chi abbia il potere di conformare la stessa, essa va remunerata a prescindere dalla validità della richiesta o dal rispetto delle regole sulla spesa pubblica, dovendosi dare la prevalenza alla necessità di attribuire il corrispettivo al dipendente, in linea con il disposto dell’art. 36 Cost. (Cass., Sez. L, n. 17912 del 28 giugno 2024; Cass., Sez. L. n. 4985 del 26 febbraio 2025).
2.5. Quanto, poi, alla dedotta violazione del contratto collettivo nazionale di lavoro integrativo del personale del comparto Ministeri sottoscritto in data 16 febbraio 1999 -in G.U. Serie Generale n. 142 del 21 -06 -2001 -Suppl. Ordinario n. 158 -(art. 27), infondatamente sostiene il ricorrente che il semplice inserimento di tali ore eccedenti nella prevista banca ore non sia sufficiente ai fini dell’inquadramento come straordinario, richiedendosi l’espressa autorizzazione del dirigente sulla base delle esigenze organizzative e di servizio.
Le ore accantonate in banca ore possono essere utilizzate sotto forma di riposo compensativo, nel rispetto delle esigenze tecniche, amministrative e di servizio del datore di lavoro ma possono essere anche retribuite come lavoro straordinario, ove autorizzate.
Ed allora vale quanto già sopra evidenziato con riferimento alla possibilità di una autorizzazione implicita.
2.6. Quanto, infine, ai rilievi basati sulla contrattazione integrativa del Ministero della Cultura (già Ministero dei beni e delle attività culturali e del Turismo) se ne valuta l’inammissibilità sia perché gli stessi sono formulati senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., sia perché non indicano i criteri di ermeneutica contrattuale che la Corte territoriale avrebbe violato.
I contratti integrativi attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, e per essi non
è previsto, a differenza dei contratti collettivi nazionali, il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001.
In relazione a detti contratti, pertanto, valgono gli oneri sopra indicati, sicché il ricorrente è tenuto al deposito degli stessi, a fornire precise indicazioni sulle modalità e sui tempi della produzione nel giudizio di merito, a trascrivere nel ricorso le clausole che si assumono erroneamente interpretate dalle Corte territoriale (si rimanda, fra le tante, a Cass. nn. 7981, 7216, 6038, 20872, 2709, 95 del 2018).
Da tanto consegue che il ricorso deve essere rigettato.
Nulla va disposto per le spese processuali non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
N on occorre dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali di cui all’art. 13, comma 1, quater d.P .R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro