Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9531 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9531 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23326-2019 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME -CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA PER GLI INGEGNERI ED ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1712/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 07/02/2019 R.G.N. 798/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
13/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
PENSIONE DI VECCHIAIA
R.G.N. 23326/2019
Ud. 13/02/2025 CC
Rilevato che
NOME COGNOME adiva il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, e conveniva in giudizio l’Inarcassa chiedendo accertarsi il proprio diritto alla pensione di vecchiaia di cui al combinato disposto degli artt. 25 e 42 dello Statuto Inarcassa ratione temporis applicabile calcolata secondo il metodo reddituale di cui alla suddetta normativa, con decorrenza dal mese di febbraio 2010 e la condanna dell’Inarcassa alla corresponsione del relativo trattamento pensionistico di vecchiaia e al pagamento della differenza tra quanto avrebbe percepito a titolo di pensione di vecchiaia e quanto percepito a titolo di pensione contributiva. L’Inarcassa si costituiva in giudizio contestando la domanda e chiedendone il rigetto. Il Tribunale di Milano rigettava la domanda.
Avverso la sentenza di primo grado COGNOME Giuseppe proponeva appello. L’Inarcassa si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Corte di Appello di Milano, sezione lavoro, con la sentenza n. 1712/2018 depositata in data 07/02/2019 r igettava l’impugnazione.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, con un unico motivo, COGNOME. L’Inarcassa si è costituita con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Il ricorrente ha depositato memoria ex ar.t 380-bis.1 cod. proc. civ..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 13/02/2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 dello Statuto Inarcassa ratione temporis applicabile in vigore sino al 31/12/2012 in combinato disposto con il d.lgs. n. 509/1994 (che ha conferito autonomia
normativa agli enti previdenziali privatizzati). Violazione della legge n. 179/1958. Violazione del d.P.R. n. 521/1961. Violazione della legge n. 1046/1971. Violazione del d.P.R. n. 310/1975. Violazione della legge n. 6/1989. Violazione dell’art. 3, comma 12, legge 335/1995. Violazione dell’art. 12 preleggi. Violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. (insufficienza e irragionevolezza della motivazione) tutti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Si censura l’impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondata la pretesa del ricorrente al calcolo della pensione secondo il metodo reddituale di cui alla suddetta normativa, con decorrenza dal mese di febbraio 2010.
Va premesso che il motivo di ricorso censura in via diretta l’interpretazione offerta dalla Corte territoriale dell’art. 42 dello Statuto Inarcassa, in combinato disposto con l’art. 25 del medesimo Statuto, risolvendosi i richiami contenuti nel ricorso a diverse disposizioni, di carattere normativo, in riferimenti a disposizioni che il ricorso stesso qualifica come previgenti e non direttamente invocate per regolare la fattispecie.
Per questa via si indica a parametro normativo violato una disposizione regolamentare della Cassa e si critica la sentenza perché ne avrebbe dato una interpretazione, secondo i canoni di interpretazione fissati dalle disposizioni preliminari al codice civile, contra legem .
3.1. Orbene l’interpretazione che la Corte di merito ha dato dello Statuto recante la disciplina della prestazione previdenziale invocata non è stata idoneamente impugnata trattandosi di normativa che non ha valore regolamentare in senso proprio (cioè ex art. 1, n. 2, prel. c.c.), bensì natura negoziale, indipendentemente dalla successiva approvazione con decreto ministeriale.
3.2. Questa Corte, esprimendo un orientamento legato in via specifica al regolamento RAGIONE_SOCIALE ed al quale si intende dare continuità, ha affermato (con la pronuncia Cass. 11/10/2022, n. 29533) che «rispetto a tale interpretazione il sindacato di legittimità è limitato all’evenienza in cui venga dedotta una qualche violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. c.c. (così, da ult., Cass. n.31000/2019); in particolare, questa Corte di cassazione ha già affermato che (Cass. n. 10866/2020; 27541 del 2020) in conseguenza dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 509/1994, recante attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, I. n. 537/1993, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza (tra i quali la Cassa ricorrente), e della connessa delegificazione della disciplina relativa sia al rapporto contributivo, che tali enti intrattengono con i loro iscritti, sia al rapporto previdenziale, che concerne le prestazioni che essi sono tenuti a corrispondere ai beneficiari, la determinazione della relativa disciplina è stata affidata dalla legge all’autonomia regolamentare degli enti, i quali, nel rispetto dei vincoli costituzionali ed entro i limiti delle loro attribuzioni, possono dettare disposizioni anche in deroga a disposizioni di legge precedenti (così, in particolare, Cass. n.24202 del 2009 e, più recentemente, Cass. n. 5287 del 2018); similmente agli atti emanati da soggetti di riferimento di categorie professionali ( ad es. i codici deontologici predisposti dagli Ordini professionali) anche le normative regolamentari delle Casse di previdenza professionali, se non recepite direttamente da una norma di legge, non hanno né la natura né le caratteristiche di norme di legge, come tali assoggettabili al criterio interpretativo di cui all’art. 12 delle preleggi, ma sono espressione dei poteri di autorganizzazione degli enti medesimi ( in tal senso proprio, vd.
già Cass. n. 6762 del 1982 in 3 r.g. n. 16848/2016 considerazione della natura delle casse di mutualità e fondi previdenziali); alla stregua di quanto ora detto, quindi, le suddette disposizioni vanno interpretate nel rispetto dei canoni ermeneutici fissati dagli artt. 1363 c.c. e segg., sicché è denunziabile in Cassazione ex art. 360 c.p.c., primo comma n. 3 ) la violazione o falsa applicazione dei suddetti canoni – con la specifica indicazione di quelli tra essi in concreto disattesi – oltre che il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 non riscontrabile allorquando – come nel caso di specie – si intenda far prevalere sulla coerente interpretazione seguita nel giudizio di merito una diversa opzione ermeneutica patrocinata dalla parte ricorrente». Nel medesimo senso si è espressa anche Cass. 28/02/2022, n. 6505.
Il ricorso deve, in definitiva, essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila) per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi e agli accessori come per legge;
dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta