Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20577 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20577 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 15555/2019 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata in Roma, presso la Cancelleria RAGIONE_SOCIALEa Corte Suprema di Cassazione;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale RAGIONE_SOCIALEo Stato e domiciliati in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO DI VENEZIA n. 491/2018, pubblicata il 15 novembre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME ha dedotto di avere stipulato vari contratti a termine con l’Amministrazione scolastica e ha chiesto di accertare e dichiarare l’illegittimità del termine apposto ai detti contratti, onde ottenere la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e la condanna RAGIONE_SOCIALEa P.A. a risarcire i danni.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALEe parti, con sentenza n. 41/2012, ha rigettato il ricorso.
NOME COGNOME ha proposto appello che la Corte d’appello di Venezia, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALEe parti, con sentenza n. 491/2018, ha accolto in parte, accertando il diritto RAGIONE_SOCIALEa lavoratrice al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘anzianità maturata in tutti i servizi non di ruolo prestati e condannando il RAGIONE_SOCIALE a collocarla al livello stipendiale spettante e a pagare le differenze retributive.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
La RAGIONE_SOCIALEA. si è difesa con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del considerando 16 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 RAGIONE_SOCIALEe direttiva 1999/70/CE, del preambolo (commi 2, 3 e 4 dei punti 6, 7 e 10 RAGIONE_SOCIALEe considerazioni generali, RAGIONE_SOCIALEa clausola 1, lett. b, RAGIONE_SOCIALEa clausola 2, punto 1) , RAGIONE_SOCIALEa clausola 5, punto 1, RAGIONE_SOCIALE‘Accordo Quadro CES-RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, recepito e allegato alla direttiva comunitaria 1999/70/CE, del d.lgs. n. 368 del 2001, artt. 1, 4 e 5, commi 4 e 4 bis, 10 e 11, anche in combinato disposto con l’art. 4 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 124 del 1999.
Ella contesta che la corte territoriale abbia ritenuto di non sanzionare il ricorso abusivo ai contratti a termine, disponendo il risarcimento del danno comunitario
in suo favore, nonostante la sua regolarizzazione fosse avvenuta in seguito a procedura selettiva (per titoli, essendo inclusa in GAE).
Afferma, quindi, che sarebbe stata non correttamente applicata la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa S.C., in quanto il risarcimento in questione avrebbe potuto essere escluso in presenza RAGIONE_SOCIALEa stabilizzazione disposta ai sensi RAGIONE_SOCIALEa legge n. 107 del 2015, ma non nel suo caso, atteso che era stata immessa in ruolo in seguito a concorso pubblico per titoli ed esami (incidentalmente previsto dalla legge da ultima citata).
La doglianza è inammissibile.
Indubbiamente, la RAGIONE_SOCIALE ha affermato che, in tema di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine, la successiva immissione in ruolo del lavoratore costituisce misura sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli RAGIONE_SOCIALE‘illecito a condizione che avvenga nei ruoli RAGIONE_SOCIALE‘ente che ha commesso l’abuso e che si ponga con esso in rapporto di diretta derivazione causale, non essendo sufficiente che l’assunzione sia stata semplicemente agevolata dalla successione dei contratti a termine, ma occorrendo che sia stata dalla medesima determinata, costituendo l’esito di misure specificamente volte a superare il precariato, che offrano già ex ante una ragionevole certezza di stabilizzazione, sia pure attraverso blande procedure selettive; ne consegue che – anche alla luce di Corte giust. U.E. 19 marzo 2020, C-103/18 e C-429/18 – non possiede tali caratteristiche una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine, atteso che in caso di concorsi riservati l’abuso opera come mero antecedente remoto RAGIONE_SOCIALE‘assunzione e il fatto di averlo subito offre al dipendente precario una semplice chance di assunzione, come tale priva di valenza riparatoria (Cass., Sez. L, n. 14815 del 27 maggio 2021).
Nella specie, però, la corte territoriale ha affermato che la ricorrente era stata stabilizzata o tramite pregressi strumenti selettivi e concorsuali o ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 107 del 2015.
Dal canto suo, la dipendente si è limitata ad affermare, in maniera del tutto generica, di essere stata immessa in ruolo solo a seguito di concorso per titoli ed esami (incidentalmente previsto dalla legge n. 107 del 2015).
La sua contestazione è, quindi, generica.
2) Con il secondo motivo la ricorrente chiede di adire la CGUE in ordine alla contrarietà del trattamento previsto nel nostro ordinamento per i contratti di lavoro a tempo determinato nel comparto scuola per violazione RAGIONE_SOCIALEa clausola 5 punti 1 e 2, RAGIONE_SOCIALE‘acco rdo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE, RAGIONE_SOCIALEa clausola 4 RAGIONE_SOCIALEo stesso accordo quadro e del principio di eguaglianza e non discriminazione.
In particolare, osserva che la Corte d’appello di Trento avrebbe rimesso questione simile alla CGUE con ordinanza 13 luglio 2017.
La richiesta non merita accoglimento.
Infatti, la Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE‘UE con la sentenza RAGIONE_SOCIALE‘8 maggio 2019, Causa C494/17, COGNOME ha statuito che ‘La clausola 5, punto 1, RAGIONE_SOCIALE‘accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE d el Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che, così come applicata dagli organi giurisdizionali supremi, esclude – per docenti del settore pubblico che hanno beneficiato RAGIONE_SOCIALEa trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un effetto retroattivo limitato – qualsiasi diritto al risarcimento pecuniario in ragione RAGIONE_SOCIALE‘utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, allorché una siffatta trasformazione non è né incerta, né imprevedibile, né aleatoria e la limitazione del riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘anzianità maturata in forza RAGIONE_SOCIALEa su ddetta successione di contratti di lavoro a tempo determinato costituisce una misura proporzionata per sanzionare tale abuso, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare”.
La Corte di Lussemburgo, richiamando in più punti la propria giurisprudenza, ha evidenziato (p. 30) che nella sentenza COGNOME era stato affermato che la normativa nazionale anteriore alla legge 13 luglio 2015 n. 107 non conteneva alcuna sanzione di carattere sufficientemente energico e dissuasivo idoneo a garantire la piena efficacia RAGIONE_SOCIALEe norme adottate in applicazione RAGIONE_SOCIALE‘accordo
quadro e che ‘l’unica possibilità per i docenti di cui trattavasi in quella causa di ottenere la trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dipendeva dalla loro immissione in ruolo, ottenuta in ragione del loro avanzamento nella graduatoria permanente e, pertanto, da circostanze che dovevano essere ritenute aleatorie e imprevedibili, essendo determinate RAGIONE_SOCIALEa durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonché dei posti che erano nel frattempo divenuti vacanti”, precisando (p. 31). Ha precisato, inoltre, che le considerazioni contenute nella sentenza COGNOME erano fondate sul fatto che il termine di immissione in ruolo dei docenti ‘era tanto variabile quanto incerto’.
Peraltro, la Corte di giustizia UE ha sottolineato la diversità del quadro normativo che connotava la fattispecie sottoposta al suo esame dalla Corte di Appello di Trento, da cogliere nel fatto che ‘il legislatore nazionale, al fine di garantire la transizione verso un nuovo sistema comportante misure destinate a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, ha adottato un piano straordinario di assunzioni che prevede la trasformazione, nel corso RAGIONE_SOCIALE‘anno RAGIONE_SOCIALE 2015/2016, di tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato con docenti «precari», attraverso il progressivo e definitivo esaurimento RAGIONE_SOCIALEe graduatorie e degli elenchi dai quali l’amministrazione attingeva per l’assunzione di docenti a tempo determinato’ e nella circostanza, rappresentata dal Governo italiano (p. 33), che ‘proseguivano, in parallelo, e fino al loro esaurimento, i procedimenti di immissione in ruolo in corso per i docenti che si trovavano già inseriti in cima alle graduatorie’.
In base a ciò, la Corte di giustizia UE ha ritenuto che (p. 34) ‘sembra quindi, ferme restando le verifiche incombenti al giudice del rinvio, che le assunzioni straordinarie e i procedimenti ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘articolo 399 del decreto legislativo n. 297/1994, c ome quello che ha portato all’immissione in ruolo del sig. COGNOME, riguardano la stessa categoria di personale docente, e che, pertanto, il rapporto di lavoro a tempo determinato del sig. COGNOME doveva essere oggetto di trasformazione al più tardi alla f ine RAGIONE_SOCIALE‘anno RAGIONE_SOCIALE 2015/2016 o sulla base RAGIONE_SOCIALEa conclusione di un procedimento di immissione in ruolo già in corso, oppure in forza del piano straordinario di assunzioni’ e ha ritenuto (punto 35) che
‘Questa circostanza, a ritenerla appurata, consente di affermare che la situazione del sig. COGNOME si colloca, a motivo RAGIONE_SOCIALEa riforma istituita dalla legge n. 107/2015, in un contesto notevolmente diverso, da un punto di vista di fatto e di diritto, rispetto a quello oggetto RAGIONE_SOCIALEa sentenza del 26 novembre 2014, COGNOME e a. (C22/13, da C-61/13 a C63/13 e C418/13, EU:C:2014:2401)’.
Infatti (p. 36), ‘contrariamente alla situazione dei docenti di cui trattavasi nella causa decisa con la suddetta sentenza la trasformazione del rapporto di lavoro non era incerta e non aveva carattere imprevedibile e aleatorio, dato che era stata resa obb ligatoria dalla legge n. 107/2015’.
Indubbiamente la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘8 maggio 2019 ha esaminato l’ordinamento giuridico italiano con specifico riferimento alle disposizioni RAGIONE_SOCIALEa legge n. 107 del 2015 relative al piano straordinario di assunzioni previsto per il personale docente precario.
In ogni caso, i principi da essa espressi hanno una valenza generale e consentono di affermare che quest’ultima sentenza ha escluso che, per il solo fatto RAGIONE_SOCIALEa illegittima reiterazione dei contrati a tempo determinato, spetti necessariamente, all’interess ato che sia stato assunto a tempo indeterminato dalla RAGIONE_SOCIALE, un risarcimento del danno, dovendosi ritenere che l’intervenuta regolarizzazione rappresenti già, in linea di principio, una misura adeguata.
La Corte di giustizia UE, con riguardo all’assenza di risarcimento nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro, ha rammentato (p. 38) che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nella scelta RAGIONE_SOCIALEe misure atte a realizzare g li obiettivi RAGIONE_SOCIALEa loro politica sociale e che (p. 39) ‘come emerge dalla clausola 5, punto 2, RAGIONE_SOCIALE‘accordo quadro, gli Stati membri hanno la facoltà, nell’ambito RAGIONE_SOCIALEe misure volte a prevenire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, di trasformare i rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, dato che la stabilità RAGIONE_SOCIALE‘impiego derivante da questi ultimi costituisce l’elemento portante RAGIONE_SOCIALEa tutela dei lavoratori’.
Soprattutto, ha ricordato (p. 40) che ‘una normativa recante una norma imperativa ai sensi RAGIONE_SOCIALEa quale, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, questi ultimi sono trasformati in un rapporto di lavoro a
tempo indeterminato, è tale da costituire una misura che sanziona in modo efficace un abuso di questo tipo e, quindi, da soddisfare i criteri ricordati ai punti 27 e 28 RAGIONE_SOCIALEa presente sentenza’ e ha ribadito (p. 41) che ‘La giurisprudenza non richiede, tut tavia, un cumulo di misure’, cosicché (p. 42) ‘né il principio del risarcimento integrale del danno subito né il principio di proporzionalità impongono il versamento di danni punitivi’, in quanto (p. 43) ‘tali principi impongono agli Stati membri di preved ere un’adeguata riparazione, che deve andare oltre il risarcimento puramente simbolico, senza tuttavia oltrepassare la compensazione integrale’.
Con riguardo alla doglianza relativa alla disparità di trattamento rispetto ai lavoratori che hanno ottenuto una condanna del loro datore di lavoro a causa del ricorso abusivo a contratti a tempo determinato prima RAGIONE_SOCIALE‘entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge n. 107 del 2015 e che avrebbero potuto, in forza RAGIONE_SOCIALEa normativa anteriore, cumulare un risarcimento e il beneficio di un’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la Corte di giustizia UE ha osservato (p. 44) che ‘la disparità di trattamento tra due categorie di lavoratori a tempo determinato risultante da una riforma RAGIONE_SOCIALEa normativa applicabile non rientra nell’ambito del principio di non discriminazione sancito alla clausola 4 RAGIONE_SOCIALE‘accordo quadro (cfr. sentenza del 21 novembre 2018, COGNOME I COGNOME e COGNOME, C245/17, EU:C:2018:934, pp. 50 e 51)’ e ha concluso che (p. 45) ‘l’accordo quadro non impone agli Stati membri di prevedere, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, un diritto al risarcimento del danno che si aggiunga alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato’.
Da quanto esposto emerge che ricorre uno dei casi in cui le Corte nazionali di ultima istanza non sono tenute a effettuare il rinvio pregiudiziale alla CGUE.
Infatti, la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia 6 ottobre 1982, Cilfit, (il cui decisum è stato integrato, in seguito, dalla decisione RAGIONE_SOCIALEa Grande Camera del 6 ottobre 2021, nella causa C-561/19, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) ha chiarito ormai da tempo che i giudici nazionali, le cui decisioni non possono costituire oggetto di ricorso giurisdizionale di diritto interno, ‘sono tenuti, qualora una questione di diritto comunitario si ponga dinanzi ad essi, ad
adempiere il loro obbligo di rinvio, salvo che abbiano constatato che la questione non è pertinente, o che la disposizione comunitaria di cui è causa ha già costituito oggetto di interpretazione da parte RAGIONE_SOCIALEa Corte, ovvero che la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi’.
In concreto, decidendo la causa C-283/81, CILFIT c. RAGIONE_SOCIALE, la Corte di giustizia ha enunciato le tre circostanze che, ancora oggi, sollevano il giudice ‘avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto inte rno’ da un adempimento altrimenti obbligatorio (punti 12 -16 RAGIONE_SOCIALEa sentenza).
Tali circostanze si possono riassumere come segue:
l’identità materiale RAGIONE_SOCIALEa fattispecie ad altra su cui la Corte di giustizia si sia già espressa;
la presenza di una giurisprudenza consolidata RAGIONE_SOCIALEa Corte stessa sul medesimo punto di diritto all’esame del giudice nazionale, anche in assenza di identità materiale RAGIONE_SOCIALEa fattispecie (c.d. teoria RAGIONE_SOCIALE‘ RAGIONE_SOCIALE éclairé );
la mancanza di ogni ragionevole dubbio sull’applicazione RAGIONE_SOCIALEe norme rilevanti di diritto RAGIONE_SOCIALE‘Unione (c.d. teoria RAGIONE_SOCIALE‘ RAGIONE_SOCIALE clair ).
Nella specie, si deve ritenere che la CGUE abbia già, nella sostanza, risposto alle questioni qui prospettate dalla ricorrente.
Con il terzo motivo la ricorrente contesta la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per violazione degli artt. 100, 112 e 437 c.p.c. in quanto la corte territoriale si sarebbe pronunciata su eccezione mai proposta (l’avvenuto risarcimento in forma specifica in seguito alla stabilizzazione del rapporto) e non avrebbe dichiarato cessata la materia del contendere, con condanna RAGIONE_SOCIALEa P.A. soccombente virtuale.
La doglianza è inammissibile.
Infatti, la Corte d’appello di Venezia ha correttamente non accolto la richiesta di risarcimento del danno in ragione RAGIONE_SOCIALEa sopravvenienza RAGIONE_SOCIALEa circostanza, non
contestata dalle parti, RAGIONE_SOCIALEa stabilizzazione RAGIONE_SOCIALEa lavoratrice in quanto, in questo modo, essa aveva ottenuto adeguato ristoro per il pregiudizio patito.
In ordine alla cessazione RAGIONE_SOCIALEa materia del contendere, si evidenzia che la ricorrente non ha interesse a sollevare questa censura perché il suo appello è stato in parte accolto.
La corte territoriale ha preso atto, comunque, del sostanziale venire meno, per circostanze sopraggiunte, RAGIONE_SOCIALE‘interesse RAGIONE_SOCIALEa lavoratrice alla pronuncia sul risarcimento.
D’altronde, nessuna specifica contestazione concernente la violazione RAGIONE_SOCIALEa normativa sulle spese processuali contenuta nel codice di rito è presente nel ricorso.
4) Il ricorso va respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi
€ 3.500,00 per compenso, e a rimborsare le spese prenotate a debito;
dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa IV Sezione Civile, il 21