Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25528 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25528 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 24567-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso gli UFFICI DELL’ AVVOCATURA REGIONALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Oggetto
Altre ipotesi pubblico
impiego
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 13/09/2024
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 814/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/02/2019 R.G.N. 2099/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/09/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME aveva sottoscritto il 1° settembre 2003 con la Regione Lazio un contratto a tempo pieno e determinato avente ad oggetto l’incarico di ‘Direttore della Direzione RAGIONE_SOCIALE Politiche RAGIONE_SOCIALE Lavoro’ che avrebbe avuto termine, «senza bisogno di preavviso, ai sensi del comma 8 dell’ art. 162 del reg. di organizzazione degli Uffici e dei Servizi della Giunta 1/2002, e successive modifiche, alla data di scadenza della legislatura in corso, salvo quanto previsto dal successivo comma 12 dello stesso articolo»;
la neoeletta Giunta RAGIONE_SOCIALE, dichiarando con delibera del 27 luglio 2005 n. 692 di volersi avvalere della facoltà di cui all’art. 53 comma 2 della Statuto della Regione Lazio, aveva revocato l’incarico in parola;
NOME COGNOME ha adito il Tribunale di Roma per impugnare la detta delibera e chiedere il risarcimento del danno ( pari a €. 715.723,24) derivante dall’illegittima revoca nonché quello ulteriore di natura professionale e all’immagine cagionato dall’ingiustificata inattività e dequalificazione professionale, pari a € 200.000,00;
il Tribunale, con sentenza n. 9461/2014, ha rigettato il ricorso, ritenendo che il contratto in esame fosse assoggettato al c.d. spoil system ;
NOME COGNOME ha interposto gravame ma la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 814/19, lo ha rigettato, ritenendo l’incarico di durata predeterminata coincidente con la fine della legislatura e comunque legittima la revoca ai sensi dell’art. 53 comma 2 dello Statuto della Regione Lazio che la consentiva ‘con criterio fiduciario’;
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidandolo a sette motivi, cui si oppone con controricorso la Regione Lazio.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di censura si denuncia violazione dell’art. 112 c od. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, per avere la Corte di appello pronunciato oltre i limiti della domanda e delle eccezioni fatte valere;
con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 329, 333, 343, 342, 345, comma 2, e 346 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, per essersi la Corte distrettuale pronunciata su eccezione di merito (sullo spirare del termine finale del contratto) sollevata dalla Regione che era coperta dal giudicato interno a causa della mancata proposizione di appello incidentale contro la statuizione di rigetto (implicito) di tale eccezione ad opera del primo giudice;
con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 3 e 24 Cost. e degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, per avere il giudice di merito, in violazione al diritto alla difesa, ritenuto meritevoli di accoglimento le ragioni giustificatrici della mancata conferma dell’incarico sollevate ex novo dalla Regione in sede giudiziale, sebbene diverse (attenendo alla scadenza naturale dell’incarico a termine) rispetto a quelle contenute nella originaria determinazione negoziale di «non conferma»;
con il quarto mezzo si censura violazione e falsa applicazione dell’art. 97 e 98 Cost. e dell’art. 1418 cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, in quanto la clausola contrattuale che disciplina la durata dell’incarico dirigenziale sarebbe nulla perché in palese contrasto con i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (97 e 98 Cost.);
con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 4, del d.lgs. n. 165/01 e degli artt. 67, 160, 185 e 189 del regolamento reg. n. 1 del 2002, nonché dell’art. 53, comma 2, dello Statuto RAGIONE_SOCIALE, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, per avere la Corte distrettuale ritenuto ‘ apicale ‘ l’incarico di direttore RAGIONE_SOCIALE, sebbene per legge il Direttore di dipartimento sia dirigente sovraordinato al direttore RAGIONE_SOCIALE;
con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001 e
degli artt. 67, 160, 185 e 189 del regolamento reg. n. 1 del 2002, con riferimento all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., giacché, omettendo di accertare i compiti e le funzioni del Direttore di dipartimento e di confrontare gli stessi con quelli del Direttore RAGIONE_SOCIALE, il giudice di merito è giunto all’erronea conclusione che quest’ultimo dirigente fosse, nell’organigramma RAGIONE_SOCIALE, un dirigente apicale;
con il settimo, ed ultimo, motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 cod. civ. e dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, giacché, ritenendo (erroneamente) legittima la «non conferma» del direttore RAGIONE_SOCIALE, il giudice di appello ha ritenuto di respingere la conseguente pretesa risarcitoria avanzata dallo COGNOME; la Corte territoriale aveva ritenuto che la legittimità del comportamento datoriale comportasse l’impossibilità di configurare un danno risarcibile nei confronti del dirigente;
i motivi quarto, quinto, sesto e settimo meritano di essere trattati con priorità logica;
tali motivi, da esaminare congiuntamente perché fra loro intimamente connessi, sono fondati, con conseguente assorbimento dei restanti;
può farsi piana applicazione dei principi più volte espressi dalla giurisprudenza di legittimità in tema di spoil system (da ultimo Cass. n. 15971 del 07/06/2024; Cass., Sez. L, n. 35235 del 30/11/2022; Cass., Sez. L, n. 11015 del 05/05/2017);
questa Corte ha chiarito che, in materia di dirigenti nell’impiego pubblico RAGIONE_SOCIALE, il capo dipartimento, avendo la funzione di organizzare, coordinare e dirigere l’ufficio secondo le direttive generali degli organi di direzione politica che assiste, svolge un incarico rispetto al quale opera il sistema di c.d. spoil system , rientrando esso negli incarichi dirigenziali apicali che non attengono ad una semplice attività di gestione, ed essendo invece rapportabile alla direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali (Cass., Sez. L, n. 2510 del 31/01/2017);
con riguardo alla disciplina vigente per la Regione Lazio, l’art. 160, comma 1 lett. a, del reg. RAGIONE_SOCIALE n. 1/2002, la cui esegesi è stata implicitamente censurata nel quinto e nel sesto motivo di ricorso, dispone espressamente che «Il direttore di Dipartimento, sulla base degli indirizzi e delle direttive impartite dagli organi di governo, svolge tutte le funzioni finalizzate a garantire la gestione organica e integrata delle direzioni regionali dirige e coordina l’attività dei d irigenti preposti alle direzioni regionali anche con potere sostitutivo in caso di inerzia e propone l’adozione nei confronti degli stessi delle misure di cui agli artt. 185 e 189»;
il comma 1 lett. b dello stesso articolo, nell’esaminare poi la figura del direttore RAGIONE_SOCIALE e il regime degli atti da questi adottati, precisa che essi sono passibili di ricorso gerarchico al direttore del dipartimento cui il direttore RAGIONE_SOCIALE formula altresì delle «proposte» e da cui è diretto e coordinato;
da quanto sopra, si ricava che i dirigenti apicali ai quali si applica la normativa sullo spoil system nella Regione Lazio sono i soli dirigenti preposti ai dipartimenti, non anche il direttore RAGIONE_SOCIALE al cui incarico non può annettersi il requisito dell’apicalità;
nella specie, è senz’altro accertato che il ricorrente era formalmente un dirigente dotato di particolare rilievo e responsabilità, ma la Corte territoriale ha ritenuto di equipararlo ai dirigenti di dipartimento sul presupposto che gli fossero stati attribuiti contrattualmente i poteri propri dei dirigenti di livello generale, e segnatamente quello di «raccordarsi con l’assessorato di riferimento per quanto concerne materie oggetto di specifica delega politica, nonché di formulare proposte ed esprimere pareri al competente direttore di dipartimento per la definizione degli atti di competenza dello stesso, e di curare le attività di competenza delle direzione adottando i relativi atti, compresi quelli che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, esercita ndo i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate, oltre che i poteri di adottare gli atti relativi all’organizzazione degli uffici di livello dirigenziale interni alla direzione RAGIONE_SOCIALE e di svolgere tutti i compiti assegnati o delegati dal direttore dipartimentale» (v. p. 4 sentenza impugnata);
senonché, questa ricostruzione e i rilievi che la sorreggono non sono affatto decisivi: il presupposto dell’applicazione dello spoil system è (s’è detto) il carattere apicale del dirigente interessato, e, nella specie, la Corte
territoriale non ha tenuto conto che, essendo il ricorrente formalmente un direttore RAGIONE_SOCIALE, era, sempre formalmente e a sensi della disciplina del reg. RAGIONE_SOCIALE n. 1/2002, sottoposto al competente dirigente di dipartimento il quale «dirige e coordina l’attività dei dirigenti preposti alle direzioni regionali anche con potere sostitutivo in caso di inerzia», decidendo altresì sui ricorsi gerarchici contro gli atti emessi da questi ultimi;
la Corte territoriale avrebbe dovuto, piuttosto, verificare non tanto se il dirigente COGNOME avesse in concreto alcuni dei poteri propri dell’apicale, ma, anzitutto, se egli fosse stato posto a capo di una struttura che, da un punto di vista organizzativo, avesse le stesse caratteristiche di un Dipartimento, in modo da distinguersi, per la sua totale autonomia, dai Dipartimenti ufficialmente esistenti e da aggiungersi ad essi; solo a queste condizioni, qui non verificate, i poteri eventualmente assegnati al ricorrente COGNOME avrebbero potuto condurre ad una sua equiparazione a un dirigente apicale (cfr. Cass. n. 15971/2024, cit.);
un tale accertamento non solo non è stato fatto ma la Corte di merito non si è neppure avveduta che la disciplina regolamentare sopra richiamata orientava, nel suo complesso , in senso opposto rispetto all’apprezzamento dell’apicalità dell’incarico dirigenziale in questione;
11. privo di pregio è altresì il riferimento, contenuto in sentenza, alla previsione dell’applicazione dell’art. 162 comma 12 del reg. n. 1/2001 e all’art. 53 comma 2 dello
Statuto, che prevedevano (l’uno) la libera revocabilità «in caso di cessazione dalla carica del presidente della Giunta» dell’incarico di direttore di dipartimento e non (si noti) di quello di direttore della direzione r egionale e (l’altro) la revoca con criterio fiduciario degli incarichi di responsabilità delle strutture di supporto all’esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo, nel cui novero non è espressamente compresa la posizione dirigenziale di direttore della direzione RAGIONE_SOCIALE che ci occupa;
a riguardo, la piana lettura della disposizione statutaria (art. 53 comma 2, e in particolare dell’ampia locuzione «incarichi di responsabilità delle strutture di supporto all’esercizio delle funzioni di indirizzo politico -amministrativo») lascia comunque trasparire l’intento del legislatore RAGIONE_SOCIALE di assoggettare allo spoil system i direttori di dipartimento e comunque gli incarichi apicali e soltanto essi;
e peraltro una contraria opzione interpretativa che portasse a ritenere, invece, che tutti gli incarichi dirigenziali di particolare pregnanza e rilevanza, ancorché (in tesi) non apicali, fossero stati sottoposti al sistema di decadenza automatica, non sarebbe conforme a una lettura costituzionalmente orientata, la quale vuole che, nel caso in cui una norma si presti in astratto, per la sua formulazione letterale e il modo con cui si inerisce nel sistema, ad una duplice possibile interpretazione, l’una conforme al dettato costituzionale e l’altra difforme da esso, deve essere data la
preferenza, secondo i canoni di ermeneutica giuridica, all’interpretazione che non sia in contrasto con norme e principi di livello costituzionale (Corte Cost. ord. n. 198/2013; n. 102/2012; n. 212/2011; cfr. altresì Cass. n. 2555 del 2015);
inoltre, la Corte territoriale non ha considerato che anche la previsione dell’art. 2 del contratto individuale non era (e non poteva essere) di per sé dirimente, atteso che le regole normative sullo spoil system sono destinate evidentemente a integrare di diritto e comunque imporsi sulle pattuizioni individuali laddove difformi;
è qui da ribadire infatti – in linea con Corte cost. n. 23/2019 – «l’incompatibilità con l’art. 97 Cost. di disposizioni di legge, statali o regionali, che prevedono meccanismi di revocabilità ad nutum o di decadenza automatica dalla carica, dovuti a cause estranee alle vicende del rapporto instaurato con il titolare, non correlati a valutazioni concernenti i risultati conseguiti da quest’ultimo nel quadro di adeguate garanzie procedimentali»;
sicché, deve ritenersi, a fortiori , che analoga incompatibilità debba predicarsi per tutte quelle clausole e/o pattuizioni del contratto individuale di lavoro che abbiano un contenuto simile ponendosi in frizione col dettato costituzionale (cfr. Cass. n. 22518/2024);
13. nell’ambito del lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, con riguardo agli incarichi dirigenziali, sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale
affermatasi a partire dalle sentenze n. 103 e n. 104 del 2007 e ormai consolidata, le uniche ipotesi in cui l’applicazione dello spoil system può essere ritenuta coerente con i principi costituzionali di cui all’art. 97 Cost. sono quelle nelle quali si riscontrano, appunto, i requisiti della “apicalità” dell’incarico nonché della “fiduciarietà” della scelta del soggetto da nominare, con la ulteriore specificazione che la fiduciarietà, per legittimare l’applicazione del suindicato meccanismo, deve essere intesa come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell’organo politico, che di volta in volta viene in considerazione come nominante (Cass. 5 maggio 2017, n. 11015); pertanto, il meccanismo non è applicabile in caso di incarico di tipo tecnico-professionale che non comporta il compito di collaborare direttamente al processo di formazione dell’indirizzo politico, ma soltanto lo svolgimento di funzioni gestionali e di esecuzione rispetto agli indirizzi deliberati dagli organi di governo dell’ente di riferimento (Cass. n. 35235/2022; Cass. n. 2555/2015);
14. alla stregua delle considerazioni esposte, i motivi dal quarto al settimo possono trovare accoglimento, dovendosi ritenere, stante la natura non apicale dell’incarico in parola, la nullità della clausola (articolo 2) del contratto individuale, prevedente la cessazione del rapporto a fine legislatura, restando, di conseguenza, travolta anche l’ulteriore statuizione di rigetto della pretesa risarcitoria, la quale dovrà essere opportunamente riesaminata dal giudice del rinvio;
16. l’accoglimento delle censure preindicate comporta, infine, l’assorbimento dei primi tre motivi di ricorso, che vanno tutti ad intercettare il (contestato) potere della Corte di merito di esaminare l’eccezione in punto di cessazione del contratto individuale per scadenza naturale del termine finale di durata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto, quinto, sesto e settimo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione .