Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26955 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26955 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2371/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il DECRETO RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO DI PERUGIA n. 490/2021 depositato il 05/07/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
Con decreto n. 990/2018 la Corte d’Appello di Perugia decideva sul ricorso per equa riparazione per l’eccessiva durata di un procedimento in materia di pubblico impiego instaurato dagli odierni ricorrenti nel giugno del 1999 e conclusosi dinanzi al TAR Lazio con decreto di perenzione depositato il 21.03.2014.
La Corte territoriale umbra, accogliendo parzialmente la domanda, individuava nella data del 16.03.2011 il dies ad quem , ritenendo di non poter computare nella durata rilevante ai fini RAGIONE_SOCIALE‘equa riparazione l’ulteriore periodo di circa tre anni compreso tra il 16.03.2011 e la data di deposito del decreto di perenzione, 21.03.2014, riconoscendo, dunque, come durata non ragionevole del processo presupposto un totale di 8 anni e 9 mesi.
Avverso detto decreto gli istanti ricorrevano innanzi a questa Corte che, con ordinanza n. 21750/2021, accoglieva il ricorso rifacendosi alla declaratoria di illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE‘art. 54, comma 2, del D.L. n. 112/08 di cui alla sentenza 6 marzo 2019, n. 34 RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale. Per effetto di tale declaratoria, infatti, la presentazione RAGIONE_SOCIALE‘istanza di prelievo nel giudizio presupposto non rappresenta più una condizione di proponibilità RAGIONE_SOCIALEa domanda di equa riparazione, potendo semmai costituire elemento indiziante di una sopravvenuta carenza, o non serietà, RAGIONE_SOCIALE‘interesse RAGIONE_SOCIALEa parte alla decisione del ricorso, astrattamente rilevante ai soli fini RAGIONE_SOCIALEa quantificazione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo.
Riassumevano il giudizio gli odierni ricorrenti innanzi alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che, con il decreto qui impugnato, uniformandosi al principio espresso da questa Corte,
fissava il dies ad quem al 21.03.2014, ossia alla data di pubblicazione da parte del TAR Lazio del decreto di perenzione. Ne conseguiva che la durata non ragionevole del procedimento amministrativo presupposto veniva protratta di ulteriori tre anni, per un totale di anni 11 e mesi 9, cui faceva seguito la liquidazione di € . 5.875,00 (considerato il parametro di € . 500,00 annui) in favore di ciascuna RAGIONE_SOCIALEe parti.
Quanto alla liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese processuali, la Corte territoriale – in applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 92, comma 2, cod. proc. civ. nel testo vigente ratione temporis , risultante a séguito RAGIONE_SOCIALEa modifica voluta dall’art. 45, comma 11, legge n. 69 del 2009 – riteneva sussistenti «le gravi ed eccezionali ragioni» richieste dalla legge per operare la compensazione RAGIONE_SOCIALEe spese dei tre gradi del giudizio, individuate nella novità RAGIONE_SOCIALEa questione giuridica decisa e nella sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALEa norma, in base alla quale era stato emesso il provvedimento impugnato. Pertanto, tenuto conto dei valori minimi di cui al D.M. n. 55/2014 in ragione RAGIONE_SOCIALEa semplicità RAGIONE_SOCIALEa causa e RAGIONE_SOCIALEa speditezza del rito camerale, riferendosi al lo scaglione da € . 5.201,00 a € . 26.000,00, applicata la dimidiazione degli importi in virtù RAGIONE_SOCIALEa compensazione, operata nella misura del 50%, liquidava le spese di lite a carico del RAGIONE_SOCIALE in € . 1.559,00 per il primo giudizio di merito e per il giudizio di rinvio; in € . 734,00 per il procedimento di Cassazione.
Il decreto veniva impugnato da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME dinanzi a questa Corte, il ricorso affidato a due motivi e illustrato da memoria.
Resisteva il RAGIONE_SOCIALE depositando controricorso.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione di legge -art. 92 (difetto di motivazione), 324 e 336 cod. proc. civ. I ricorrenti censurano il decreto nella parte in cui ritiene sussistenti le gravi ed eccezionali e ragioni di compensazione, individuandole nel fatto che soltanto con la sentenza n. 34/2019 RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale è stata superata la subordinazione RAGIONE_SOCIALEa proponibilità RAGIONE_SOCIALEa domanda di equa riparazione al deposito RAGIONE_SOCIALE‘istanza di prelievo. Tuttavia, già nel primo giudizio di merito veniva riconosciuto ed accertato che, nel procedimento amministrativo presupposto, gli istanti avevano presentato ben tre istanze di prelievo, alle quali fa del resto riferimento l’ordinanza di rinvio RAGIONE_SOCIALEa Corte Suprema n. 21750/2021, ove il rimando alla decisione RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale serviva ad evidenziare che, a séguito RAGIONE_SOCIALE‘intervento del giudice RAGIONE_SOCIALEe leggi, nessuna istanza di accelerazione del processo amministrativo era più necessaria ai fini RAGIONE_SOCIALEa proponibilità RAGIONE_SOCIALEa domanda di equa riparazione.
Con una seconda censura si rileva che il primo grado originario di merito si era concluso con la condanna alle spese a carico RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione in misura integrale: alla luce RAGIONE_SOCIALE‘effetto espansivo interno del giudicato, e in difetto di impugnazione sul punto, la preclusione nascente dal giudicato impedisce al giudice RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione di modificare la pronuncia sulle spese RAGIONE_SOCIALEa precedente fase di merito, qualora abbia valutato la complessiva situazione sostanziale in senso più favorevole alla parte vittoriosa in primo grado. Diversamente opinando, concludono i ricorrenti, la statuizione si tradurrebbe in una sostanziale soccombenza RAGIONE_SOCIALEa parte vittoriosa.
1.1. Il motivo è fondato.
Rileva il Collegio che, in tema di impugnazioni, il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento RAGIONE_SOCIALEe spese
processuali, quale conseguenza RAGIONE_SOCIALEa pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo RAGIONE_SOCIALEa lite, laddove, in caso di conferma RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo RAGIONE_SOCIALEa decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione. Tuttavia, anche in ragione RAGIONE_SOCIALE‘operare del c.d. effetto espansivo interno di cui all’art. 336, comma 1, cod. proc. civ. richiamato in ricorso, l’accoglimento parziale del gravame RAGIONE_SOCIALEa parte vittoriosa in cui favore il giudice di primo grado abbia emesso condanna alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite non comporta, in difetto (come nel caso in esame) d’impugnazione sul punto, la caducazione di tale condanna, sicché la preclusione nascente dal giudicato impedisce al giudice RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione di modificare la pronuncia sulle spese RAGIONE_SOCIALEa precedente fase di merito, qualora egli (come ancora è accaduto nel caso di specie) abbia valutato la complessiva situazione sostanziale in senso più favorevole alla parte vittoriosa in primo grado (Cass. Sez. 2, n. 2697/2023 del 30/1/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 21706 del 2023).
Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione di legge -art. 4, punto 1, D.M. n. 55/2014 (difetto di motivazione). I ricorrenti censurano il decreto impugnato nella parte in cui non ha adeguatamente ed espressamente motivato la ragione per cui non ha operato l’aumento del 30% previsto dalla norma citata per le sette parti istanti, oltre la prima.
2.1. Il motivo è infondato.
In disparte il fatto che gli odierni ricorrenti sono sette, non otto, non avendo NOME COGNOME proposto ricorso innanzi a questa Corte.
In ogni caso, il mezzo di gravame non merita accoglimento poiché la Corte d’Appello ha espressamente e chiaramente motivato i criteri di determinazione RAGIONE_SOCIALEe spese nella parte in cui afferma che la liquidazione viene effettuata secondo il D.M. n. 55/2014 «tenuto conto dei valori minimi in ragione RAGIONE_SOCIALEa semplicità RAGIONE_SOCIALEa causa e RAGIONE_SOCIALEa speditezza del rito camerale» (v. decreto p. 4, righi 5-7). Tanto basta ad escludere il sindacato di questa Corte.
Il Collegio, in accoglimento del primo motivo di ricorso, cassa il decreto impugnato e – non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto -decide n el merito ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 384 cod. proc. civ. , liquida le spese del giudizio di merito e del presente giudizio come da dispositivo, con distrazione in favore del procuratore antistatario che ne ha fatto richiesta.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in €. 3 .118,00 per compensi, oltre ad €. 50,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%, con distrazione in favore del procuratore antistatario;
Condanna il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa Giustizia al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio, che liquida in €. 937,50 per compensi, oltre ad €. 100,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%, con distrazione in favore del procuratore antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Seconda