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Spese legali e contumacia: la Cassazione decide

Un cittadino vince una causa contro un Comune e appella la sentenza solo per l’importo delle spese legali, ritenuto troppo basso. Il Tribunale accoglie l’appello ma non liquida le spese del secondo grado, poiché il Comune non si era costituito. La Corte di Cassazione interviene, stabilendo che in tema di spese legali e contumacia, il principio di causalità prevale: chi perde paga, anche se non si presenta in giudizio. L’omessa pronuncia sulle spese costituisce un errore del giudice.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Spese Legali e Contumacia: Chi Paga se la Controparte è Assente?

Una delle domande più frequenti in ambito legale è: se vinco una causa ma la controparte non si presenta in giudizio, chi paga le spese legali? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 484/2025, offre una risposta chiara e definitiva, riaffermando un principio fondamentale del nostro ordinamento. La gestione delle spese legali e contumacia segue una regola precisa: la soccombenza. Vediamo nel dettaglio questo interessante caso.

I Fatti del Caso

Un cittadino si opponeva a diverse cartelle di pagamento emesse da un Ente Pubblico, ottenendo una vittoria in primo grado davanti al Giudice di Pace. Il giudice, infatti, annullava gli atti per intervenuta prescrizione. Tuttavia, liquidava le spese legali in un importo che il cittadino riteneva troppo basso. Di conseguenza, il cittadino decideva di appellare la sentenza, non per il merito della vittoria, ma unicamente per ottenere una rideterminazione più equa delle spese legali.

In grado di appello, né il Comune né l’Agente di riscossione si costituivano, rimanendo contumaci. Il Tribunale accoglieva l’appello, aumentando l’importo delle spese legali dovute per il primo grado. Sorprendentemente, però, il Tribunale decideva di non disporre nulla riguardo alle spese del giudizio d’appello, giustificando tale scelta proprio con la mancata costituzione (e quindi mancata opposizione) delle controparti.

La Questione Giuridica: Spese Legali e Contumacia della Controparte

Il cuore della questione portata davanti alla Corte di Cassazione è proprio questo: è legittimo negare il rimborso delle spese legali alla parte vincitrice di un appello solo perché la controparte soccombente ha scelto di non partecipare al giudizio? Secondo il ricorrente, tale decisione viola le norme procedurali fondamentali, in particolare il principio secondo cui le spese seguono la soccombenza.

Il Tribunale, omettendo di pronunciarsi, aveva di fatto lasciato il cittadino vittorioso a farsi carico dei costi di un appello che era stato necessario per correggere un errore della prima sentenza. Il ricorso in Cassazione si basava su due motivi: la violazione delle norme sulla regolamentazione delle spese e, in subordine, l’errata interpretazione che equiparava la contumacia a una ragione per compensare le spese.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Il ragionamento dei giudici è lineare e si basa su principi consolidati.

Il criterio fondamentale per la distribuzione delle spese processuali è il principio di causalità. In altre parole, a pagare deve essere chi ha dato causa al processo. In questo caso, l’Ente Pubblico, avendo emesso atti illegittimi e avendo costretto il cittadino a un secondo grado di giudizio per ottenere una giusta liquidazione delle spese, è senza dubbio la parte che ha causato l’intera lite.

La Corte ha ribadito con forza che la contumacia (la scelta di non costituirsi in giudizio) è una condotta processualmente neutra. Non può essere interpretata né come un’ammissione delle ragioni altrui, né come una circostanza che giustifichi una deroga alla regola generale della soccombenza. La parte che rimane assente lo fa a suo rischio e pericolo, ma questa scelta non può danneggiare la parte vincitrice.

Omettere di decidere sulle spese, come ha fatto il Tribunale, costituisce un vizio di omessa pronuncia. Il giudice ha l’obbligo di provvedere sulla regolamentazione delle spese con la sentenza che definisce il giudizio. Non farlo è un errore procedurale che rende la sentenza impugnabile e, come in questo caso, cassabile.

Le Conclusioni: Cosa Implica questa Decisione?

La decisione della Cassazione rafforza un principio di giustizia sostanziale: chi vince una causa ha diritto al rimborso integrale delle spese legali sostenute. La condotta processuale della controparte, inclusa la sua decisione di non partecipare al giudizio, è irrilevante ai fini della condanna alle spese.

Questa ordinanza è un importante promemoria per tutti gli operatori del diritto e per i cittadini. La vittoria in un processo deve essere piena e non può essere diminuita dall’obbligo di sostenere i costi per far valere i propri diritti. La gestione delle spese legali e contumacia non lascia spazio a interpretazioni: chi perde, paga. La sentenza del Tribunale è stata quindi cassata e il caso rinviato a un altro giudice dello stesso ufficio, che dovrà non solo liquidare le spese del giudizio di appello, ma anche quelle del giudizio di cassazione, conformandosi al principio di diritto stabilito dalla Corte.

Se la controparte non si presenta in giudizio (è contumace), deve comunque pagare le spese legali in caso di sconfitta?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la contumacia è una scelta processuale che non esclude la condanna al pagamento delle spese legali. La regola generale è che la parte soccombente, cioè quella che perde la causa, deve rimborsare le spese alla parte vincitrice, indipendentemente dal fatto che abbia partecipato o meno al giudizio.

Perché la parte che non si costituisce in giudizio deve pagare le spese?
La condanna alle spese si fonda sul principio di causalità. Le spese vengono addebitate alla parte che ha reso necessario il processo con il suo comportamento (ad esempio, avanzando una pretesa infondata o resistendo a una pretesa fondata). La scelta di non partecipare al processo non elimina la responsabilità di aver dato origine alla lite.

Cosa succede se un giudice non si pronuncia sulle spese legali?
Se un giudice omette di decidere sulla ripartizione delle spese legali nella sentenza che definisce il giudizio, commette un errore procedurale noto come “vizio di omessa pronuncia”. Questa omissione rende la sentenza impugnabile, come avvenuto nel caso di specie, e può portare alla sua cassazione con rinvio a un altro giudice per la corretta statuizione sulle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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