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Spese legali contumace: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello che condannava una parte a rimborsare le spese legali di primo grado alla controparte, nonostante quest’ultima fosse rimasta contumace in quella fase del giudizio. La Suprema Corte ha chiarito che non si possono rimborsare spese mai sostenute, correggendo l’errore e ribadendo il corretto funzionamento del principio di soccombenza in caso di spese legali contumace.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Spese Legali Contumace: Quando la Condanna è Illegittima

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura civile: la liquidazione delle spese legali contumace. Il caso offre uno spunto fondamentale per comprendere quando una condanna al rimborso delle spese è errata e come il principio di soccombenza debba essere correttamente applicato. La Corte ha stabilito un principio tanto logico quanto giuridicamente ineccepibile: non si può essere condannati a rimborsare spese che la controparte non ha mai sostenuto.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine da una controversia civile. In primo grado, una delle parti in causa (il convenuto) era rimasta contumace, ovvero non si era costituita in giudizio. Successivamente, in sede di appello, la Corte territoriale non solo respingeva il gravame proposto dall’attore, ma lo condannava a rimborsare alla controparte le spese legali sia del primo che del secondo grado di giudizio.

L’attore, ritenendo ingiusta tale condanna, si è rivolto alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 91 del codice di procedura civile. Il punto centrale del ricorso era semplice: come poteva essere condannato a rimborsare le spese di primo grado a una parte che, essendo contumace, non aveva di fatto sostenuto alcun costo in quella fase processuale?

La Violazione dell’Art. 91 c.p.c. e le spese legali contumace

L’articolo 91 c.p.c. incarna il cosiddetto principio di soccombenza: chi perde paga. La norma stabilisce che il giudice, con la sentenza che chiude il processo, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte.

La logica sottostante è quella di ristorare la parte vittoriosa dei costi che ha dovuto affrontare per difendere i propri diritti. Tuttavia, questa logica presuppone che tali costi siano stati effettivamente sostenuti. Nel caso di una parte contumace, questa non si avvale di un difensore e non compie attività processuali che generino spese legali. La Corte d’Appello, condannando il ricorrente al pagamento di tali spese, ha quindi applicato la norma in modo errato, creando una condanna priva di fondamento.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il motivo di ricorso palesemente fondato. Gli Ermellini hanno evidenziato che la Corte d’Appello ha violato l’art. 91 c.p.c. proprio perché ha disposto un rimborso per spese mai sostenute.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata. Poiché non erano necessari ulteriori accertamenti di fatto, ha deciso la causa direttamente nel merito, eliminando dal dispositivo della sentenza d’appello la parte relativa alla condanna al pagamento delle spese del primo grado di giudizio in favore della parte che era rimasta contumace.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è lineare e si fonda su un presupposto logico-giuridico inattaccabile. Il rimborso delle spese processuali ha una funzione indennitaria, non sanzionatoria. Serve a reintegrare il patrimonio della parte vittoriosa, non a punire la parte soccombente. Pertanto, se non vi è stata alcuna spesa, non può esservi alcun rimborso. Condannare al pagamento delle spese legali contumace significa attribuire alla controparte una somma a cui non ha diritto, poiché non corrisponde a un esborso reale. La contumacia, sebbene sia una scelta processuale della parte, non può trasformarsi in una fonte di ingiustificato arricchimento.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per la corretta gestione delle spese processuali. Un avvocato e il suo assistito devono prestare la massima attenzione alla posizione processuale della controparte in ogni grado di giudizio. La condanna alle spese a favore di una parte contumace per il grado in cui tale contumacia si è verificata è illegittima e può essere impugnata con successo. La decisione della Cassazione serve come monito per i giudici di merito affinché applichino il principio di soccombenza tenendo sempre conto della realtà effettiva delle spese sostenute dalle parti in causa.

Può essere condannata una parte a rimborsare le spese legali a una controparte che era contumace in quel grado di giudizio?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che è illegittimo condannare una parte al rimborso di spese legali che la controparte, essendo rimasta contumace in quel grado, non ha di fatto mai sostenuto.

Quale articolo del codice di procedura civile regola la condanna alle spese processuali?
La condanna alle spese è regolata dall’articolo 91 del codice di procedura civile (c.p.c.), che si fonda sul principio della soccombenza, secondo cui la parte che perde la causa deve rimborsare le spese sostenute dalla parte vincitrice.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questo caso specifico?
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassato la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha eliminato la condanna al pagamento delle spese del primo grado di giudizio, poiché la controparte in quella fase era contumace. Ha inoltre condannato quest’ultima a pagare le spese del giudizio di cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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