Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24671 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24671 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18245/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentate e difese dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE domiciliate digitalmente per come legge
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI PARMA, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente come per legge
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d ‘ APPELLO di BOLOGNA n. 1533/2023 depositata il 13/07/2023;
udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 3/07/2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione, articolato su tre motivi, avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Bologna n. 1533 del 13/07/2023, che ha accolto parzialmente l ‘ impugnazione delle dette COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Parma, che, a sua volta, aveva accolto parzialmente l ‘ opposizione a precetto proposta dalla COGNOME, dichiarando l ‘ inefficacia del precetto (per totali € 1.534.286,10) limitatamente alla somma di euro 29.182,40, condannandole alla rifusione delle spese di lite, ma con compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi in ragione di un quarto e condanna delle Pedroni alla corresponsione dei restanti tre quarti in favore del Comune di Parma.
Quest’ultimo r esiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria per l ‘ adunanza camerale del 3/07/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto in decisione e il Collegio ha riservato il deposito dell ‘ ordinanza nel termine di sessanta giorni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti.
I) Ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione di norme di diritto; violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 282 c.p.c. e dell ‘ art. 474 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2908 c.c.; violazione ed erronea applicazione dell ‘ art. 336 c.p.c. anche con riferimento all ‘ art. 90 della legge n. 353 del 26/11/1990.
II) Ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione di norme di diritto; violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116 e 132 c.p.c., anche con riferimento all ‘ art. 12 disp. att. c.c. e degli art. 1362 e 1372 c.c., nonché violazione dei canoni di ragionevolezza nell ‘ interpretazione
R.g. n. 18245 del 2023; Ad. 307/2025; estensore: C. Valle
della sentenza n. 2498 del 2018 della Corte di appello di Bologna. La sentenza d ‘ appello è ritenuta viziata per avere affermato l ‘ idoneità del criterio per l ‘ effettuazione dei calcoli, che, viceversa, non risultava in alcun modo fatto palese in maniera inequivocabile dal testo del provvedimento richiamato dal precetto, ossia dalla sentenza della Corte d ‘ appello di Bologna n. 2489 del 25/09/2018.
III) Ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 91 c.p.c. e dell ‘ art. 92 c.p.c.; errata applicazione del principio della soccombenza, irragionevolezza; violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 24 Cost. La sentenza della Corte territoriale è criticata per avere ritenuto una soccombenza, sebbene parziale, delle Pedroni.
Il primo motivo di ricorso è infondato in diritto: la sentenza n. 2489 del 25/09/2018 (integrante il titolo esecutivo posto a base del precetto opposto) è, palesemente, una sentenza di condanna e, comunque, immediatamente esecutiva, in quanto resa in una causa che, sebbene iniziata prima dell ‘ entrata in vigore integrale della legge n. 353 del 1990, era comunque immediatamente esecutiva per legge, posto che l ‘ art. 336 c.p.c., come riformato dalla legge n. 353 del 1990, era entrato in vigore al 1/01/1993 e non, come il resto della detta legge di riforma, salve altre disposizioni, specificamente individuate dalla legge n. 477 del 4/12/1992, nel corso dell ‘ anno 1995. Il primo motivo è, pertanto, rigettato.
Il secondo motivo è inammissibile, stante il palese difetto di autosufficienza nel ricorso delle ricorrenti e, segnatamente, nell ‘ esposizione del detto motivo e, dunque, ai sensi dell ‘ art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c. in ordine al precetto e agli altri elementi comunque almeno implicitamente considerati dalla Corte d ‘ appello di Bologna nella sentenza del 2018 per presupporre una eccedenza di pagamento da parte del Comune di Parma e in favore delle COGNOME. Nella pur estesa trattazione del motivo non è, invero, riportato alcun passo dell ‘ atto di precetto dal quale possa desumersi
R.g. n. 18245 del 2023; Ad. 307/2025; estensore: C. Valle
la carenza di idonea specificazione in ordine ai criteri e ai calcoli eseguiti dal Comune di Parma per la quantificazione delle somme, salvo un fugace accenno, alla pag. 29, sul contenuto dell ‘ atto, ove, tuttavia, vi è solo un riferimento generico a «una complessa e articolata operazione di conteggio e quantificazione del dovuto muovendo da alcuni presupposti all ‘ evidenza errati così come è stato ampiamente argomentato nel corso del giudizio di primo grado.» Detta prospettazione è, tuttavia, del tutto generica e, con essa, lo è lo stesso secondo motivo, che, per il resto, si risolve in argomentazioni censorie non correlate all ‘ atto oggetto di contestazione e nel richiamo di alcune massime di giurisprudenza.
Il terzo motivo è fondato, in quanto in primo grado le intimate opponenti COGNOME non erano soccombenti, avendo ottenuto una riduzione dell ‘ importo precettato e, in particolare e benché per una minima parte, la rideterminazione in minus del dovuto. Va, infatti, applicato il principio (Sez. U n. 32061 del 31/10/2022; con riferimento specifico a una fattispecie analoga a quella in scrutinio, Cass. n. 13827 del 17/05/2024) secondo il quale l ‘ accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un ‘ unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall ‘ art. 92, comma 2, c.p.c.
In buona sostanza, colui che risulta vittorioso anche in minima parte non può mai essere condannato alle spese di lite.
Nella specie non vi è stato, da parte della Corte territoriale, alcun riferimento ad altre ragioni giustificatrici della compensazione, sebbene parziale, ma, anzi, è stata ritenuta la soccombenza delle
R.g. n. 18245 del 2023;
Ad. 307/2025; estensore: NOME. COGNOME
opponenti, le quali, al contrario, sia pure in parte molto modesta avevano visto il riconoscimento della fondatezza della loro contestazione: dunque, il motivo in esame va ritenuto fondato.
All ‘ accoglimento del terzo motivo consegue la decisione nel merito della causa, con conseguente cassazione della sentenza impugnata limitatamente al capo relativo alle spese di lite.
Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, queste possono essere compensate per entrambe le fasi di merito, in base all’art. 92 c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis , attesa l’eccezionale complessità dei conteggi a farsi in dipendenza dello stratificarsi e del susseguirsi di decisioni nel corso di un contenzioso protrattosi fra le parti sin dalla metà degli anni ’90 dello scorso secolo, integrante un’oggettiva diffico ltà degli accertamenti in fatto, idonea a incidere sensibilmente su ll’esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti.
In considerazione delle medesime ragioni è di giustizia l ‘ integrale compensazione pure delle spese di questa fase di legittimità.
Il ricorso è stato, sia pure parzialmente, accolto con decisione di cassazione senza rinvio e, così, non vi è soccombenza delle ricorrenti che possa consentire l ‘ applicazione, richiesta dalla difesa dell ‘ ente pubblico, dell ‘ art. 96, terzo comma, c.p.c.
P. Q. M.
La Corte rigetta il primo motivo, dichiara inammissibile il secondo ed accoglie il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, compensa le spese dell ‘ intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di