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Spese di giustizia: la data che cambia l’importo

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che imponeva il pagamento di spese di giustizia per €150 a tre cittadini, a seguito di un processo penale concluso con remissione di querela. Il nodo della questione era la data in cui la sentenza penale era divenuta definitiva. I cittadini sostenevano che l’importo corretto fosse di €24, basandosi su una data di definitività anteriore. La Cassazione ha stabilito che il giudice di merito ha errato non motivando la scelta di una data posteriore, omettendo di esaminare un fatto decisivo del giudizio. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Spese di Giustizia: Quando un Giorno Può Fare la Differenza

Il calcolo delle spese di giustizia può sembrare un dettaglio tecnico, ma una recente ordinanza della Corte di Cassazione dimostra come un singolo elemento, la data di passaggio in giudicato di una sentenza, possa modificare radicalmente l’importo dovuto. Questo caso evidenzia l’obbligo del giudice di motivare in modo esauriente le proprie decisioni su fatti cruciali e contestati dalle parti.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un processo penale dinanzi al Giudice di pace, conclusosi con una sentenza di non doversi procedere per remissione della querela. Successivamente, tre cittadini coinvolti nel procedimento ricevevano delle cartelle esattoriali da parte di una società di riscossione per conto dello Stato. A ciascuno veniva richiesto il pagamento di 150,00 euro a titolo di spese di giustizia.

I cittadini si sono opposti a tale richiesta, sostenendo che l’importo fosse eccessivo. A loro avviso, la somma dovuta ammontava a soli 24,00 euro ciascuno, in base a un decreto ministeriale del 2002. In primo grado, il Giudice di pace ha dato loro ragione, annullando le cartelle di pagamento.

La Decisione d’Appello e il Ricorso in Cassazione

La società di riscossione ha impugnato la decisione e il Tribunale, in funzione di giudice d’appello, ha ribaltato la sentenza. Secondo il Tribunale, la sentenza penale era divenuta definitiva il 9 dicembre 2013. Di conseguenza, si doveva applicare una normativa successiva (D.M. 111/2013), che fissava proprio a 150,00 euro le spese forfettarie per i processi penali definiti con remissione di querela.

I cittadini non si sono arresi e hanno presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio fondamentale nella decisione del Tribunale: l'”omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio”. Essi sostenevano, prove alla mano, che la sentenza penale fosse diventata irrevocabile in una data molto anteriore, ovvero il 27 luglio 2012. Questa differenza temporale era cruciale, poiché avrebbe comportato l’applicazione del più favorevole D.M. 285/2002, che prevedeva appunto la spesa di 24,00 euro.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei cittadini, ritenendolo fondato. Il punto centrale della motivazione risiede nel comportamento del giudice d’appello. La Corte ha osservato che la data del passaggio in giudicato era un fatto storico, contestato tra le parti e, soprattutto, decisivo per l’esito della lite.

Il Tribunale si era limitato ad affermare che la sentenza fosse divenuta definitiva il 9 dicembre 2013, ma aveva completamente omesso di spiegare sulla base di quali elementi o documenti fosse giunto a tale conclusione. Non aveva, in altre parole, motivato la sua scelta, ignorando le prove documentali prodotte dai ricorrenti che indicavano una data diversa. Questo comportamento integra il vizio di “omesso esame di un fatto decisivo”, come previsto dall’art. 360, n. 5, del codice di procedura civile.

Il giudice, specialmente di fronte a una specifica contestazione, non può semplicemente asserire un fatto senza illustrare il percorso logico-giuridico che lo ha portato a quella conclusione. Deve estrinsecare il proprio ragionamento, permettendo di comprendere quali prove abbia considerato e perché le abbia ritenute più attendibili di altre.

Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa al Tribunale, in persona di un diverso magistrato, per un nuovo esame. Il nuovo giudice dovrà riesaminare attentamente la documentazione per accertare la corretta data in cui la sentenza penale è passata in giudicato e, sulla base di essa, determinare l’importo corretto delle spese di giustizia dovute.

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale dello stato di diritto: le sentenze devono essere motivate. Il giudice ha il dovere di rendere conto delle proprie decisioni, specialmente quando si basano su fatti contestati che hanno un impatto diretto e determinante sull’esito del processo. Non basta decidere, bisogna spiegare perché si è deciso in un certo modo.

Perché la data in cui una sentenza diventa definitiva è così importante per le spese di giustizia?
Perché tale data determina quale decreto ministeriale e, di conseguenza, quale tariffario si applica per il calcolo degli importi dovuti. Leggi diverse, entrate in vigore in momenti diversi, possono prevedere importi molto differenti per la stessa tipologia di procedimento.

Cosa significa “omesso esame di un fatto decisivo”?
È un errore procedurale che si verifica quando il giudice, nella sua sentenza, non prende in considerazione un fatto storico specifico che è stato oggetto di discussione tra le parti e che, se esaminato, avrebbe potuto portare a una decisione finale diversa.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza del Tribunale. Ha rinviato la causa allo stesso Tribunale, ma a un diverso giudice, affinché riesamini le prove, accerti la data corretta del passaggio in giudicato della sentenza penale e decida nuovamente sulla base di tale accertamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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