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Spese di custodia pignoramento: chi paga per gli animali?

La Corte di Cassazione ha stabilito che le spese di custodia per il mantenimento di animali pignorati sono a carico del creditore procedente, che deve anticiparle. La Corte ha chiarito che queste spese, se necessarie per la sopravvivenza dei beni, non possono essere poste a carico del custode, neanche in assenza di una preventiva autorizzazione del giudice. La decisione del tribunale, che aveva ripartito i costi, è stata cassata.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Spese di Custodia nel Pignoramento: Chi Paga per Mantenere i Beni?

Quando un bene viene pignorato, sorge una domanda cruciale: chi si fa carico dei costi per la sua conservazione? La questione diventa ancora più delicata quando i beni sono esseri viventi, come animali, che richiedono cure e nutrimento costanti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce proprio su questo tema, stabilendo un principio fondamentale riguardo le spese di custodia e la responsabilità del creditore. Vediamo nel dettaglio come la Suprema Corte ha risolto una controversia nata dal pignoramento di un gregge di capre.

I Fatti del Caso: Un Pignoramento di Animali Finito in Cassazione

La vicenda ha origine con un pignoramento mobiliare a carico di un’azienda zootecnica, che porta al sequestro di 135 capre. A causa di una grave moria di animali per mancanza di cibo, le autorità sanitarie dispongono l’urgente trasferimento dei capi superstiti presso un’altra azienda. La titolare di quest’ultima viene nominata nuova custode.

Per oltre un anno, la custode si prende cura degli animali, sostenendo tutte le spese necessarie per il loro mantenimento. Alla fine, chiede al giudice dell’esecuzione la liquidazione di quanto dovuto, circa 47.000 euro. Il giudice accoglie la richiesta ma, a sorpresa, decide di ripartire l’importo in quattro parti: una a carico della procedura, una a carico del creditore, una a carico del debitore e l’ultima a carico della custode stessa, colpevole, a suo dire, di non aver chiesto una preventiva autorizzazione per le spese.

La custode si oppone a questa decisione, sostenendo che tutte le spese erano indispensabili per la sopravvivenza degli animali e dovevano essere interamente anticipate dal creditore. Dopo il rigetto della sua opposizione in primo grado, la questione arriva fino alla Corte di Cassazione.

La Controversia Giuridica sulle Spese di Custodia

Il cuore del problema legale riguardava l’interpretazione delle norme sulle spese di custodia nel processo esecutivo. Erano da considerarsi costi necessari del processo, da porre a carico del creditore che lo aveva avviato, come previsto dall’art. 8 del d.p.r. 115/2002? Oppure il giudice aveva il potere discrezionale di ripartirle, penalizzando il custode per non aver seguito una procedura formale di autorizzazione?

Il tribunale aveva avallato la seconda ipotesi, equiparando le spese vive ai compensi dell’ausiliario e ritenendo legittima una valutazione discrezionale che tenesse conto della ‘negligenza’ del custode. Questa interpretazione, tuttavia, rischiava di addossare a chi si prende cura di un bene pignorato un rischio economico ingiustificato, soprattutto in situazioni di urgenza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto integralmente il ricorso della custode, ribaltando la decisione precedente con motivazioni chiare e precise.

In primo luogo, la Corte ha stabilito che le spese necessarie per la conservazione del bene pignorato, incluso il mantenimento in vita di animali, rientrano a pieno titolo tra le ‘spese per gli atti necessari al processo’. Come tali, in assenza di fondi disponibili, devono essere anticipate dal creditore procedente. Questo principio è fondamentale per garantire che il bene non perda valore o, come in questo caso, non perisca durante la procedura.

In secondo luogo, i giudici hanno chiarito che, trattandosi di spese necessarie alla sopravvivenza stessa del bene, la mancanza di una preventiva autorizzazione è irrilevante. Il dovere di custodia impone di agire per preservare il bene, specialmente in situazioni di urgenza. Addossare parte dei costi al custode per questo motivo equivarrebbe a una sanzione ingiustificata.

Infine, la Corte ha tracciato una distinzione netta tra le ‘spese vive’ documentate e il ‘compenso’ del custode. Mentre il compenso può essere oggetto di valutazione da parte del giudice, le spese vive, se necessarie e documentate, non possono essere ridotte discrezionalmente né poste a carico del custode. Esse rappresentano un rimborso obbligatorio per un’attività svolta nell’interesse della procedura stessa.

Le Conclusioni: Un Principio di Responsabilità per il Creditore

La decisione della Cassazione rafforza un principio di fondamentale importanza pratica: il creditore che dà inizio a un’espropriazione forzata si assume la responsabilità di anticipare i costi indispensabili per mantenere il valore e l’integrità dei beni pignorati. Questa pronuncia offre una tutela essenziale ai custodi giudiziari, che non possono essere gravati del rischio economico derivante dall’adempimento dei loro doveri, soprattutto quando si tratta di preservare esseri viventi. Per i creditori, è un monito a considerare attentamente tutti i costi potenziali prima di avviare una procedura esecutiva.

Chi deve anticipare le spese per il mantenimento di animali pignorati?
Secondo la Corte di Cassazione, le spese necessarie per la conservazione e il mantenimento in vita di animali pignorati devono essere anticipate dal creditore che ha avviato la procedura esecutiva.

Se il custode sostiene spese urgenti senza l’autorizzazione preventiva del giudice, ha comunque diritto al rimborso?
Sì. La sentenza chiarisce che, quando si tratta di spese necessarie per la sopravvivenza del bene pignorato (come il cibo per gli animali), l’assenza di un’autorizzazione preventiva del giudice non è rilevante e non giustifica una riduzione o una negazione del rimborso.

Il giudice può ridurre l’importo delle spese vive documentate dal custode?
No. La Corte distingue tra le ‘spese vive’ (costi documentati e necessari) e il ‘compenso’ del custode. Mentre il compenso può essere soggetto a una valutazione discrezionale, le spese vive necessarie per la conservazione del bene devono essere rimborsate integralmente e non possono essere ridotte o poste a carico del custode.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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