Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22157 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22157 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso R.G.N. 01098/2023
promosso da
COGNOME NOME , AVV_NOTAIO, in proprio, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso RAGIONE_SOCIALE;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME , elettivamente domiciliata in Salerno, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in Salerno alla INDIRIZZO, in virtù di procura speciale in atti;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE ;
– intimato – avverso la sentenza n. 673/2022 della Corte d’Appello d i Salerno, pubblicata il 30/05/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 5792/2016, pubblicata il 20/12/2016, il Tribunale di Salerno accoglieva l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 460/ 2012, emesso su richiesta di COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, poi deceduta, di cui RAGIONE_SOCIALE NOME era erede (oltre che di COGNOME NOME, la cui opposizione veniva trattata in un altro procedimento), per crediti per prestazioni professionali di AVV_NOTAIO svolte dall’AVV_NOTAIO in favore della RAGIONE_SOCIALE (società cancellata dal registro imprese dal 21/11/2011), di cui COGNOME NOME e NOME erano socie.
Tale decreto era stato richiesto dallo COGNOME ‘ in estensione ‘, perché per gli stessi importi, aveva ottenuto tre precedenti ingiunzioni (n. 1079/2011 Trib. Avellino, e n. 4806/2011 e n. 4801/2011 Trib. Salerno) nei confronti della società sopra menzionata, nel frattempo estinta.
Con la sentenza sopra menzionata, il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo opposto, dando atto della vigenza del lodo irrituale pronunciato sugli stessi crediti in virtù di una convenzione di arbitrato intercorsa tra le parti originarie, e rigettava anche la domanda riconvenzionale di danni formulata dagli opponenti.
Avverso tale sentenza, proponeva appello l’AVV_NOTAIO e gli appellati , nel costituirsi, eccepivano l’inammissibilità o comunque l’infondatezza del gravame, formulando appello incidentale avverso il rigetto della domanda riconvenzionale di danni.
La Corte d’appello di Salerno, con la sentenza in questa sede impugnata, ha dichiarato inammissibile l’appello principale, per violazione dell’art. 342 c.p.c., e ha respinto l’appello incidentale , per difetto di prova del danno e del nesso causale, compensando interamente tra le parti le spese di causa.
Avverso tale statuizione ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, affidato a tre motivi di impugnazione.
Solo l’intimata COGNOME NOME si è difesa con controricorso, restando RAGIONE_SOCIALE intimato.
Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), in particolare in relazione agli artt.113 e 116 c.p.c., non ritenendo il ricorrente comprensibili le ragioni della decisione impugnata, perché i motivi dell’appello, se i fatti di causa fossero stati vagliati in base alla prodotta documentazione, ricostruita per ben due volte, sarebbero risultati sostanzialmente chiari, soprattutto tenendo conto della scrittura privata a firma di COGNOME NOME del 04/10/2010, che dimostrava il superamento di ogni pregressa convenzione arbitrale.
Con il secondo motivo è dedotto l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in relazione agli artt. 112 e 116 c.p.c., per omesso esame dei fatti decisivi del giudizio, desumibili da documentazione acquisita, autorizzata e ricostituita, poiché i pareri degli ordini professionali di Salerno e di Roma, la scrittura della liquidatrice COGNOME NOME del 04/10/2010, atti sottratti, smarriti, riprodotti ancora una volta e tutti gli altri atti depositati e prodotti in tutti i giudizi e ovviamente nei procedimenti di ingiunzione e di esecuzione, erano stati ignorati dal Tribunale di Salerno ed inspiegabilmente, anche dalla Corte di appello.
Con il terzo motivo è censurata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 324 c.p.c. , la presenza di un giudicato esterno inter partes , portato dalla sentenza n. 2133/2020 della Corte di Appello di Napoli, avente ad oggetto l’ opposizione a decreto ingiuntivo solidale a carico di tre soggetti.
Il ricorso è inammissibile per plurime ragioni.
In primo luogo deve rilevarsi che parte ricorrente, in violazione del disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. (nel testo previgente alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 149 del 2022, applicabile ratione temporis ), non ha operato una comprensibile esposizione dei fatti di causa, in grado di rappresentare al giudice di legittimità la materia del contendere, così come si è sviluppata nei precedenti gradi di giudizio, mediante una ordinata ricostruzione delle rispettive allegazioni e difese delle parti in relazione all’oggetto del giudizio , alla domande formulate e ai motivi di appello.
3.1. Tale esposizione, anche sommaria, è necessaria, sia pure in base ad una lettura funzionale (e non meramente formalistica) della norma, nella misura in cui consente al giudice di legittimità di valutare l’ammissibilità e la fondatezza d i motivi di ricorso per cassazione, il cui giudizio deve poter essere compiuto, secondo il principio di autosufficienza, in base alla sola le ttura dell’atto con cui è proposta l’impugnazione .
Le sezioni Unite di questa Corte hanno, in particolare, evidenziato che il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c., precisando che l’inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di
contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c. (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 37552 del 30/11/2021 e, da ultimo, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4300 del 13/02/2023).
3.2. Nella specie, parte ricorrente ha proposto un ricorso in cui ha esposto le proprie ragioni, mescolando riferimenti fattuali ad argomenti in diritto, senza operare una ricostruzione della vicenda in fatto interessata dal giudizio e senza una rappresentazione chiara del l’ andamento del processo nelle precedenti fasi, secondo le indicazioni sopra riportate, ma dando per presupposte le questioni e gli argomenti in concreto e nello specifico verosimilmente affrontati nei precedenti gradi di giudizio, con la conseguenza che il giudice di legittimità non viene messo in condizione di comprendere la vicenda sostanziale e processuale ad esso sottoposta, se non per meri accenni e riferimenti critici, incomprensibili in assenza dell’esposizione della effettiva materia del contendere oggetto del primo grado di giudizio e di quella poi devoluta al giudice di legittimità.
Il primo motivo di ricorso risulta comunque inammissibile.
4.1. Il giudice di appello , in accoglimento dell’eccezione sollevata dagli appellati, ha dichiarato l’inammissibilità dell’ impugnazione per violazione del requisito di specificità dei motivi di impugnazione, ai sensi dell’art. 342 c.p.c.
In particolare, si legge nella sentenza della Corte di merito quanto segue: «Nel caso di specie non è dato ritrovare la corretta esposizione delle parti della sentenza oggetto di critica e la conseguente puntuale esposizione degli argomenti in fatto e diritto a sostegno della impugnazione, essendo l’appello riproduttivo della difesa di primo grado, e privo di chiara esposizione di questioni di diritto riferibile ai fatti di causa. In particolare, non è dat o ritrovare nell’appello alcuna parte espositiva e critica relativa alla motivazione adottata al giudice. L’appello deve essere un atto compiuto in ogni sua parte, tale da
apparire immediatamente comprensibile, e da non indurre il collegio ad una attività interpretativa delle ragioni della impugnazione. Nel caso di specie, i due motivi di appello non appaiono completamente sviluppati sotto il profilo logico-giuridico, riportano una esposizione frammentaria dei fatti di causa, e riferiscono di una pretesa creditoria residua non chiaramente determinabile, in ragione di dati oggettivi ed immediatamente percepibili per il lettore. Invero, la ricostruzione dei molteplici rapporti professionali intercorsi tra le parti, e riferite a diversi decreti ingiuntivi, nei riguardi della società RAGIONE_SOCIALE e dei soci illimitatamente responsabili, appare incerta, anche in relazione alla definizione degli stessi con arbitrato irrituale, ed alla sussistenza di un residuo credito, non immediatamente percepibile, stante la opposizione relativa anche alla misura del credito, dunque alla corretta imposizione creditoria. Inoltre, l’appello contiene riferimenti a soggetti estranei al caso di specie, su cui alcuna decisione in questa sede potrebbe adottarsi. Pertanto, l’appello appare non compiutamente articolato in ogni sua parte in conformità all’art. 342 c.p.c. e come tale va dichiarato inammissibile.»
Nel formulare il motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto che il giudice dell’impugnazione avrebbe potuto ben comprendere i motivi di appello, se solo avesse prestato attenzione alla documentazione prodotta e in particolare alla scrittura del 04/04/2010 di COGNOME NOME, all’epoca liquidatore della società debitrice, che avrebbe anche dimostrato il superamento della convenzione arbitrale.
La censura non coglie, dunque, la ratio della decisione, che non si è incentrata sulla inadeguatezza degli elementi di prova posti a sostegno degli assunti fondanti l’impugnazione, ma sulla inadeguatezza delle stesse allegazioni della parte, contenute nell’atto di impugnazione, prima ancora che delle produzioni (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017).
4.2. La censura si presenta, inoltre, del tutto meritale ed ance generica in ordine all’aspetto decisivo della causa, posto che il giudice di primo grado ha ritenuto esistente e operativa una convenzione di arbitrato, mentre la parte ha dedotto che l’esame della scrittura del 04/04/2010, avrebbe evidenziato il superamento di tale convenzione, senza spiegare il perché avrebbe dovuto giungersi a tali conclusioni, dato che non la scrittura, riportata nel ricorso, non richiama in nessun punto la convenzione di arbitrato.
Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
5.1. Parte ricorrente ha dedotto che, nella specie, la Corte di merito ha omesso di esaminare fatti decisivi del giudizio, desumibili da documentazione acquisita, autorizzata e ricostituita, poiché i pareri degli ordini professionali di Salerno e di Roma, la scrittura della liquidatrice COGNOME NOME del 04/10/2010, erano stati ignorati dal Tribunale di Salerno e, inspiegabilmente, anche dalla Corte di appello.
5.2. Anche in questo caso il motivo non si collega alla ratio della decisione che ha rigettato l’appello principale, fondata sulla ritenuta inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c., ma si sostanza in una confusa allegazione di argomenti in fatto e in diritto, tra loro commisti, che, ad opinione del ricorrente, avrebbero dovuto portare il giudice di merito a respingere l’opposizione.
Il terzo motivo è inammissibile per estrema genericità della censura.
6.1. Com’è noto, i n tema di giudicato esterno formatosi nel corso del giudizio di secondo grado, qualora la sua esistenza non sia stata eccepita dalla parte interessata, la sentenza d’appello pronunciata in difformità è impugnabile con il ricorso per revocazione ex art. 395, n. 5, c.p.c., e non con quello per cassazione, mentre, nelle ipotesi in cui l’esistenza di tale giudicato abbia costituito oggetto di eccezione ritualmente sollevata in giudizio, la sentenza d’appello difforme non è
impugnabile con il ricorso per revocazione ma solo con il ricorso per cassazione (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 28733 del 04/10/2022).
Ovviamente, dunque, per rispondere al requisito di autosufficienza del ricorso, la parte che deduca con il ricorso per cassazione l’esistenza del giudicato esterno, non considerato dal giudice di appello, deve descrivere il contenuto della statuizione cui si riferisce, ai fini della dimostrazione dell’identità dei soggetti, dell’oggetto e del titolo costitutivo della pretesa e spiegare di averne eccepito l’esistenza.
6.2. Nella specie, tuttavia, il ricorrente ha dedotto l’intervento , nel 2020, e dunque nel corso del giudizio di appello, di una decisione della Corte di appello di Napoli (sentenza n. 2133/2020), avente efficacia di giudicato nel presente giudizio, senza specificare gli elementi che consentivano di ritenere esistente tale caratteristica (identità di soggetti, oggetto e titolo costitutivo), se e quando avesse formulato la relativa eccezione nel corso del giudizio di appello e senza illustrare in che modo tale pronuncia potesse incidere con il presente giudizio.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
la statuizione sulle spese segue la soccombenza.
In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla controricorrente, che liquida in € 5 .000,00 per compenso ed € 200 per esborsi, oltre accessori di legge;
dà atto, in applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile