Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3368 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 3368  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21782/2022 R.G. proposto da:
NOME  COGNOME , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  BIANCHI-MELACRINOMORELLI DI REGGIO CALABRIA , in persona del legale rappresentante pro  tempore ,  rappresentato  e  difeso  dall’ avvocato NOME COGNOME, con domicilio legale come da pec Registri di Giustizia;
-controricorrente –
–
Oggetto: Pubblico impiego –
Dirigenti
medici
–
Sostituzione
temporanea
Scadenza
–
Prosecuzione
–
Trattamento economico
R.G.N. 21782/2022
Ud. 24/01/2024 CC
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO REGGIO CALABRIA n. 76/2022 depositata il 03/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera  di consiglio del giorno 24/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 76/202 2 del 3 marzo 2022, la Corte d’appello di Reggio Calabria, nella regolare costituzione dell’appellato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  REGGIO  CALABRIA,  ha  respinto l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti della sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 917/2019.
NOME COGNOME NOME si era rivolta al giudice del lavoro chiedendo l’accertamento del diritto ad ottenere il trattamento economico  corrispondente  alla  qualifica di dirigente di struttura complessa, o comunque a conseguire l’indennizzo ex art. 2041 c.c.
Aveva riferito la ricorrente di essere stata dipendente del RAGIONE_SOCIALE REGGIO CALABRIA, con qualifica di dirigente medico di I livello e di avere ricevuto, giusta determina del 19 marzo 2010, l’incarico di sostituzione temporanea del dirigente, andato in quiescenza dal 1° ottobre 2009, proseguendo tuttavia nell’espletamento del compito anche dopo il 1° gennaio 2011 – termine finale del l’incarico di sostituzione temporanea – fino al collocamento a riposo il 31 dicembre 2015, non avendo l’azienda RAGIONE_SOCIALE mai portato a termine le procedure per la copertura del posto.
Nel disattendere il gravame la Corte d’appello ha affermato richiamando precedenti di questa Corte -che il mancato rispetto del termine massimo per le sostituzioni contemplato dall’art. 18, CCNL 8 giugno  2000  non  vale  a  legittimare  la  rivendicazione  dell’intero
trattamento economico spettante al dirigente sostituito, e ciò proprio sulla  scorta  del  comma  7  del  citato  art.  18,  il  quale,  unitamente  al principio di onnicomprensività della retribuzione, esclude la fondatezza della pretesa a qualsiasi titolo.
Ha quindi concluso la Corte territoriale che sia la disciplina della contrattazione collettiva sia la normativa vigente -ed  in  particolare l’art.  19,  D.  Lgs.  n.  165/2001 –  escludono per la dirigenza sanitaria l’applicazione della disciplina delle mansioni superiori e dell’art. 2103 c.c. in ragione delle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale.
La Corte ha, poi, escluso l’applicabilità dell’art. 2041 c.c., rilevando che, per effetto dell’attribuzione dell’indennità di sostituzione, era da escludere la sussistenza del presupposto del depauperamento.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria ricorre ora NOME COGNOME NOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DI REGGIO CALABRIA.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 18, CCNL Area dirigenza medica e veterinaria  del  servizio  sanitario  nazionale  dell’8  giugno  2000,  e  12 Preleggi.
Il ricorso contesta l’interpretazione seguita dalla Corte territoriale, sostenendo che, una volta decorso il  termine  massimo  contemplato dall’art.  18  CCNL  8  giugno  2000  per  la  sostituzione  del  dirigente
cessato, ed in assenza di indicazioni univoche derivanti dalla previsione di contrattazione collettiva, il compenso del sostituto non può seguire i medesimi parametri previsti per la sostituzione temporanea, ma deve allinearsi al principio del riconoscimento della retribuzione corrispondente all’esercizio di mansioni superiori.
1.2.  Con il  secondo  motivo il  ricorso  deduce,  in  relazione  all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 36 Cost.; 2041 c.c.; 1, Primo Protocollo addizionale alla CEDU, in relazione all’art.117 Cost.
Il ricorso impugna la decisione della Corte di Reggio Calabria nella parte in cui ha anche respinto la domanda ex art. 2041 c.c., argomentando nel senso della sussistenza del depauperamento invece escluso dalla Corte territoriale, in quanto la corresponsione dell’indennità sostitutiva verrebbe a determinare uno squilibrio nella remunerazione in violazione del principio di proporzionalità di cui all’art. 36 Cost., venendo quindi a determinare un depauperamento e traducendosi altresì nella violazione dell’art . 1, Primo Protocollo addizionale alla CEDU, da intendersi riferito anche ai crediti.
Deve in primo luogo essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente.
È sufficiente, sul punto, osservare che, a fronte del deposito della sentenza impugnata in data 3 marzo 2022, la tempestività del ricorso notificato  in  data  5  settembre  2022  discende  pianamente  dalla constatazione che il giorno 3 settembre coincideva con il sabato – e quindi il giorno 4 con la domenica – risultando pertanto che il termine finale per l’impugnazione deve essere individuato, ex art. 155, quinto comma, c.p.c., nel giorno 5 settembre
Entrambi i motivi di ricorso devono essere dichiarati inammissibili ex art. 360bis ,  n.  1),  in  quanto  la  decisione della Corte reggina ha statuito  in  senso  conforme  alla  giurisprudenza  di  questa  Corte  ed  i
motivi articolati dalla ricorrente non offrono elemento alcuno di novità che possa indurre a riesaminare detto orientamento.
Quanto al primo motivo, infatti, questa Corte, in numerosi propri precedenti, ha chiarito:
-sia che al dirigente medico preposto di fatto ad una struttura complessa, per il periodo successivo all’entrata in vigore del d.lgs. n. 229 del 1999, non spetta l’integrale trattamento di chi risulti legalmente incaricato di tale direzione, ma solo il trattamento dirigenziale già spettante allo stesso sostituto, da calcolare fissando la retribuzione di posizione nella misura prevista per l’adibizione a struttura complessa integrata con l’indennità sostitutiva (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 34541 del 27/12/2019);
-sia che nell’ambito della dirigenza sanitaria, non trova applicazione l’art. 2103 c.c. con riferimento al mancato riconoscimento delle mansioni superiori, atteso che l’inapplicabilità di tale disposizione ai dirigenti del pubblico impiego privatizzato – che è sancita in via generale dall’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 e trova origine nel fatto che la qualifica dirigenziale non esprime una posizione lavorativa caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale a ricoprire un incarico dirigenziale – è ribadita specificamente per la dirigenza sanitaria, inserita in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello, dall’art. 15ter del D. Lgs. n. 502/1992 e dall’art. 28, comma 6, CCNL 8 giugno 2000 (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 91 del 04/01/2019, ma si vedano anche altre decisioni non massimate: Cass. Sez. L, Ordinanza n.
23156 del 2021; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 91 del 2019; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 28151 del 2018).
Questa Corte, anzi, nell’affermare il principio appena richiamato, ha ulteriormente puntualizzato che sul l’attribuzione al sostituto, non del trattamento accessorio del sostituito, bensì della sola indennità cd. sostitutiva, non incide, in senso contrario, la circostanza della prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici, se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost. (Cass. Sez. L – Sentenza n. 21565 del 03/09/2018; Cass. Sez. L, Sentenza n. 16299 del 03/08/2015).
Come già anticipato, il primo motivo di ricorso non offre concreti elementi per superare l’orientamento fissato dai numerosi precedenti testé  richiamati -la  cui  motivazione  qui  si  richiama  anche  ai  sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. -in quanto esso si limita ad invocare un singolo precedente contrario di questa Corte (Cass. Sez. L, Sentenza n. 13809 del 06/07/2015), da intendersi ormai superato.
5. Anche in relazione al secondo motivo si deve rilevare che le deduzioni della ricorrente non valgono a porre in discussione l’orientamento espresso da questa Corte in proprie decisioni anche non recenti (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 28151 del 2018; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 28924 del 2018), nelle quali si è esclusa la configurabilità di un’ipotesi di indebito arricchimento da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, posto che l’azione ex art. 2041 c.c. può essere spiegata solo ove vi sia stato l’arricchimento di un soggetto con corrispondente diminuzione patrimoniale di un altro soggetto, mancante di causa giustificatrice, ed allorché il danneggiato non possa proporre altra azione (art. 2042 c.c.), laddove è evidente che nella specie la ricorrente
aveva a disposizione l’azione svolta in via principale e prevista per le parti  di  un  contratto  di  lavoro,  con  conseguente  improponibilità dell’azione per mancanza del requisito della sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c..
Né può ravvisarsi in detto orientamento il contrasto con i principi CEDU  dedotto  dalla ricorrente, sol che si consideri che detto orientamento  presenta  un’evidente  finalità  di risparmio  della  spesa pubblica.
 Il  ricorso  deve  quindi  essere  dichiarato  inammissibile,  con conseguente  condanna  della  ricorrente  alla  rifusione  in  favore  del controricorrente delle spese  del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020). 
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 6.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai  sensi  del  D.P.R.  30  maggio  2002,  n.  115,  art.  13  comma  1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in  data 24 gennaio