Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22107 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22107 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
-) Di Taranto NOME
– intimata – avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma 28 dicembre 2024, pronunciata nel giudizio R.G.E. 1988/24;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
viste le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME di professione avvocato, nel 2015 chiese ed ottenne dal Tribunale di Roma il decreto ingiuntivo n. 19576/15 nei confronti di NOME COGNOME per l’importo di euro 508.202,19 .
Oggetto : processo di esecuzione -pregiudizialità penale – sospensione ex art. 337 c.p.c. -impugnabilità del relativo provvedimento con regolamento di competenza esclusione.
O R D I N A N Z A
sul ricorso per regolamento di competenza n. 27374/24 proposto da:
-) COGNOME NOME COGNOME domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dall’avvocato NOME COGNOME ;
– controricorrente –
nonché
Nel 2016 il decreto venne messo in esecuzione nelle forme del pignoramento presso terzi.
Il creditore NOME COGNOME pignorò un credito vantato da NOME COGNOME nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE
Il G.E. con ordinanza 19.12.2017 assegnò il credito.
Avverso tale ordinanza la Poste Italiane propose opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., che fu accolta dal Tribunale.
Questa Corte con ordinanza 5.12.2023 n. 34047 ritenne tardiva l’opposizione; accolse il ricorso del debitore esecutato NOME COGNOME (cui aveva aderito il creditore procedente), cassò la relativa sentenza e condannò la Poste Italiane alle spese dell’intero giudizio (liquidate in euro 17.200 oltre accessori).
4 . In virtù di tale sentenza NOME COGNOME iniziò l’esecuzione forzata nei confronti di Poste Italiane.
Poste Italiane propose opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., deducendo che il decreto ingiuntivo posto a fondamento dell’esecuzione iniziata da NOME COGNOME e conclusa dall’ordinanza di questa Corte 34047/23 (e, dunque, in tesi difensiva, dal titolo esecutivo di cui si discorre nel presente giudizio) fu ritenuto falso dalla competente Procura della Repubblica, che per tale ragione aveva chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio sia di NOME COGNOME che di NOME COGNOME (pronunciato dal G.U.P. del Tribunale di Roma il 28.02.2023), con l’imputazione – tra gli altri reati di truffa e falso.
Nell’àmbito della suddetta procedura il debitore esecutato Poste Italiane chiese al G.E. di sospendere l’esecuzione, ai sensi dell’art. 624 o, in subordine, dell’art. 295 c.p.c..
ha accolto l’istanza di sospensione.
Con ordinanza 28.12.2024 il G.E. Nell’ordinanza si afferma che:
-la sospensione non poteva essere disposta ai sensi dell’art. 623 c.p.c., perché l’efficacia del titolo esecutivo giudiziale non era sospesa;
la sospensione non poteva essere disposta ex art. 624 c.p.c., perché ‘ la mera pendenza del processo penale’ non costituirebbe giusto motivo di sospensione, perché altrimenti ‘ il giudizio di verosimiglianza, in cui si traduce la verifica della ricorrenza del fumus boni iuris, a sostegno della domanda cautelare ex art. 624 c.p.c., nel caso concreto finirebbe con il coincidere con il giudizio di verosimiglianza dell’esito dello stesso giudizio penale’ ;
la sospensione non poteva essere disposta ai sensi dell’art. 295 c.p.c., perché inapplicabile al processo di esecuzione;
-la sospensione poteva invece essere disposta ai sensi dell’art. 337, secondo comma, c.p.c., da applicarsi al caso di specie in via analogica.
Avverso l’ordinanza suddetta NOME COGNOME ha proposto regolamento di competenza, illustrato da memoria.
La Poste Italiane ha depositato memoria chiedendo dichiararsi l’ inammissibilità o, in subordine, il rigetto del regolamento.
Il Pubblico Ministero ha chiesto dichiararsi inammissibile il regolamento.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all’art. 380bis , secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Questioni preliminari.
L’eccezione di nullità della procura conferita dalla Poste Italiane ai propri difensori è infondata, ai limiti della temerarietà.
La procura all’avv. NOME COGNOME e risulta conferita da NOME COGNOME dirigente della Poste Italiane, a ciò autorizzato con scrittura privata autenticata del 10.9.2024.
A sua volta NOME COGNOME ha conferito tale procura in virtù dei poteri conferitigli dal Direttore Generale NOME COGNOME a ciò autorizzato per effetto di procura (sostanziale) ricevuta ad iscritta a repertorio dal medesimo notaio che ha autenticato il conferimento dei poteri di rappresentanza a NOME COGNOME
1.1. A fronte di tali fatti l’eccezione di nullità è manifestamente infondata per due indipendenti ragioni.
La prima ragione è che il Direttore Generale di una società per azioni è un institore e l’institore è , per legge, dotato dei poteri di rappresentanza dell’imprenditore (art. 2204 c.c.).
1.2. La seconda ragione è che l ‘una e l’altra delle suddette procure sono state attestate esistenti e valide dal medesimo notaio, che le ha ricevute entrambe: e tanto basta per ritenere esistenti i poteri rappresentativi e ritualmente costituita la Poste Italiane.
2. Sul merito.
Il ricorrente denuncia due vizi dell’ordinanza impugnata:
avere falsamente applicato l’art. 337, secondo comma c.p.c., in un caso non contemplato da tale norma;
in ogni caso avere sospeso il processo esecutivo in ragione della pendenza d’un procedimento penale di falso che no n riguarda il titolo esecutivo messo in esecuzione (l’ordinanza di questa Corte 34047/23).
2.1. Con la memoria depositata il 26.4.2025 il ricorrente ha aggiunto una ulteriore deduzione: essere ormai definito il giudizio penale ritenuto dal G.E. pregiudiziale. Ha infatti allegato che con sentenza 7.2.2025 il GIP del Tribunale di Roma ha assolto NOME COGNOME e NOME COGNOME dai reati a loro ascritti nel procedimento r.g. 847/20, ‘ perché il fatto non sussiste’ .
2.2. Il ricorso è manifestamente inammissibile, a prescindere dal fatto che sia cessata o meno la causa di sospensione pregiudiziale, in quanto proposto contro un provvedimento non suscettibile di essere impugnato ai sensi dell’art. 337, secondo comma c.p.c..
Ciò per due ragioni:
-) sia perché qualunque provvedimento del Giudice dell’esecuzione, per il quale la legge non preveda uno speciale mezzo di impugnazione, può
essere censurato solo con l’opposizione agli atti esecutivi; trattasi d’un principio fondativo della struttura del processo di esecuzione, non derogato dalla legge e non derogabile dall’interprete ;
-) sia perché l’eventuale erroneità od ingiustizia della sospensione dell’esecuzione pronunciata nella fase sommaria può essere sanata dal giudice della fase di merito, e l’esistenza di tale rimedio di per sé esclude il ricorso all’art. 337, secondo comma, c.p.c. .
La novità della questione giuridica affrontata costituisce grave motivo per la compensazione integrale delle spese, con conclusione analoga a quella già raggiunta da questa Corte in vicenda analoga (Cass. 17003/25).
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile