Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5415 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5415 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2762-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2486/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/07/2022 R.G.N. 2651/2018;
Oggetto
Somministrazione di lavoro -Irregolarità Collegamento tra il contratto commerciale e il contratto di lavoro -Conseguenze
R.G.N.2762/2023
Cron. Rep. Ud.14/01/2025 CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
1. NOME COGNOME per quanto qui rileva, deduceva di aver stipulato il 4.11.2013 un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato ai sensi degli artt. 20 ss. d. lgs. n. 276/2003 con la società RAGIONE_SOCIALE (dopo una serie di contratti a progetto e di contratti analoghi con altre agenzie di lavoro interinale) per la somministrazione di lavoro a tempo determinato presso la sede di Roma dell’ANAS, con mansioni di consollista/programmatore, orario di lavoro di 36 ore settimanali, applicazione del CCNL ANAS, e ne affermava l’irregolarità per utilizzo difforme dalle ragioni indicate nel contratto, con conseguente costituzione di rapporto di lavoro con l’utilizzatore;
2. in contraddittorio con l’utilizzatore ANAS, il Tribunale rigettava il ricorso, sul presupposto che la domanda era incentrata su vizi inerenti al contratto di lavoro e che soltanto i vizi inerenti al contratto di somministrazione potessero consentire la tutela costitutiva invocata nei confronti dell’utilizzatore, mentre la società di somministrazione di lavoro non era stata citata in giudizio;
3. la Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava, invece, l’illegittimità della somministrazione del 4.11.2013 , stante l’utilizzo del lavoratore somministrato difforme dalle ragioni indicate nel contratto di lavoro; dichiarava che tra le parti si era instaurato un rapporto di lavoro subordinato da tale data con mansioni di consollista/programmatore, orario di lavoro di 36 ore
settimanali, CCNL ANAS 2002-2005; condannava l’appellata all’immediata riammissione in servizio dell’appellante e al pagamento di indennità risarcitoria;
4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso ANAS sulla base di unico motivo, cui il lavoratore ha resistito con controricorso; entrambe la parti hanno depositato memorie; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposit o dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
la società ricorrente deduce v iolazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 27 del d.lgs. n. 276/2003 e inammissibilità delle domande nei propri confronti; sostiene che, avendo il lavoratore fondato la domanda di costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatrice dolendosi soltanto di vizi relativi al contratto individuale di lavoro stipulato con l’agenzia somministratrice , senza nulla eccepire in merito alla regolarità del contratto di somministrazione (cd. contratto commerciale) intercorso tra l’utilizzatrice RAGIONE_SOCIALE e l’agenzia di somministrazione RAGIONE_SOCIALE, non convenuta in giudizio, essa utilizzatrice è estranea al contratto di lavoro stipulato tra il lavoratore e l’agenzia di somministrazione, e quindi non legittimata passiva alla domanda di costituzione del rapporto;
il motivo, che ripropone la questione di diritto che ha portato la Corte d’Appello alla riforma della diversamente orientata sentenza di primo grado, non è fondato;
la Corte di Roma, invero, si è conformata, richiamandola espressamente, alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 16642/2012, §§ 16-20 della motivazione), cui il Collegio
intende dare continuità, che ha chiarito come, nei casi che il legislatore definisce di somministrazione irregolare, il concetto di somministrazione che avviene al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli artt. 20, 21, 27 d. lgs. n. 276/2003 comprende sicuramente anche l’utilizzazione di un lavoratore per ragioni diverse da quelle indicate nel contratto di somministrazione; se, come nel caso in esame, viene accertato in fatto che le mansioni effettivamente svolte erano esorbitanti rispetto a quelle indicate nel contratto di lavoro, si tratta di utilizzazione diversa che rende la somministrazione irregolare e non rileva che il lavoratore abbia formulato contestazioni limitate al contratto di lavoro, una volta che abbia chiesto l’accertamento del carattere irregolare della somministrazione con un ricorso formulato ai sensi dell’art. 27 d. lgs. n. 276/2003;
4. invero, la somministrazione di lavoro si realizza attraverso un sistema di contratti che coinvolge l’agenzia di somministrazione, l’utilizzatore e il lavoratore; mentre il rapporto tra agenzia ed utilizzatore è regolato da un contratto avente natura commerciale, il rapporto tra agenzia e lavoratore è riconducibile allo schema della subordinazione; nel contratto di lavoro subordinato tra agenzia e dipendente, quest’ultimo si impegna a svolgere la prestazione in favore di un terzo;
5. lo svolgimento dell’attività lavorativa assume rilievo sotto un duplice profilo: quale adempimento dell’obbligo del prestatore nel rapporto di subordinazione con l’agenzia e di esecuzione da parte di quest’ultima del contratto commerciale stipulato con l’utilizzatore, con un evidente collegamento funzionale tra i due contratti, i quali, pur conservando le caratteristiche e la disciplina proprie del rispettivo tipo
negoziale, risultano entrambi legati al medesimo scopo di garantire unità di lavoro subordinato flessibile ad un soggetto diverso dal datore di lavoro formale (cfr. Cass. n. 26607/2019);
come chiarito da Cass. n. 17540/2014, i n tema di somministrazione di lavoro la mera astratta legittimità della causale indicata nel contratto di somministrazione non basta a rendere legittima l’apposizione di un termine al rapporto, dovendo anche sussistere, in concreto, una rispondenza tra la causale enunciata e la concreta assegnazione del lavoratore a mansioni ad essa confacenti, con la conseguenza che la sanzione di nullità del contratto, prevista espressamente per il caso di difetto di forma scritta, si estende anche all’indicazione omessa o generica della causale della somministrazione, con conseguente trasformazione del rapporto da contratto a tempo determinato alle dipendenze del somministratore a contratto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell’utilizzatore (conf. Cass. n. 109/2019) ;
accertato il collegamento tra i due contratti (di lavoro e commerciale), la questione si sposta sul profilo dell’interpretazione della domanda giudiziale, che la Corte di merito ha qualificato di accertamento della violazione dei limiti della somministrazione in contrasto con l’obbligo di specifica indicazione dei casi e delle ragioni di carattere tecnico, produttivo o organizzativo dell’utilizzatore, con applicazione del meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 27, comma 1, d. lgs. cit.;
8. in questo senso, va ribadito che il giudice di merito, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, non è condizionato dalle espressioni
adoperate dalla parte, ma deve accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non esclusivamente dal tenore letterale degli atti, ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla medesima parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento concreto richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta; il relativo giudizio, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, è sindacabile in sede di legittimità unicamente se sono stati travalicati i detti limiti o per vizio della motivazione (Cass. n. 13602/2019; v. anche n. 27181/2023), il che non è avvenuto nel caso in esame;
il ricorso deve, pertanto, essere respinto;
le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente dichiaratosi antistatario, seguono la soccombenza;
al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.500 per compensi professionali, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P .R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 14 gennaio 2025.