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Somministrazione fraudolenta: la decadenza non basta

La Corte di Cassazione ha stabilito che la decadenza dall’impugnazione dei singoli contratti di somministrazione non impedisce al giudice di valutare se la reiterazione di centinaia di contratti configuri una somministrazione fraudolenta. Analizzando il caso di un autista con circa 800 contratti in dieci anni, la Corte ha cassato la decisione di merito che aveva dichiarato inammissibile il ricorso, ordinando un nuovo esame per verificare l’abuso del diritto e la violazione delle norme imperative, anche di derivazione europea.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Somministrazione Fraudolenta: La Cassazione Afferma che l’Abuso Supera la Decadenza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nella tutela dei lavoratori: la somministrazione fraudolenta di manodopera, attuata attraverso una catena interminabile di contratti a termine, può essere accertata anche se sono scaduti i termini per impugnare i singoli contratti. Questa decisione chiarisce che l’abuso del diritto non può trovare riparo dietro formalismi procedurali come la decadenza.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un lavoratore impiegato come autista di autobus per oltre dieci anni, dal 2008 al 2018, presso la stessa azienda di trasporti. Il rapporto di lavoro, tuttavia, non era diretto, ma mediato da un’agenzia interinale attraverso la stipula di circa ottocento contratti di somministrazione a termine e relative proroghe.

Il lavoratore si è rivolto al Tribunale per chiedere di accertare la natura fraudolenta di questa sequenza di contratti. A suo avviso, l’azienda utilizzatrice aveva abusato dello strumento della somministrazione per coprire un fabbisogno di personale stabile e duraturo, eludendo l’obbligo di assunzione a tempo indeterminato. Chiedeva quindi la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato direttamente con l’azienda utilizzatrice e il relativo risarcimento dei danni.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, però, hanno respinto la sua domanda, dichiarandola inammissibile. La motivazione? La decadenza. Secondo i giudici di merito, il lavoratore non aveva impugnato i singoli contratti entro i termini previsti dalla legge (art. 32 della L. 183/2010), perdendo così il diritto di far valere la nullità.

La Decisione della Corte di Cassazione e la somministrazione fraudolenta

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la prospettiva. Accogliendo il ricorso del lavoratore, ha cassato la sentenza della Corte d’Appello e ha rinviato la causa a quest’ultima per un nuovo esame.

Il principio cardine affermato dai giudici supremi è che la questione non è la validità o meno del singolo contratto, ma la legittimità dell’intera operazione economica. Quando la reiterazione di contratti di somministrazione è tale da superare ogni ragionevole limite di temporaneità, si può configurare un abuso. Questo abuso, volto a eludere norme imperative (come quelle che promuovono la stabilità del lavoro), integra una somministrazione fraudolenta ai sensi dell’art. 1344 del Codice Civile (contratto in frode alla legge).

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale, anche di derivazione europea. Le motivazioni principali possono essere così sintetizzate:

1. Distinzione tra Impugnazione del Singolo Atto e Accertamento dell’Abuso: Un conto è contestare la legittimità di un singolo contratto a termine, azione soggetta a precisi termini di decadenza. Altro conto è chiedere al giudice di valutare l’intera sequenza contrattuale come un’operazione unitaria finalizzata a eludere la legge. Questa seconda azione, che mira a far dichiarare la nullità per frode alla legge, non è soggetta alla stessa decadenza.

2. Rilevanza della Direttiva Europea: La Corte richiama la Direttiva 2008/104/CE, che mira a trovare un equilibrio tra la flessibilità per le imprese e la sicurezza per i lavoratori interinali. Un ricorso sistematico e prolungato a missioni successive presso la stessa azienda per lo stesso lavoratore può compromettere questo equilibrio e costituire un abuso, specialmente se non giustificato da ragioni oggettive.

3. L’irrilevanza della Decadenza nell’Accertamento Complessivo: Anche se i contratti precedenti non sono stati impugnati tempestivamente, essi non scompaiono dalla realtà storica. Il giudice deve considerarli come ‘antecedenti storici’ per valutare se, nel loro insieme, abbiano realizzato una elusione delle norme imperative. Il numero esorbitante di contratti (ottocento) e la durata decennale del rapporto sono elementi di prova schiaccianti che non possono essere ignorati solo perché è maturata la decadenza sui singoli atti.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un’importante vittoria per la tutela dei lavoratori precari. La Corte di Cassazione invia un messaggio chiaro alle aziende: non è possibile utilizzare lo strumento della somministrazione a termine in modo abusivo e sistematico per coprire esigenze di personale stabili e permanenti, pensando di essere al sicuro una volta scaduti i termini di impugnazione. La valutazione di una potenziale somministrazione fraudolenta richiede uno sguardo complessivo sull’intera vicenda lavorativa, perché la frode alla legge inficia l’intera operazione, rendendola nulla. I lavoratori in situazioni analoghe hanno quindi uno strumento in più per far valere i propri diritti e ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

La scadenza dei termini (decadenza) per impugnare i singoli contratti di somministrazione impedisce di accertare una frode alla legge sull’intera operazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che, nonostante l’intervenuta decadenza dall’impugnativa dei singoli contratti, il giudice deve comunque esaminare la questione della frode alla legge, valutando se la reiterazione dei contratti realizzi un’elusione delle norme imperative.

Quali elementi possono indicare un uso abusivo della somministrazione di lavoro a termine?
Il provvedimento evidenzia come elementi significativi l’impressionante numero di contratti stipulati (in questo caso circa ottocento in poco più di sette anni) e la continuità della prestazione resa sempre con la medesima qualifica e per le stesse mansioni, indicando una copertura di esigenze stabili e non temporanee.

È necessario un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea per interpretare la direttiva sul lavoro interinale in questi casi?
No, la Corte di Cassazione ha ritenuto non necessario il rinvio pregiudiziale, affermando che l’interpretazione del diritto dell’Unione Europea in materia è già stata chiarita da precedenti sentenze della stessa Corte di Giustizia (principio dell’acte éclairé), fornendo già gli strumenti per decidere il caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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