Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19153 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19153 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11748-2024 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1165/2023 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 13/11/2023 R.G.N. 1185/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
Contratti di somministrazione
a termine
Nullità
Frode alla legge
R.G.N.11748/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 27/05/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Catania rigettava l’appello proposto da NOME NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 1833/2021, con cui, per effetto della decadenza di cui all’art. 32, comma 4, lett. d), l. n. 183/2010, era stato dichiarato inammissibile il suo ricorso, nel quale, premettendo di aver prestato attività lavorativa in favore della RAGIONE_SOCIALE con mansioni di autista di autobus per effetto della stipula di circa ottocento contratti di somministrazione a termine e delle relative proroghe nel periodo dal 7.3.2008 al 30.9.2018, il COGNOME aveva chiesto accertarsi la natura fraudolenta dei predetti contratti di lavoro, ovvero la loro nullità per mancanza di forma scritta, e dichiararsi il proprio diritto alla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la RAGIONE_SOCIALE ed al risarcimento del danno.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, dato conto dei sei motivi d’impugnazione del lavoratore, giudicava l’appello infondato, facendo soprattutto riferimento ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. a propria precedente decisione, relativa a fattispecie analoga, e riteneva assorbiti gli altri motivi d’appello.
Avverso tale decisione NOME Giuseppe Alberto ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
Resiste l’intimata con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione della Direttiva 2008/104/CE del 19.11.2008, art. 5.5, relativa al lavoro tramite agenzia interinale, degli artt. 1344, 1418, 1421 e 1422 c.c., dell’art. 32 l. n. 183/2010 e dell’art. 38 del D.lgs. n. 81/2015 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)’. Deduce che la ‘Corte di Appello di Catania erroneamente non scrutinava nel merito la domanda volta ad accertare l’assunzione della somministrazione in frode alla legge (anche per superamento del requisito della temporaneità) estendendo a tale fattispecie la decadenza ex art. 32, comma 4, lett. d) della legge 183/2010 e dell’art. 39 del D.lvo 81/2015 in violazione della Direttiva 2008/104/CE e della normativa vigente nazionale vigente in materia di atti nulli perché assunti in frode alla legge’.
2. La censura così riassunta è fondata.
In proposito giova sottolineare che la Corte distrettuale, nel respingere l’appello del lavoratore ha fatto prevalente riferimento a propria precedente sentenza n. 1100/2022, che riguardava caso analogo a quello in esame, pure riferito a plurimi contratti di somministrazione a termine che vedevano anche la RAGIONE_SOCIALE quale società utilizzatrice, oltre altra società, in base a contratti intercorsi tra queste ultime società e la RAGIONE_SOCIALE quale agenzia interinale.
Ebbene, il secondo motivo del ricorso per cassazione di altro lavoratore (identico all’unico ora in esame) avverso la suddetta sentenza della Corte d’appello di Catania fu accolto
da questa Corte Suprema, con rinvio alla medesima Corte territoriale, giusta sentenza del 14.3.2024, n. 6898.
4.1. In particolare, nella motivazione di quella decisione è stato considerato:
‘ 7. In proposito, occorre evidenziare che il ricorrente non si era limitato a rappresentare che ‘per tutti i n. 437 contratti firmati con la RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE ed i n. 343 contratti firmati con la RAGIONE_SOCIALE (indicati nell’attestato depositato sub all. 3 del fascicolo di parte del primo grado) non era stato firmato alcun contratto c.d. commerciale, tra la società di somministrazione (RAGIONE_SOCIALE, e le società’ convenute.
Nel secondo motivo di ricorso, infatti, ha dedotto che, sia nel ricorso introduttivo che nell’atto di appello, aveva eccepito ‘che l’intera somministrazione intercorsa era da considerarsi fraudolenta per violazione degli artt. 1344 e 1418 c.c. e dell’art. 28 del D.lvo 276/2003, circostanza desumibile dalla durata della somministrazione intercorsa ininterrottamente dal 12.07.2007 sino al 24.11.2014, dall’esorbitante numero dei contratti di lavoro firmati (n. 437 + n. 343 firmati con l’agenzia interinale per missioni sempre presso la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE) e dalla modalità della chiamata al lavoro che in tali sette anni avveniva sempre ad opera di personale riconducibile agli utilizzatori e mai da parte della società interinale.
A riguardo ha anche richiamato testualmente quanto aveva in proposito dedotto nel quarto motivo dell’appello proposto alla Corte di merito (cfr. pagg. 15 e 16 del ricorso).
Le controricorrenti sul punto, non hanno negato tali prospettazioni del lavoratore, nondimeno hanno sostenuto l’inammissibilità della censura attualmente formulata perché avrebbe introdotto un nuovo motivo di diritto non trattato nei precedenti gradi di giudizio.
In particolare, hanno osservato ‘che il motivo dedotto in appello attiene esclusivamente alla asserita violazione da parte dell’utilizzatore dell’art. 28 D.lgs. 276/03 ed in esso non si ritrova alcuno specifico richiamo all’applicabilità/inapplicabilità de i termini decadenziali ex lege anche all’ipotesi della somministrazione fraudolenta, come invece poi sostenuto nel Ricorso per Cassazione’.
Tale argomento è privo di qualsiasi fondamento.
E’ pacifico, infatti, che unica ed esclusiva ratio decidendi della sentenza di primo grado era stata quella della ritenuta decadenza ex art. 32, comma 4, lett. d), L. n. 183/2010, in base alla quale il Tribunale aveva dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore, rispetto a tutte le varie domande in esso spiegate.
E’ perciò di tutta evidenza che (anche) il precipuo motivo d’appello cui si riferisce ora il ricorrente nel secondo motivo era volto ad attingere tale statuizione del primo giudice.
D’altronde, come peraltro non è sfuggito al P.G., la stessa Corte territoriale si era in realtà espressa a riguardo nel § 3.7. della sua motivazione, sia pure in termini, come si vedrà subito, non condivisibili.
Più nello specifico, la Corte catanese ha ritenuto che nessuna rilevanza poteva ‘riconoscersi alla sentenza
richiamata nelle note autorizzate depositate il 9.09.2022 (Cass. civ., sez. lav. 21/07/2022, n. 22861), atteso che la stessa riguarda diversa fattispecie, in cui era sottratto alla eccepita decadenza l’ultimo contratto intercorso tra le parti, in ordine al quale la verifica della sua nullità per essere stato stipulato in frode alla legge involgeva anche i pregressi contratti intercorsi tra le parti, nonostante la mancata tempestiva impugnativa’, e richiamava a riguardo un passo della motivazione di Cass. n. 22861/2022.
Tali considerazioni non possono, però, essere condivise.
12.1. E’ vero che Cass. n. 22861/2022 riguardava caso analogo a quello ora in esame (di plurimi contratti di somministrazione e di lavoro conclusi in ampio arco temporale), ma nel quale il giudice di secondo grado aveva condiviso l’iter argomentativo del Tribunale , che aveva affermato la decadenza del lavoratore, ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. d) con riguardo a tutti i contratti di somministrazione, ad eccezione dell’ultimo, che anzi era stato reputato legittimo dalla medesima Corte di merito (cfr. il § 2.1. della narrativa di tale sentenza).
Tuttavia, tale peculiarità di quella fattispecie non ha assunto concreto rilievo nell’enunciazione dei principi di diritto affermati in tale sentenza.
In quest’ultima, infatti, si è affermato che il giudicato sull’intervenuta decadenza dall’impugnativa dei contratti precedenti non preclude l’accertamento dell’abusiva reiterazione, atteso che la vicenda contrattuale, pur insuscettibile di poter costituire fonte di azione diretta nei
confronti dell’utilizzatore per la intervenuta decadenza, può rilevare come antecedente storico che entra a far parte di una sequenza di rapporti, valutabile, in via incidentale, dal giudice, al fine di verificare se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione degli obiettivi della Direttiva 2008/104/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia con sentenze del 14 ottobre 2020 in causa C-681/18 e del 17 marzo 2022 in causa C-232/20.
In tal senso, si è ritenuto che ‘missioni successive assegnate al medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice possono eludere l’essenza stessa delle disposizioni della Dir. n. 2008/104 e possono costituire un abuso di tale forma di rapporto di lavoro, in quanto idonee a compromettere l’equilibrio realizzato da tale Direttiva tra la flessibilità per i datori di lavoro e la sicurezza per i lavoratori, a discapito di quest’ultima’, specialmente quando non viene fornita alcuna spiegazione al fatto che un’impresa utilizzatrice ricorra a tale successione di contratti. In tal caso spetta al giudice nazionale verificare se una delle disposizioni della direttiva 2008/104 venga aggirata e ciò anche se sia maturata la decadenza prevista dall’art. 32 L. n. 183/2010 per l’azione di costituzione di un rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore.
E gli stessi principi di diritto sono stati espressi in Cass. 11.10.2022, n. 29570, e in Cass. 27.7.2022, n. 23494, in fattispecie sovrapponibili a quella considerata in Cass. n. 22861/2022, e con identica motivazione.
12.2. Ma ancor più significativa del medesimo indirizzo interpretativo è la sopra già cit. Cass. n. 19216/2023.
Quest’ultima decisione, infatti, come in precedenza notato relativa a fattispecie analoga a quella in esame, aveva accolto il ricorso per cassazione di RAGIONE_SOCIALE s.p.a.RAGIONE_SOCIALE ritenendosi che la decadenza dall’impugnativa del contratto di somministrazione di lavoro ex art. 39 d.lgs. n. 81 del 2015 si applica anche all’ipotesi di n ullità del contratto stesso per mancanza di forma scritta ai sensi del precedente art. 38, comma 1, poiché attraverso il rinvio operato dal citato art. 39 all’art. 38, comma 2, del d.lgs. in questione, che, a sua volta, richiama le condizioni di cui all’art. 33, comma 1, la predetta ipotesi della nullità viene ad essere inclusa nell’ambito di operatività della disciplina in tema di decadenza.
Il ricorso per cassazione della società che trovò accoglimento riguardava in particolare la statuizione della Corte di merito che aveva ritenuto che per l’ultimo contratto di somministrazione, concluso nel vigore del cit. d.lgs. n. 81/2015 l’azione volta a d ottenere la costituzione di un rapporto di lavoro nei confronti dell’utilizzatore non fosse soggetta a decadenza.
Nondimeno, con tale decisione fu contestualmente accolto anche il secondo motivo del ricorso incidentale del lavoratore, a mezzo del quale lo stesso si doleva che la Corte di merito aveva considerato soggetti all’onere di impugnativa anche i rapporti di somministrazione in frode alla legge.
E tale accoglimento è stato fondato sulla riaffermazione dei medesimi principi di diritto enunciati nelle sentenze già sopra richiamate e in altre decisioni di legittimità espressive
del medesimo indirizzo (cfr. i § 22-26 di Cass. n. 19216/2023).
Nel caso di specie, in sede d’appello, l’attuale ricorrente, nella prospettiva di una somministrazione in frode alla legge, aveva tra l’altro evidenziato in sintesi: che tutti i contratti (presumibilmente inviati via fax o mail direttamente dalla società di somministrazione) e le relative proroghe venivano siglati ex post (dopo che la prestazione lavorativa veniva resa); il numero impressionante degli stessi contratti, oltre dieci contratti mensili firmati (più le relative proroghe), pari in complesso a circa ottocento in poco più di sette anni; l’innegabile continuità della prestazione resa sempre con la qualifica di autista, nel corso degli anni per lo svolgimento delle stesse mansioni.
Pertanto, essendo ininfluente il dato della maturata decadenza anche nel caso di specie, spetterà alla Corte di rinvio, nell’esaminare la questione, finora rimasta non considerata, della prospettata frode alla legge, verificare, nonostante l’intervenuta decadenza dall’impugnativa di tutti i contratti di somministrazione di lavoro a termine, il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione delle norme imperative ai sensi dell’art. 1344 c.c. e, speci ficamente, degli obblighi e delle finalità della citata Direttiva.
Deve darsi conto, infine, che entrambe le società controricorrenti, circa la violazione della ‘Direttiva 2008/104/CE del 19.11.2008, art. 5.5.’, avevano avanzato la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ex art. 267 TFUE.
Ebbene, ritiene il Collegio che tale rinvio pregiudiziale non si appalesi nella specie affatto necessario.
Gli argomenti posti dalle parti per sollecitare il rinvio pregiudiziale comprendono una critica a quanto considerato in Cass. n. 22861/2022 più volte cit., non considerandosi che le pressoché coeve Cass. nn. 29570 e 23494/2022, erano state rese in base ad identica e approfondita motivazione, che si fonda in gran parte su esteso esame del ‘Diritto dell’Unione Europea sul lavoro tramite agenzia interinale’, considerato in rapporto a varie decisioni proprio della CGUE, fino alla più recente sent. 17.3.2022, in causa C-232/20; motivazione cui, quindi, si rimanda anche ex art. 118 disp. att. c.p.c., notandosi comunque che nelle more non sono intervenute altre decisioni della Corte europea in tema di lavoro interinale che possano assumere rilievo rispetto ai temi di cui è causa.
Inoltre, come già rilevato, all’indirizzo espresso dalle suddette sentenze di questa Corte è stata data continuità anche in più recenti decisioni di legittimità. ‘.
Ciò premesso, nota ora il Collegio che la stessa Corte territoriale aveva dato conto che il lavoratore già nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado aveva chiesto anzitutto di accertarsi la natura fraudolenta dei ‘circa ottocento contratti di somministrazione di lavoro a termine e de lle relative proroghe’, che nella specie avevano riguardato esclusivamente la RAGIONE_SOCIALE quale utilizzatrice.
Sempre la stessa Corte aveva riferito che, segnatamente, il quarto ed il quinto motivo d’appello riguardavano per l’appunto la domanda di nullità della somministrazione di
lavoro perché in frode alla legge (cfr. facciata 3 dell’impugnata sentenza, che consta di fogli non numerati).
Rileva ancora il Collegio che il ricorrente in questa sede di legittimità ha comunque trascritto in ricorso (alle pagg. 79) appunto il contenuto del quarto e del quinto motivo dell’appello proposto contro la sentenza di primo grado.
6.1. Più nello specifico, in tali due censure aveva complessivamente fatto presente che egli già nell’atto introduttivo aveva ‘dedotto che l’intera somministrazione di lavoro era da ritenersi assunta in frode alla legge e, pertanto, radicalmente nulla con imputazione diretta del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore. La frode alla legge veniva provata dalla durata della somministrazione (oltre dieci anni), dal numero dei contratti firmati (oltre 800), dalla chiamata diretta da parte della Etna RAGIONE_SOCIALE a rendere la prestazione lavorativa, dalla regolarizzazione (firma) successiva alla prestazione resa, del contratto tra il lavoratore e l’agenzia interinale’, e che la RAGIONE_SOCIALE aveva ‘utilizzato l’istituto de quo per coprire esigenze stabili e durature di personale con la qualifica di autista di autobus, utilizzando il sig. COGNOME NOME COGNOME giornalmente con oltre 800 contratti di somministrazione anziché con il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato quale forma contrattuale comune nel nostro ordinamento giuridico’.
Orbene, la Corte territoriale, pur avendo sinteticamente dato conto di apposite censure del lavoratore, fondate sulla deduzione di tali aspetti fattuali, ha ritenuto di poter richiamare in proposito la propria sentenza n. 1100/2022, come già evidenziato, successivamente cassata
da questa Corte di legittimità con rinvio per le ragioni sopra riferite, giudicando ‘assorbiti gli altri motivi di appello’.
Rispetto a quanto considerato da questa Corte nella sentenza n. 6898/2024 cit., mette conto aggiungere che il medesimo indirizzo più di recente è stato confermato, tra le altre decisioni, anche in Cass., sez. lav., sent. 28.2.2025, n. 5832, e in Cass., sez. lav., ord., 7.5.2025, n. 12069.
Erroneamente, poi, l’unica controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza perché il ricorrente <>.
In disparte la considerazione che detto rilievo ben poco ha a che vedere con il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la controricorrente non tiene conto del dato che nell’ambito del quinto motivo d’appello l’attuale ricorrente aveva fatto preciso riferimento alla già cit. sentenza n. 681/2020 della Corte di Giustizia UE, richiamandone un passo riferito appunto all’art. 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 (cfr. pag. 9 del ricorso in esame).
10.1. Quindi, alcuna questione nuova in fatto e in diritto è stata introdotta in questa sede di legittimità e nel grado precedente.
Per altro verso, la controricorrente assume l’operatività della decadenza con riferimento a tutte le ipotesi di somministrazione, inclusa la somministrazione fraudolenta, ma già si è evidenziato il contrario e ormai costante orientamento di questa Corte di legittimità circa la somministrazione fraudolenta nei termini innanzi esposti.
Infine, la controricorrente, come nel giudizio di cassazione definito da Cass. n. 6898/2024, ha avanzato istanza di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE alla CGUE sulla seguente ‘questione rilevante per risolvere la presente controversia, nuova e di non facile soluzione -… : – se la direttiva 2008/104/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa al lavoro tramite agenzia interinale deve essere interpretata nel senso che osta a normative nazionali, come l’art. 32 della legg e n. 183/2010 e s.m.i., che prevedono termini di decadenza per l’esercizio dell’azione; -se l’art. 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa al lavoro tramite agenzia interinale deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella italiana, che non pone alcun limite al numero delle missioni che uno stesso lavoratore può svolgere presso lo stesso utilizzatore e che non pone la temporaneità del numero di missioni (dunque, un certo numero di missioni in un determinato arco temporale) quale limite di legittimità della somministrazione’.
13. Ebbene, in proposito per disattendere tale richiesta è sufficiente rilevare che le questioni così profilate non appaiono per nulla nuove sia nella specifica giurisprudenza della Corte di giustizia UE che in quella di questa Corte di legittimità in prec edenza richiamata, che, a sua volta, per l’appunto su sentenze della Corte europea anche si fonda.
Va ricordato che, secondo la risalente giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea (Corte G.U.E. 06/10/1982 -causa c-283/81 –RAGIONE_SOCIALE contro Ministero della Sanità ), «l’obbligo di sottoporre alla Corte di Giustizia le questioni d’interpretazione del trattato e degli atti adottati dalle istituzioni della Comunità che l’art. 177 , 3^ comma del trattato impone ai giudici nazionali di ultima istanza rientrano nell’ambit o della collaborazione, istituita al fine di garantire la corretta applicazione e l’interpretazione uniforme del diritto comunitario nell’insieme degli Stati membri, fra i giudici nazionali, in quanto incaricati dell’applicazione delle norme comunitarie, e la Corte di Giustizia. La disposizione soprammenzionata mira più particolarmente ad evitare che si producano divergenze giurisprudenziali all’interno della Comunità su questioni di diritto comunitario. La portata di tale obbligo va pertanto valutata tenendo conto di questi scopi, in funzione della competenza rispettiva dei giudici nazionali e della Corte di Giustizia».
Tuttavia, si è espressamente escluso che il rinvio pregiudiziale costituisca «un rimedio giuridico esperibile dalle parti di una lite pendente dinanzi ad un giudice nazionale. Non basta quindi che una parte sostenga che la controversia solleva una questione d’inter pretazione del diritto comunitario perché il giudice sia obbligato a ritenere
che sussista una questione sollevata ai sensi di detto articolo».
Inoltre, si è affermato che i giudici di ultima istanza «… dispongono dello stesso potere discrezionale di tutti gli altri giudici nazionali nello stabilire se sia necessaria una pronunzia su un punto di diritto comunitario onde consentir loro di decidere. Tali giudici non sono pertanto tenuti a sottoporre alla Corte una questione d’interpretazione di norme comunitarie sollevata dinanzi ad essi se questa non è pertinente, vale a dire nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in alcun m odo influire sull’esito della lite».
Peraltro, qualora la Corte di Giustizia si sia già pronunziata, l’autorità dell’interpretazione data dalla Corte può far venir meno la causa dell’obbligo del rinvio pregiudiziale: «… ciò avviene in ispecie qualora la questione sollevata sia sostanzialmente identica ad altra questione, sollevata in relazione ad analoga fattispecie, che sia già stata decisa in via pregiudiziale ovvero qualora il punto di diritto di cui trattasi sia stato risolto dalla costante giurisprudenza della Corte, indipendentemente dalla natura dei procedimenti da cui essa ha tratto origine, anche in mancanza di stretta identità delle questioni controverse».
Altra ipotesi di esonero dall’obbligo del giudice di ultima istanza di disporre il rinvio pregiudiziale è stata rinvenuta nel caso in cui lo stesso giudice «… abbia accertato che la corretta applicazione del diritto comunitario s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi».
Questi principi sono stati di recente ribaditi dalla Corte G.U.E. Grande Sezione (sentenza 06/10/2021, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
acte éclairé
i
acte NOME
Nel caso in esame non vi sono ragioni per un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dal momento che sussiste l’esonero di questa Corte dal generale dovere del rinvio pregiudiziale. Infatti, come si ricava dalle sentenze della Corte G.U.E. già ricordate nei precedenti sopra citati, è già stata data l’interpretazione necessaria affinché questa Corte possa pervenire alla decisione del presente ricorso (c.d. acte éclairé ).
In definitiva, in accoglimento del ricorso, l’impugnata sentenza dev’essere cassata con rinvio alla medesima Corte territoriale che, in differente composizione, oltre a regolare le spese di questo giudizio di cassazione, dovrà riconsiderare il caso in conformità ai principi di diritto esposti in questa motivazione, in particolare, verificando se, nonostante l’intervenuta decadenza dall’impugnativa dei singoli contratti di somministrazione di lavoro che hanno riguardato il lavoratore ricorrente, il reiterato invio mediante missioni del
medesimo lavoratore possa integrare un abusivo ricorso all’istituto della somministrazione di lavoro, tenendo conto delle indicazioni offerte dalla Corte di giustizia UE.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catania, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 27.5.2025.
Il Presidente NOME COGNOME