Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20951 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20951 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15773-2020 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
Oggetto
Accertamento subordinazione socio lavoratore RAGIONE_SOCIALE
R.G.N. 15773/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 29/05/2024
CC
nonché contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1841/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 25/02/2020 R.G.N. 444/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n.1841 del 2019 pubblicata il 25/2/2020, ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del tribunale di Milano che aveva respinto il ricorso proposto da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE contro l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per contestare le risultanze dell’accertamento ispettivo, eseguito dalla DTL di Ravenna, col quale era stata riscontrata l’esistenza di una serie di rapporti di lavoro in regime di subordinazione con riferimento alle relazioni intercorse tra la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e dei suoi nuovi soci cooptati con contratto mutualistico ex articolo 1 comma 3 legge n. 142/2001 ed adibiti all’appalto RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello ha richiamato le motivazioni della sentenza di primo grado con la quale il tribunale era giunto alla conclusione che i rapporti riscontrati in sede ispettiva non potessero che essere riconducibili al lavoro subordinato in virtù dei suoi canonici indici identificativi desunti, per un verso, da
certi comportamenti concludenti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e, per altro verso, dalla versione dei testi sentiti nel corso della fase istruttoria.
Inoltre a fondamento della propria decisione la Corte d’appello ha rinviato ad una precedente sentenza n. 608/2019 di cui ha riportato alcuni brani salienti; richiamando per relationem questa sentenza, la Corte ha quindi affermato che i soci svolgessero, in via continuativa, prestazioni di pulizia e facchinaggio nell’ambito degli appalti acquisiti dalla RAGIONE_SOCIALE, a fronte di una retribuzione oraria prestabilita nei contratti di lavoro individuale; non apportassero alcuna attrezzatura, né materiale proprio, non fossero soggetti ad alcun rischio imprenditoriale; si limitassero a porre le proprie energie lavorative a disposizione della RAGIONE_SOCIALE; in caso di malattia o maternità percepissero le indennità erogate dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in ragione del regime previdenziale prescelto dalla RAGIONE_SOCIALE.
Inoltre, la Corte d’appello ha specificamente evidenziato di condividere pienamente le motivazioni individuate per relationem notando che da esse emergesse la superfluità di ogni altra puntigliosa indagine di tipo testimoniale sugli indici in grado di dare contezza di un regime direttivo e impositivo rappresentato dalla concreta presenza di ordini, direttive e controlli, non fosse altro che per il fatto (assorbente) di come fosse eterorganizzata l’assegnazione e la prestazione da parte degli addetti dei compiti lavorativi in massima parte elementari e ripetitivi, nel senso valorizzato dalla giurisprudenza della Cassazione ivi indicata.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con undici motivi ai quali hanno resistito l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con controricorso. La ricorrente e l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria. Il collegio ha riservato la
motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo si sostiene la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. e articolo 111 Costituzione per omessa e/o apparente motivazione, ex articolo 360 numero 4 c.p.c. atteso che la sentenza richiamata per relationem non era pertinente al caso di specie essendo il tema del decidere completamente diverso da quello della presente vertenza.
2.- Con il secondo motivo si deduce l’omesso esame di fatti decisivi ai fini del decidere oggetto di discussione tra le parti in punto sussistenza di indici della subordinazione in relazione ai nove soci lavoratori oggetto della verifica ispettiva della DTL di Ravenna ex articolo 360, n. 5 c.p.c.
3.- Col terzo motivo si sostiene la violazione dell’articolo 115 c.p.c., errore di percezione sul contenuto oggettivo della prova ex articolo 360 numero 4 c.p.c., posto che la Corte d’appello ha fatto riferimento ad un verbale ispettivo RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE diverso da quello della D.T.L. di Ravenna da considerare.
4.- Nel quarto motivo di ricorso si sostiene la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2094 c.c. in punto a criteri distintivi della subordinazione, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., non avendo la Corte tenuto conto della volontà delle parti espressa nel contratto al fine di escludere la subordinazione.
5.- Col quinto motivo si sostiene la violazione dell’articolo 2094 c.c. in punto di determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto al fine di qualificare il rapporto di lavoro, ex articolo 360 numero 3 c.p.c. per avere la Corte d’appello espresso la propria valutazione senza individuare la
parte del contratto di lavoro da cui si desumerebbero mansioni semplici, ripetitive e predeterminate nelle modalità esecutive. 6.- Col sesto motivo si sostiene la violazione dell’articolo 2094 c.c. in punto irrilevanza del regime previdenziale quale criterio generale ed astratto da applicare al caso concreto al fine di qualificare il rapporto di lavoro ex articolo 360 numero 3 c.p.c. atteso che l’iscrizione alla gestione ordinaria era avvenuta per errore e non poteva essere tratto alcun argomento da tale iscrizione.
7.- Col settimo motivo si denuncia la violazione degli articoli 2094, 2697 c.c. in punto individuazione analitica dei singoli rapporti lavoro e prova della loro natura subordinata, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., atteso che la pretesa dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE presupponeva l’accertamento della natura subordinata dei soci lavoratori di RAGIONE_SOCIALE a fronte del contratto di lavoro mutualistico che la esclude; vi era l’obbligo per l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di provare i relativi presupposti con riferimento ad ogni specifico rapporto di lavoro in contestazione.
8.Con l’ottavo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2729, 2697 c.c. in punto a presunzioni semplici e onere della prova, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., per avere fatto la Corte d’appello ampio uso sempre per relationem di presunzioni senza che nel caso in esame i fatti fossero noti.
9.- Con il nono motivo si sostiene la violazione ex articolo 1 comma 2 legge numero 142/ 2001 in punto assunzione del rischio di impresa da parte dei soci di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ex articolo 360 numero 3 c.c., per avere la Corte d’appello sostenuto che tali lavoratori non fossero soggetti ad alcun rischio imprenditoriale senza tener conto della peculiarità del loro status di soci di RAGIONE_SOCIALE.
10.- Con il decimo motivo si sostiene la violazione dell’articolo 1 comma 2 legge n. 142/2001 in punto contratto di lavoro e attività svolta dai soci di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., posto che il legislatore non ha voluto prestabilire alcuna associazione tra la natura di una determinata attività e un determinato rapporto di lavoro.
11.Con l’undicesimo motivo si sostiene la violazione o falsa applicazione ex articolo 2094 c.c. per illogica utilizzazione dei parametri normativi di riferimento ex articolo 360 numero 3 c.p.c. per avere la sentenza ipotizzato nel caso di specie una nuova forma di subordinazione associando aspetti formali con elementi estrinseci della prestazione, consistenti nei tratti cosiddetti sussidiari della subordinazione; la sentenza avrebbe introdotto un principio che non appartiene al dettato ed alla logica dell’articolo 2094 c.c. perché consentirebbe all’interprete di raggiungere qualunque congettura e conclusione stravolgendo i principi noti in tema di previdenza e rapporti di lavoro subordinato.
12.- I motivi di ricorso sopra riportati possono essere esaminati unitariamente, per la connessione che li collega.
Essi sono in parte infondati ed in parte inammissibili nei termini di seguito indicati.
13.Anzitutto non sussiste la denunciata carenza di motivazione, perché l’impugnata sentenza ha svolto argomentazioni motive idonee ad esplicitare il procedimento logico giuridico posto a sostegno di ogni punto qualificante della decisione, anche per relationem.
D’altronde, non risultano indicate in ricorso, in maniera precisa e specifica, lacune od omissioni decisive che, se evitate, avrebbero condotto ad una diversa decisione (Sez. Un. 7 aprile 2014, nn. 8053, 8054).
Inoltre il vizio di motivazione può essere censurato in Cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 4 in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente o manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. S. U. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018): ipotesi, tutte, non ravvisabili nel ragionamento logico-giuridico della impugnata pronuncia; in cui c’è anzi pertinenza e logicità atteso che il tema del decidere della sentenza richiamata per relationem riguardava la natura del rapporto di lavoro a fini previdenziali dei soci di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (sotto il profilo del contributo al RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, sostanzialmente sovrapponibile, in funzione dell’applicazion e regime previdenziale ex art. 3, co. 4 e 19 legge n. 92/12 e D.M. 79141/14).
14. Quanto all’omessa valutazione di fatti decisivi, va ricordato che nell’ipotesi di ‘doppia conforme’, sussistente nel caso di specie, prevista dall’art. 348ter, quinto comma c.p.c., applicabile ratione temporis, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo dedotto ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass. 6 agosto 2019, n. 20994); ma ciò la ricorrente non ha fatto.
15.- Circa il denunciato travisamento della prova, recentemente le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito, a superamento di un contrasto, che il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità
dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c.; che se il fatto probatorio abbia invece costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio debba essere fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass. S.U. 5792/24).
Nel caso in esame la censura è inammissibile avendo la Corte ritenuto provati i fatti in base a deduzioni logiche ed argomentate, aderenti alle fonti di prova. Mentre non ha fatto ricorso alla regola di giudizio relativa all’onere della prova la cui violazione è stata quindi denunciata invano.
16. Più in generale, è opportuno ricordare che quello di Cassazione non è un terzo grado di giudizio il cui compito sia di verificare la fondatezza di ogni affermazione effettuata dal giudice di appello nella sentenza. Esso è invece (Cass. n. 25332 del 28/11/2014) un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di Cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa.
Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli
accertamenti di fatto compiuti; ma deve promuovere specifiche censure nei limiti dei motivi consentiti dalla legge.
17.E’ inoltre ius receptum che sia devoluta al giudice del merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l’unico limite della adeguata e congrua motivazione del criterio adottato; conseguentemente, ai fini di una corretta decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, ne’ a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata.
18.- E tale parametro valutativo si applica anche in relazione agli indici sintomatici della subordinazione talchè non appare rilevante la censura secondo cui la Corte avrebbe privilegiato alcuni indici a scapito di altri di opposto tenore; tutto ciò rapp resentando null’altro che l’esercizio di un tipico potere di valutazione della prova e di ricostruzione della fattispecie che rientra nei tipici poterei discrezionali del giudice del merito effettuare, tanto in ordine agli elementi essenziali del rapporto di lavoro subordinato, tanto in relazione ai requisiti sintomatici del medesimo rapporto.
19.- Nel caso di specie la sentenza impugnata, nel confermare sul punto la valutazione del primo giudice, ha riesaminato le
circostanze rilevanti ai fini della decisione motivando, in parte per relationem, in relazione alla natura dell’attività esercitata dai soci di facchinaggio in presenza di plurimi elementi sintomatici, prima evidenziati in narrativa, tutti rivelatori dell’ esistenza della subordinazione. In ciò pure perfettamente aderendo ad una risalente giurisprudenza di questa Corte in materia di accertamento della subordinazione ex art. 2094 c.c. 20.- Si tratta di un iter argomentativo esaustivo e immune da vizi logici e giuridici. Le valutazioni svolte e le conclusioni che ne sono state tratte configurano un’opzione interpretativa del materiale probatorio congruamente argomentata, espressione di una potestà propria del giudice del merito e che non può essere sindacata nel suo esercizio.
21. Nessuna differenza deriva dalla legge n. 142/2001, dal momento che la natura dell’ulteriore rapporto di lavoro (che si combina a quello associativo di socio di RAGIONE_SOCIALE) deve rispondere allo schema qualificatorio stabilito in modo inderogabile dalla legge, sia sul piano lavoristico sia su quello previdenziale; i due piani devono corrispondere, a norma dell’art. 1, comma 3 della legge 142/2001 (‘ Dall’instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale ‘ ) che ha introdotto la regola della corrispondenza degli effetti in relazione ai rapporti instaurati.
22.- Sono pertanto inconfigurabili gli errores in iudicando formalmente denunciati, laddove piuttosto le censure sollevate con i motivi di ricorso mirano esclusivamente a contestare l’accertamento di fatto operato dalla Corte di appello, congruamente argomentato (da 6° cpv p. 4 a ult cpv p. 5 sentenza), in esatta applicazione del principio di accertamento in concreto del rapporto lavoro (Cass. 19199/13; Cass.
14434/15) che prescinde dalla volontà delle parti trattandosi di una qualificazione di natura inderogabile da effettuare in base alle reali modalità di esecuzione del rapporto; risolvendosi in tal modo le censure sollevate in una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze processuali e ricostruzione della fattispecie operata dalla Corte territoriale, ad essa esclusivamente spettante quale giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. s.u. 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987).
23.- Sulla scorta di tali considerazioni, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.
24. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida per l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in euro 4.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie oltre accessori dovuti per legge, e per l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in euro 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie, oltre accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio 29.5.2024