Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31000 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31000 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20805-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N.20805/2018
COGNOME
Rep.
Ud. 29/05/2024
CC
avverso la sentenza n. 52/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 10/04/2018 R.G.N. 959/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Firenze, in riforma della decisione di prime cure, ha rigettato la domanda di accertamento negativo svolta dall’attuale parte ricorrente per sentir dichiarare il diritto degli associati all’iscrizione obbligatoria nella gestione previdenziale artigiani e l’insussistenza dell’obbligazione contributiva della cooperativa sul presupposto, ritenuto dall’INPS, che i rapporti controvers i dovessero considerarsi di natura subordinata;
avverso tale sentenza ricorre la cooperativa in epigrafe indicata, con ricorso affidato a due motivi, ulteriormente illustrato con memoria, avverso il quale resiste, con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria, l’INPS;
CONSIDERATO CHE
la parte ricorrente si duole, deducendo violazione di legge, che la Corte di merito, interpretando la legge n.142/2001, abbia escluso l’instaurazione di un rapporto di lavoro autonomo tra i soci e la cooperativa, sul presupposto dell’incompatibilità tra la qualità di artigiano del socio e la natura giuridica della cooperativa, e abbia ritenuto che al socio di cooperativa artigiana, che stabilisca con essa un rapporto di lavoro autonomo, trovi applicazione sia il trattamento fiscale sia quello previdenziali dei lavoratori
subordinati; si duole, inoltre, di omesso esame, per non avere tenuto conto della dedotta insussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra i soci artigiani e la cooperativa e della mancanza di prova del lavoro subordinato, fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva controversa;
il ricorso è da accogliere;
la ratio decidendi della sentenza impugnata poggia, in tesi, sull’assunto della incompatibilità tra la qualità di artigiano del socio e la natura giuridica della cooperativa che non trova riscontro nella disciplina regolatoria dell’impresa artigiana costit uita in forma cooperativa, ben potendo il prestatore d’opera socio della società cooperativa stabilire con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali (legge 3 aprile 2001, n. 142, all’articolo 1, comma 3 );
le pattuizioni negoziali tra la società e il socio devono, poi, trovare riscontro nelle modalità di esecuzione, in concreto, della prestazione lavorativa, in aderenza al principio di effettività del rapporto di lavoro tra socio e cooperativa;
come da ultimo affermato da Cass. n. 22025/2024, la contribuzione dovuta è pur sempre quella del rapporto di lavoro effettivamente prestato (Cass.,S.U., 26 luglio 2004, n. 13967, cit.) e il riconoscimento in favore dei soci di cooperative di una tutela previdenziale assimilabile a
quella propria dei lavoratori subordinati, con il corrispondente obbligo della società, presuppone che venga accertato dal giudice di merito che il lavoro svolto dai soci sia prestato in maniera continuativa e non saltuaria e non si atteggi come prestazione di lavoro autonomo (Cass., sez. lav., 4 agosto 2016, n. 16356 e 6 luglio 2015, n. 13934);
all’effettivo atteggiarsi del rapporto di lavoro, dunque, occorre avere riguardo;
vale poi ricordare, quanto agli elementi dai quali inferire l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, che questa Corte ha già maturato un consolidato orientamento (v. Cass. nn.7344, 6344 del 2024, ed ivi ulteriori precedenti);
è costante, dunque, l’affermazione che la valutazione circa la sussistenza degli elementi, dai quali è possibile inferire l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, costituisce un accertamento di fatto rispetto al quale il sindacato di legittimità è equiparabile al più generale sindacato sul ricorso al ragionamento presuntivo da parte del giudice di merito;
pertanto, il giudizio relativo alla qualificazione di uno specifico rapporto come subordinato o come autonomo può essere censurato, alla stregua dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., solo per ciò che riguarda l’individuazione dei caratteri identificativi del lavoro subordinato, come tipizzati dall’art. 2094 cod. civ.;
la valutazione del giudice di merito è sindacabile nei limiti ammessi dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., allorché il ricorso investa la critica del ragionamento (necessariamente presuntivo) concernente la scelta e la
ponderazione degli elementi di fatto, altrimenti denominati indici o criteri sussidiari di subordinazione, che hanno indotto il giudice a includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (Cass., sez. lav., 21 luglio 2022, n. 22846);
la Corte di merito ha omesso qualsivoglia disamina delle posizioni dei soci lavoratori per i quali si controverte, non ha compiuto attenta opera di discernimento, omettendo qualsivoglia apprezzamento sul concreto atteggiarsi dei rapporti di lavoro;
l’esistenza del vincolo di subordinazione, quindi, va valutata dal giudice di merito – il cui accertamento è censurabile in sede di legittimità quanto all’individuazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre si sottrae al sindacato, se sorretta da motivazione adeguata e immune da vizi logici, la valutazione delle risultanze processuali – avuto riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore ed al modo della sua attuazione (Cass. n. 9256/2009; Cass. n. 14160/2014; Cass. n. 23816/2021);
ciò che conta, ai fini appunto di qualificare un rapporto di lavoro come rapporto di natura subordinata, è la eterodirezione dell’attività lavorativa nonché l’inserimento stabile e costante del lavoratore nella compagine organizzativa aziendale (Cass. n. 25204/2013);
in conclusione, come ribadito da Cass. n. 22025/2024 cit., il fatto che il rapporto di lavoro si affianchi al rapporto associativo, a sua volta contraddistinto dalla partecipazione al rischio d’impresa, non esclude che, all’interno dell’organizzazione societaria, si possa rinvenire, insieme al contratto di partecipazione alla
comunità, quello di lavoro subordinato (Cass., S.U., 26 luglio 2004, n. 13967, punto 4); possibilità espressa a chiare lettere dall’art. 1, comma 3, della legge n. 142 del 2001, nella parte in cui consente al socio di stabilire con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, anche in forma subordinata;
per non essersi la Corte di merito conformata ai principi esposti e per essere stato omesso, dunque, qualsivoglia apprezzamento in fatto, il ricorso è da accogliere e la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame del gravame, alla stessa Corte di merito che si atterrà a quanto sin qui detto, e provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 maggio