Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15768 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15768 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3845/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE l’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende; -ricorrente- contro
COGNOMERAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE -intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 149/2023 depositata il 17/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che :
1.la sas RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, proponeva opposizione ex art. 404 c.p.c. avverso la sentenza del Tribunale di Macerata n. 812/2015, sostenendo di essere la titolare del credito di cui, con tale sentenza, nel contraddittorio tra NOME COGNOME da un lato, e NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, dall’altro lato, questi ultimi ne erano stati riconosciuti titolari. L’opposizione veniva rigettata con condanna solidale della opponente e della COGNOME alle spese del giudizio. Su appello della COGNOME, la Corte di Appello di Ancona, con sentenza n. 149 del 17 gennaio 2023, riformava la sentenza impugnata disponendo la compensazione delle spese di primo grado. La Corte di Appello rilevava che l’appellante non poteva essere ritenuta soccombente in quanto ‘non aveva aderito all’opposizione ex art. 404 c.p. proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, nel costituirsi in giudizio in primo grado, aveva ‘concluso dichiarando di rimettersi all’accertamento giudiziale in ordine alla effettiva titolarità del credito nei suoi confronti’, non aveva ‘preso posizione’ sulla titolarità del credito. La Corte di Appello condannava NOME COGNOME alle spese del grado di appello.
NOME COGNOME ricorreva per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Ancona con cinque motivi. NOME COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE, i soci e l’amministratore della cessata RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati.
3.Con memoria del 15 gennaio 2025, il ricorrente rinunciava al primo motivo di ricorso, insistendo sui restanti motivi;
Considerato che :
1.con il primo motivo di ricorso sé lamentata la violazione degli artt. 101, 190 e 352 c.p.c., 24 e 111 Cost. per avere la Corte di Appello deliberato la sentenza prima dello scadere del termine stabilito dall’art. 190 c.p.c. per il deposito delle repliche.
Il ricorrente ha rinunciato a questo motivo di ricorso dando conto del fatto che la indicazione, contenuta nell’ultima pagina della sentenza impugnata, della data in cui si era svolta la camera di consiglio (‘Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del 21 dicembre 2022’) , era frutto di un errore materiale come da ordinanza di correzione emessa dal Presidente del collegio di appello, in data 30 marzo 2023, in cui si precisava che la camera di consiglio si era svolta non il 21 dicembre 2022 ma l’11 gennaio 2023 (allegato L della suddetta memoria del ricorrente in data 15 gennaio 2025). Ne consegue che nessuna pronuncia è richiesta sul punto.
Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la ‘violazione o falsa applicazione degli artt. 91, 115, 116, 132 c.p.c.’ per avere la Corte di Appello affermato che la COGNOME non aveva aderito alla opposizione laddove invece dalla lettura della comparsa e della conclusionale depositate dalla COGNOME in primo grado era possibile ricavare il contrario;
con il terzo motivo di ricorso si lamenta la ‘violazione o falsa applicazione degli artt. 91, 115, 116, 132 c.p.c.’, per avere la Corte di Appello affermato che la appellante non aveva ‘preso posizione’ sulla titolarità del credito laddove invece, dalla lettura della comparsa e della conclusionale depositate dalla COGNOME in primo grado, era possibile ricavare il contrario e, in particolare, che la COGNOME aveva aderito alla posizione del terzo opponente;
con il quarto motivo di ricorso si lamenta ‘violazione o falsa applicazione degli artt. 91, 115, 116, 132 c.p.c.’, per avere la Corte di Appello disposto la condanna alle spese di appello dell’attuale ricorrente laddove ‘l’appello doveva essere rigettato e la signora COGNOME dichiarata soccombente anche in sede di gravame con ogni conseguente statuizione ai sensi e per gli effetti dell’art. 91 c.p.c.’
Il secondo e il terzo motivo, suscettivi di esame congiunto, sono inammissibili.
La Cor te di Appello ha espressamente ritenuto ‘non condivisibile l’assunto’ dell’allora appellato, secondo cui ‘la COGNOME avrebbe (abbia) aderito alla domanda della terza opponente’. La Corte di Appello ha sottolineato che la COGNOME, sia nella comparsa di costituzione che ‘negli atti successivi’ di primo grado, aveva dichiarato di rimettersi all’accertamento giudiziale in ordine alla effettiva titolarità del credito, di avere interesse ad accertare chi fosse il creditore al solo fine di adempiere correttamente il proprio debito, che pertanto non poteva ritenersi sussistente una ‘comunanza di posizione processuale tra la terza opponente e la COGNOME‘.
La sentenza, in primo luogo, si sottrae alla censura di difetto di motivazione. Il ricorrente sostiene che la Corte di Appello ha affermato che la COGNOME non aveva aderito alla posizione della terza opponente senza ‘un ragionamento che supporti tale affermazione’.
L’affermazione è relativa ad una mera constatazione che si supporta da sé e non richiede uno specifico ‘ragionamento’. La questione di motivazione, intesa come esternazione del ragionamento, non si pone.
Per il resto, al di là della rubrica, il motivo non denuncia violazione né falsa applicazione di legge. La violazione di legge consiste nella ‘erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, implicante un problema interpretativo della stessa’ e la falsa applicazione della legge consiste ‘nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta,
conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione’ ( Cass. n. 23851 del 25/09/2019).
In realtà il ricorrente tenta di contrapporre alla interpretazione data dalla Corte di Appello degli atti di primo grado, in particolare quanto al contenuto della comparsa di costituzione della COGNOME in particolare, come riportato dallo stesso ricorrente a pagina 5 del ricorso, la stessa aveva concluso ‘… nel merito, rimettendosi al Giudice designato, per l’accertamento e l’individuazione del titolare del diritto di credito controverso’ – , una interpretazione diversa basata essenzialmente sul fatto che nella intestazione della comparsa era scritto che la costituzione avveniva ‘contro COGNOME Dottor. NOME‘ e non anche ‘contro’ la terza opponente.
Il tentativo si scontra con il consolidato principio (v. tra molte (Cass. n. 31546 del 03/12/2019) per cui l’interpretazione delle domande e delle eccezioni non è censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., ‘perché non pone in discussione il significato della norma ma la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito, il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione’ .
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
Premesso che la Corte di Appello ha pienamente applicato il principio di soccombenza (art. 91 c.p.c.), il motivo veicola una doglianza che presuppone l’accoglimento dei motivi precedenti .
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese atteso che NOME COGNOME è rimasta intimata.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-
quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P . Q . M .
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda