SENTENZA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE N. 489 2024 – N. R.G. 00000658 2023 DEL 28 04 2025 PUBBLICATA IL 29 04 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte d’Appello di Firenze
Sezione Lavoro
composta dai magistrati dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME
presidente consigliera rel. consigliera
All’udienza del 19.9.2024, all’esito della camera di consiglio , come da separato dispositivo, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al N. RG. 658/2023
promossa
da
– appellante –
Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
contro
-appellata –
Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
Avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n. 120/2023 del Tribunale di Siena giudice del lavoro, pubblicata il 15.9.2023
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
appella davanti a questa Corte la sentenza 15.9.2023 del Tribunale di Siena, che ha respinto il ricorso con cui il lavoratore, all’epoca dei fatti dipendente di addetto alla filiale di Casciano di Murlo con mansioni di operatore di sportello, aveva impugnato la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per cinque giorni, comminatagli dalla banca con lettera datata 16.4.2021, in esito a una contestazione del 29.1.2021.
Il procedimento disciplinare era seguito a una rapina, apparentemente avvenuta presso la sede di lavoro di il 7.8.2020 intorno alle 8 del mattino, quando l’appellante, arrivato al lavoro alle 7:40 circa, era l’unico dipendente presente. Secondo quanto riferito dallo stesso (almeno inizialmente, del che meglio infra), il rapinatore, dopo averlo minacciato, gli avrebbe imposto di aprire la cassaforte, sottraendo il contante ivi conservato, oltre a un plico di valori da consegnare alla società di trasporto, contenente € 31.500,00, così appropriandosi della somma complessiva di € 94.370,00.
Dopo la rapina la banca aveva effettuato una serie di verifiche, che si sarebbero concluse solo con verbale ispettivo del 29.12.2020, da cui sarebbero emerse condotte del lavoratore in violazione sia della normativa interna in materia di processi operativi di sicurezza fisica, che non avrebbero consentito di limitare i danni conseguenti alla rapina subiti dalla banca, sia del codice etico aziendale, per avere utilizzato le proprie carte di credito con modalità improprie.
Più specificamente il 29.1.2021 aveva contestato all’odierno appellante quanto segue: ‘ 1) non ha adempiuto, essendo il dipendente che è entrato per primo nella Filiale di Casciano di Murlo (6063) alle ore 7,40 del 7/8/2020, all’obbligo normativo che prevede, per le Dipendenze non assistite dal servizio di vigilanza esterna, di verificare, prima dell’ingresso in Filiale, le protezioni perimetrali esterne al fine di accertare eventuali effrazioni a vetrate e/o finestre (D. 1516 ‘Regole in materia di Gesti one dei Processi Operativi di Sicurezza Fisica’). In tal modo, Lei non si è accorto dell’avvenuta manomissione della grata posta a protezione della finestra che immette nell’ufficio della Sostituta di Filiale, effettuata da un malvivente. Quest’ultimo, secondo la ricostruzione da lei effettuata, ha atteso qualche minuto dopo il Suo ingresso per introdursi in Filiale e perpetrare una rapina a mano armata sottraendo contanti per € 94.370,00 ; 2) ha trattenuto, senza un giustificato motivo, nel periodo dal 3 al Contr
5/8/2020, una giacenza di contanti in rilevante esubero rispetto ai massimali autorizzati. Nello specifico, a fronte di un limite concesso di € 45.000,00, Lei ha riscontrato in fase di quadratura della cassa le seguenti giacenze: € 106.572,39 il 3/8/2020; € 95.517,39 il 4/8/2020 ed € 102.952,39 il 5/8/2020. In tal modo, non è stato consentito di limitare il danno per la a seguito di una rapina a mano armata perpetrata da un malvivente nella prima mattinata del 7/8/2020 ; 3) ha celato, nel tempo, la Sua effettiva esposizione debitoria, assumendo comportamenti non improntati ai principi di responsabilità riportati nel codice etico della Banca, che impegna tutto il personale ad essere sempre orientati all’integrità ed alla trasparenza (D. 1186). Lei, in ragione degli impegni finanziari già assunti, ha utilizzato al limite del plafond concesso una delle due carte di credito a lei accordate, in assenza di disponibilità che veniva poi assicurata mediante frequenti versamenti contante, effettuati nei giorni precedenti all’addebito degli estratti conto mensili, che Lei si procurava con prelevamenti bancomat eseguiti con la stessa carta di credito tramite la funzione anticipo contante’.
aveva inviato le proprie giustificazioni l’11.2.2021, le parti avevano avuto poi un incontro via Skype, cui erano seguite ulteriori osservazioni da parte del lavoratore il 1°.3.2021. Le giustificazioni non era state però accolte e la sanzione era stata comminata, come si è detto con lettera del 16.4.2021, ricevuta dall’interessato il successivo 21.4.2021. Era stata poi effettivamente applicata nel mese di maggio 2021, quando le spettanze mensili di erano state decurtate della somma di € 455,37 , corrispondente alla retribuzione riferibile al periodo di sospensione dal servizio.
Davanti al Tribunale di Siena il lavoratore aveva dedotto l’illegittimità della sanzione, in ragione sia di assunte irregolarità del procedimento disciplinare (segnatamente la nullità della sanzione per difetto di motivazione, la tardività della contestazione disciplinare e comunque il
difetto di pubblicità delle norme interne che avrebbero imposto ai cassieri di verificare le protezioni perimetrali esterne della filiale, al fine di rilevare eventuali effrazioni) sia dell’infondatezza nel merito degli addebiti. Ne aveva chiesto l’annulla mento e la condanna della banca a restituire le somme trattenute sulla sua retribuzione di maggio 2021.
Si era costituita banca per chiedere il rigetto del ricorso. Il Tribunale aveva sentito vari testimoni e acquisito ex art. 421 c.p.c. dalla banca sia il verbale ispettivo del dicembre 2020, sia ulteriore documentazione afferente a un altro procedimento disciplinare, iniziato in confronto di nel 2021 e conclusosi con il suo licenziamento. Contr
All’esito il primo giudice ha respinto il ricorso, ritenendo : a) la sanzione espulsiva sufficientemente motivata per effetto del richiamo agli addebiti contenuti nella lettera di contestazione; b) il tempo trascorso tra l’asserito inadempimento del lavoratore e la contestazione disciplinare adeguato alla complessità dei fatti e degli accertamenti che di conseguenza aveva dovuto fare; c) l’agevole disponibilità di tutta la normativa interna della banca (comprese quindi le disposizioni che era accusato di avere violato) sulla rete intranet aziendale; d) la fondatezza degli addebiti che sarebbe stata provata dalle risultanze del verbale ispettivo del dicembre 2020 e anche dall’informat iva dei Carabinieri del 3.6.2021, acquisita, come il verbale ispettivo, in corso di causa ex art. 421 c.p.c.; e) la proporzionalità tra le violazioni e la sanzione comminata. Contr
Il lavoratore impugna la decisione davanti a questa Corte e ne chiede la riforma e quindi l’accoglimento delle conclusioni già svolte in primo grado, affidando le proprie ragioni a sette motivi.
Con il primo lamenta che il Tribunale abbia posto a fondamento della propria decisione nel merito il verbale ispettivo del dicembre 2020 e l’informativa dei carabinieri del giugno 2021, che sarebbero stati acquisiti al processo in violazione delle preclusioni proprie del rito, giacché tali documenti sarebbero stati nella disponibilità della banca già all’atto della
sua costituzione, così che essa sarebbe stata onerata di produrli tempestivamente. L’informativa del giugno 2021 sarebbe stata poi inammissibile anche perché relativa a un diverso procedimento disciplinare.
Con il secondo motivo l’appellante ripropone l’eccezione di tardività della contestazione, già formulata in primo grado, assumendo che il Tribunale abbia errato nel ritenere strumentali al procedimento disciplinare accertamenti che sarebbero stati relativi solo alla dinamica del reato occorso il 7.8.2020, non invece alle condotte di ritenute disciplinarmente rilevanti, che sarebbero emerse nell’immediatezza. Con la conseguenza che il tempo trascorso tra i fatti e la contestazione (risalente al gennaio 2021) non sarebbe stato giustificato.
Con il terzo motivo il lavoratore censura il decisum di primo grado nel capo in cui ha ritenuto che fosse per lui conoscibile la normativa interna della banca che gli era stato imputato di avere violato. In contrario, secondo l’appellante, dall’istruttoria svolta in causa sarebbe emersa unicamente l’accessibilità per il dipendente della rete intranet aziendale nella quale è presente la normativa interna, circostanza questa che non equivarrebbe però all’affissione di tale normativa nel luogo di lavoro, che sarebbe imposta dall’art. 7 della L. 300/1970, ove il datore di lavoro intenda contestarne la violazione in sede disciplinare. In ogni caso l’inserimento nella rete intranet non sarebbe fatto idoneo ‘ a fornire sicura e compiuta conoscenza in capo al dipendente della normativa interna ai fini dell’addebito e rimproverabilità della eventuale condotta di inosservanza in sede disciplinare ‘ (così testualmente l’atto di appello) .
Con il quarto motivo l’appellante lamenta poi che il Tribunale abbia ritenuto nel merito fondato l’addebito relativo alla mancata ispezione degli accessi alla filiale, da parte del lavoratore, il giorno del fatto. In contrario dagli atti e mergerebbe l’irrilevanza di tale omissione (anche ammesso che essa fosse rimproverabile a rispetto alla
dinamica della rapina, giacché l’effrazione, secondo il racconto del lavoratore, sarebbe avvenuta dopo il suo ingresso in banca, non prima, così che sarebbe stato del tutto irrilevante il fatto che egli avesse ispezionato gli accessi perimetrali della filiale prima di accedervi.
Con il quinto motivo contesta la conclusione del Tribunale quanto alla fondatezza dell’addebito relativo alla conservazione nella cassa della filiale di somme eccedenti la giacenza prevista per la filiale stessa. Secondo l’appellante , infatti, vi sarebbe evidenza in atti che, trovatosi l’attore a dover fronteggiare una giacenza di cassa superiore al limite consentito (evenienza che non sarebbe stata tuttavia infrequente e che nella specie si sarebbe verificata per fatti -una rimessa di valori di importo consistente avvenuta il 31.7.2020 – del tutto indipendenti dal suo controllo), egli si fosse in concreto adoperato per ridurla, prenotando un ritiro, da parte della società di trasporto valori incaricata da con i tempi consentiti dalla disciplina interna aziendale per i ritiri straordinari (cioè eccedenti quelli settimanali normalmente consentiti alla filiale), quale sarebbe stato quello di specie (che era stato richiesto giovedì 5.8.2020 dopo le 12 e sarebbe stato perciò eseguito il lunedì successivo, 10 agosto, mentre la rapina era avvenuta il 7 agosto). Contr
Con il sesto motivo l’appellante lamenta che il primo giudice abbia ritenuto fondato l’addebito relativo all’uso asseritamente improprio della carta di credito, quando dagli atti emergerebbero sia i fatti, incolpevoli e imprevisti (tre infortuni, di cui due in itinere), che avevano imposto a di fronteggiare ingenti spese, sia la circostanza che la banca ben conoscesse tali accadimenti e fosse stata informata delle difficoltà economiche del lavoratore (comunque rilevabili dai movimenti del suo conto corrente). In ogni caso la condotta addebitata non sarebbe stata vietata, né avrebbe causato alla banca alcun danno.
Con il settimo motivo infine il lavoratore censura il capo della decisione che ha ritenuto la proporzionalità della sanzione, assumendone
invece l’eccessività sia in rapporto alla carriera di che non avrebbe alcun precedente disciplinare, sia comunque in ragione della materialità dei fatti contestati.
Si è costituita la banca per resistere e chiedere il rigetto dell’impugnazione avversaria. Ha allegato che, in esito alle indagini svolte dai Carabinieri sulla rapina apparentemente avvenuta il 7.8.2020, dopo avere reso agli inquirenti dichiarazioni molto diverse da quelle inizialmente rilasciate, era stato accusato di avere simulato la rapina ed essersi in effetti appropriato lui stesso del denaro, dichiarando peraltro falsamente di avere agito sotto la minaccia di terzi, rivelatisi invece estranei ai fatti.
Così riassunta la presente vicenda processuale, nel merito l’appello non è fondato.
E’ infondato innanzi tutto il primo motivo, con il quale l’appellante assume che il Tribunale abbia basato la propria decisione su documenti (la relazione ispettiva della banca del dicembre 2020 e l’informativa dei carabinieri del 3.6.2021) che, a suo dire, sarebbero stati acquisiti in violazione delle preclusioni proprie del rito, in quanto atti già esistenti e nella disponibilità della banca alla data della sua costituzione.
In contrario basti rilevare come l’acquisizione sia avvenuta d’ufficio ex art. 421 c.p.c., in esito all’audizione del teste (all’epoca della sua deposizione in primo grado dipendente di addetto al settore Fraud audit), che aveva fatto espresso riferimento al verbale, da lui redatto al termine dell’accertamento ispettivo disposto dalla banca, e del teste all’epoca direttore della filiale cui era assegnato che aveva detto dello stato della finestra dell’edificio, da cui, secondo l’appellante, il rapinatore sarebbe entrato nei locali aziendali (in particolare aveva detto di come fosse stata segata solo una cerniera della finestra, aggiungendo di non sapere se la manomissione avrebbe consentito l’accesso di una persona), oltre che NOME
delle dichiarazioni del difensore della banca, che aveva riferito essere stato licenziato nel corso del giudizio, all’esito di ulteriori indagini svolte dai carabinieri sulla presunta rapina.
Ritiene quindi il collegio che il Tribunale disponesse di una serie di informazioni (in ordine all’accertamento ispettivo condotto dalla banca e alle indagini dell’autorità di polizia sulla rapina denunciata) che era indispensabile approfondire al fine di pervenire a una decisione il più possibile aderente all’effettività degli accadimenti di causa, cioè alla verità dei fatti. Vi erano di conseguenza i presupposti per l’uso, da parte del Tribunale, del suo potere d’ufficio ex art. 421 c.p.c., secondo il consolidato indirizzo di legittimità secondo cui ‘ nel rito del lavoro, ai sensi degli artt. 421 e 437 c.p.c., il giudice ha il potere-dovere di acquisire d’ufficio prove indispensabili ai fini della decisione, indipendentemente da eventuali preclusioni o decadenze in danno delle parti, qualora le risultanze di causa offrano significativi dati di indagine ‘ (cfr. da ultimo, tra le molte Cass. 21917/2024).
L’acquisizione dei documenti è stata pertanto legittima, mentre l’esercizio del potere d’ufficio rende del tutto irrilevante la condotta processuale della banca (la circostanza cioè che essa non li avesse prodotti all’atto della sua costituzione, pur trattandosi di documenti a quella data già esistenti e, almeno quanto alla relazione ispettiva, certamente nella disponibilità di . Il primo motivo va quindi respinto. Contr
Ma del pari infondato è il secondo, relativo alla tempestività della contestazione (che si è detto essere avvenuta con lettera del 29.1.2021, mentre la rapina risale all’agosto dell’anno precedente) . In proposito non può essere condiviso l’assunto dell’appellante secondo cui altro sarebbe l’accertamento della dinamica della rapina (e quindi le indagini, condotte anche dalla banca, dirette a tale accertamento), altro la verifica della responsabilità disciplinare di In contrario sembra alla Corte di una certa evidenza che il rilievo disciplinare della condotte del lavoratore
non avrebbe potuto essere effettivamente e compiutamente apprezzato se non in esito all’accertamento della dinamica della rapina, cui era legata anche la verifica della concreta offensività e specifica gravità dell’agire di (questa conclusione è evidente specialmente per l’addebito relativo all’ omesso controllo degli accessi, da parte del lavoratore, una violazione suscettibile di avere in concreto una diversa gravità, almeno sul piano oggettivo, ove essa avesse agevolato l’ingresso del rapinatore e quindi la causazione del danno rappresentato dalla perdita del denaro rapinato). Poiché non vi è questione in ordine alla circostanza che gli accertamenti della banca – relativi alle modalità di accadimento della rapina -si siano concluse solo con la relazione ispettiva del dicembre 2020, la contestazione del gennaio dell’anno succe ssivo è stata sicuramente tempestiva e il secondo motivo va respinto.
Quanto al terzo motivo, che attiene alla pubblicità della disciplina interna della banca relativa ai controlli sul perimetro della filiale, da svolgersi da parte degli addetti, negli uffici privi di servizio di vigilanza esterna , ritiene la Corte che l’impugnazione operi sul punto una commistione, non corretta, tra il codice disciplinare, cui il datore di lavoro è tenuto a dare una specifica forma di pubblicità, e l’insieme delle procedure aziendali, contenenti anche il riferimento ai compiti dei dipendenti, procedure che è necessario, ma anche sufficiente, ciascun lavoratore conosca o possa comunque conoscere con l’ordinaria diligenza. Ora, poiché nella specie si fa questione proprio di una regolamentazione aziendale che, per quanto interessa, attribuisce anche alcuni compiti agli addetti a determinate tipologie di uffici, non vi era alcun obbligo della banca di affiggerla sui luoghi di lavoro, purché essa fosse comunque conoscibile dagli interessati, giacché solo in tal caso l’adempimento sarebbe stato esigibile. E nella specie è emerso inequivocamente dall’istruttoria (ma non è in effetti nemmeno contestato) che le disposizioni della banca, relative agli adempimenti di sicurezza da
compiersi negli uffici senza servizio di vigilanza esterna, fossero inserite nella rete intranet aziendale, accessibile da tutti i dipendenti. Già per questa ragione il motivo va quindi respinto.
25. Ma più radicalmente pare alla Corte che la questione della conoscibilità delle disposizioni in questione sia superata alla luce di quanto emerso nel corso del giudizio di primo grado, a seguito dell’acquisizione dell’informativa dei carabinieri del giugno del 2021.
26. Da quel documento risulta infatti che nel corso delle indagini, abbia radicalmente mutato la propria versione, davanti alle contestazioni degli inquirenti che avevano rilevato una serie di incongruenze nel suo racconto (a partire dal modo con cui il presunto rapinatore sarebbe entrato nei locali della filiale, dato che la manomissione della finestra non pareva idonea a consentire il passaggio di una persona e vi erano elementi per ritenere che fosse stata operata dall’interno degli uffici, non dall’esterno). Ai carabinieri quindi l’odierno appellante aveva raccontato di avere simulato lui la rapina, per quanto, a suo dire, costretto dalle minacce di alcuni suoi conoscenti che lo avrebbero obbligato a consegnare loro il denaro sottratto. E durante la perquisizione operata a casa di gli inquirenti avevano trovato delle fascette di plastica che, secondo il lavoratore, sarebbero state il residuo di quelle consegnategli dai suoi conoscenti che lo avrebbero costretto a inscenare la rapina, oltre a una smerigliatrice compatibile con i tagli operati sulla grata della finestra della filiale.
27. Assunti questi dati, è allora di una certa evidenza che, essendo lo stesso quanto meno, coinvolto nella rapina, la questione della conoscibilità dell’obbligo di controllare preventivamente gli accessi alla filiale nemmeno si pone effettivamente, p er avere l’attore realizzato , per sua stessa ammissione, proprio la condotta che quell’obbligo di controllo era diretto ad evitare. Anche per questa ragione il motivo in esame deve essere respinto.
Il reale accadimento dei fatti, e quindi il coinvolgimento di nel delitto commesso n ell’agosto 2020 , non è, secondo il collegio, irrilevante neppure nell’esame della fondatezza degli addebiti mossi al lavoratore e contestati con il quarto e con il quinto motivo di impugnazione
In ordine al quarto motivo (avente a oggetto l’addebito relativo alla mancata ispezione degli accessi alla filiale, da parte del ricorrente al suo ingresso al lavoro il giorno del fatto) deve infatti rilevarsi come a sia ascrivibile, secondo le dichiarazioni da lui stesso rese agli inquirenti, una condotta ben eccedente quella contestata, dato che egli, non solo non aveva effettuato l’ispezione diretta a evitare effrazioni, ma, già a suo dire, sarebbe stato a conoscenza del fatto che terzi avrebbero manomesso la finestra di uno dei locali aziendali per commettere il reato. Nella sua materialità quindi l’omissione oggetto dell’addebito sussiste senz’altro, mentre non vi è la minima evidenza in atti della presunta costrizione cui sarebbe stato sottopos to l’appellante, costrizione che non risulta dall’esito del processo penale, almeno allo stato, dato che egli è stato condannato anche per calunnia, in danno dei terzi da lui accusati di averlo minacciato. Il motivo è perciò infondato e va respinto.
Va pure respinto il quinto motivo, con il quale il lavoratore lamenta che il Tribunale abbia ritenuto fondato l’addebito relativo al superamento del limite di giacenza, previsto dalle norme interne della banca per filiali come quella cui l’attore era addetto.
Infatti, anche a non voler considerare l’ipotesi di una preordinazione, diretta a conservare in ufficio il maggior contante possibile in vista della rapina, e a prestare fede invece alla versione da ultimo fornita da agli inquirenti e di cui si è appena detto, comunque la sua condotta sarebbe stata connotata da una colpa di particolare intensità. Risulta infatti dai dati raccolti nell’indagine ispettiva che, a partire dal 31.7.2020, la filiale avesse sempre avuto contanti in
misura ben superiore al limite di giacenza consentitole e che si sia attivato per chiedere all’ente convenzionato un ritiro solo dopo le 12 del 5.8.2020, così che, secondo le disposizioni interne della banca, che egli avrebbe dovuto all’evidenza ben conoscere, il ritiro non sarebbe avvenuto che il successivo 10 agosto, dopo quindi gli accadimenti del 7 agosto. Ne deriva che, anche a voler seguire la versione dei fatti dell’appellante, egli, pur sapendo dell’illecito che si stava organizzando ai danni della sua datrice di lavoro, non ha fatto alcunché per limitare il danno, lasciando anzi che restasse giacente nelle casse della filiale una somma ingente e ben superiore a quella consentita. Il fatto addebitato pertanto sussiste e il motivo va respinto.
Pare allora alla Corte che già le violazioni connesse ai fatti accaduti il 7.8.2020 siano di una gravità tale da giustificare senz’altro la sanzione comminata, avendo omesso condotte doverose, che ove tenute avrebbero potuto ridurre l’ingente danno patito dalla banca in conseguenza della rapina, mentre la circostanza che esse siano state compiute sotto la minaccia altrui non emerge in alcun modo in atti. L’appello deve essere quindi respinto, restando assorbito il motivo (il sesto) relativo alle modalità di impiego della carta di credito da parte del lavoratore.
Le spese del grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
A norma del comma 17 dell’art. 1 legge 29.12.2012, n.228 d eve darsi atto che sussistono i presupposti processuali per l’applicazione all’appellante della disposizione dell’art. 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente decidendo, ogni altra domanda ed eccezione
disattesa, respinge l’appello e condanna l’appellante alla rifusione delle spese del grado, che liquida in € 494,00 oltre rimborso forfettario, IVA e CAP come per legge.
A norma del comma 17 dell’art. 1 legge 29.12.2012, n.228 dà atto che sussistono i presupposti processuali per l’applicazione all’appellante della disposizione dell’art. 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del 19.9.2024
Il Presidente Dott. NOME COGNOME
La consigliera est. dott. NOME COGNOME