Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9600 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9600 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7951-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa da se stessa, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 35/2020 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 22/09/2020 R.G.N. 8/2020;
Oggetto
Sgravio contributivo assunzione lista di mobilità
R.G.N. 7951/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 26/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Trento ha respinto il gravame proposto da INPS sulla pronuncia di primo grado che, in accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME in opposizione ad avviso di addebito aveva annullato il recupero di contributi previdenziali non versati pari ad euro 758,62, nel periodo febbraio-maggio 2018, accertando il diritto agli sgravi previsti dall’art. 25 L. n. 223/1991 in relazione al rapporto di lavoro intercorso con NOME COGNOME assunta dalle liste di mobilità senza fruire della r elativa indennità per non avere maturato l’anzianità sufficiente presso la ditta da cui era stata licenziata, e fruitrice del trattamento di disoccupazione.
In particolare, la Corte territoriale ha rilevato che manca una correlazione fra il diritto all’iscrizione nelle liste di mobilità e l’indennità di mobilità, tenute distinte in alcune norme della L. 223/1991 (artt. 6, 7, 8), la cui lettura sistematica giustifica l’attribuzione del diritto a sgravi previsti dall’art. 25 co. 9 cit. per la sola assunzione dalle liste di mobilità quale incentivo all’occupazione; ha anche rilevato che l’iscrizione della lavoratrice alle liste di mobilità in data 30/11/2016 consentirebbe di applicare ratione temporis l’art. 9 L. 223/91, abrogato ex lege 92/12, co.71, a partire dall’1/1/2017 in assenza di disposizioni in deroga al principio di irretroattività della legge nel tempo, nel senso di non applicazione ai rapporti giuridici sorti prima della sua entrata in vigore ed ancora in vita.
Avverso la sentenza, ricorre INPS con un unico motivo a cui NOME COGNOME resiste con controricorso.
La controversia è stata trattata e decisa a ll’adunanza camerale del 26 novembre 2024.
CONSIDERATO CHE
1. L’INPS deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 25, comma 9, della L. 223/1991, e dell’art. 2, comma 10 -bis, della L. n.92/2012 per avere la Corte d’appello riconosciuto il diritto di NOME COGNOME a fruire dei benefici contributivi di cui all’art. 25 cit. in relazione alla assunzione della lavoratrice NOME COGNOME assunta con contratto a tempo indeterminato in data 30/11/2016, proveniente dalle liste di mobilità a cui era iscritta ex art. 6 L.223/91 a seguito di licenziamento intimato dal precedente datore fallito, e beneficiaria del trattamento NASpI ai sensi del d.lgs. 22/2015, benefici scelti dal nuovo datore di lavoro e comportanti una maggiore riduzione del carico contributivo rispetto a que lli stabiliti dall’art. 2, comma 10 -bis, della legge n.92/2012 relativi proprio all’assunzione di lavoratori beneficiari di NASpI. In particolare, l’istituto ricorrente rileva l’apparente concorso di norme entrambe vigenti all’epoca dei fatti di causa, l’art. 25, co.9 L.223/91 relativo all’assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, e l’art. 2 co.10 -bis L. 92/12, relativa all’assunzione di lavoratori che fruiscono della ASpI (poi divenuta NASpI), entrambe aventi un elemento in comune, l’iscr izione nelle liste di mobilità del lavoratore che viene assunto, ma la seconda avente un elemento qualificante (la fruizione di ASpI). Inoltre, mentre la prima norma prevede un beneficio più favorevole per il datore, consistente nel versamento di una quota di contribuzione per i primi diciotto mesi, pari a quella prevista per gli apprendisti dalla L. n. 25/1955 e ss. mod., la seconda prevede un beneficio meno
favorevole per il datore che assume un lavoratore fruitore del trattamento indennitario ASpI, consistente nella concessione di un contributo per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, pari al 20% dell’indennità mensile residua che sarebb e stata corrisposta al lavoratore. L’istituto ricorrente si duole, dunque, che la statuizione adottata in appello deroghi al carattere tassativo delle norme che disciplinano gli sgravi contributivi avendo rimesso al datore la scelta del tipo di beneficio di cui fruire optando per quello a sé più favorevole e comportante un maggior aggravio per la finanza pubblica, laddove avrebbe dovuto riconoscere l’applicabilità dei benefici previsti dal cit. art. 2 comma 10-bis, norma recante minor aggravio per la collettività e non recante pregiudizio al lavoratore, al quale si riconosce una contribuzione in misura ordinaria e non in quella prevista per i lavoratori apprendisti. Infine, segnala l’ irrilevanza delle argomentazioni svolte nella impugnata pronuncia circa la data di assunzione della lavoratrice in epoca antecedente alla entrata in vigore della norma abrogatrice dell’art. 9 L.223/91 di disciplina della cancellazione dalle liste di mobilità, non avente alcuna incidenza sul rispetto dell’applicazione dell’art. 2 comma 10-bis, norma pienamente in vigore all’epoca dei fatti di causa, ed essendo inconferenti le argomentazioni svolte sul diritto intertemporale.
Nel controricorso la parte privata segnala che la lavoratrice fu assunta a tempo parziale orizzontale e quindi era inapplicabile l’art. 2 comma 10 -bis della L. 92/2012 che presuppone una assunzione a tempo pieno; inoltre osserva che non era stato affrontato nei motivi di appello il tema della contemporanea ricaduta della assunzione della lavoratrice nell’ambito di due norme vigenti e che optando per i benefici contributivi a sé più favorevoli il datore avesse derogato al carattere tassativo delle
norme. Trattandosi di un tema nuovo, neppure poteva essere fatto rientrare, come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il motivo inerente alla violazione o falsa applicazione di una norma di legge; peraltro l’istituto si era doluto del diverso profilo inerente alla illegittimità della iscrizione della lavoratrice nella lista di mobilità, sotto il duplice profilo formale e sostanziale, non già che la datrice avrebbe dovuto optare per uno sgravio meno favorevole. E poiché tale ultimo argomento non aveva costituito motivo di ricorso, la sentenza impugnata andava confermata.
Il ricorso è infondato e va respinto.
Preliminarmente va rilevato che innanzi a questa Corte non si controverte della questione, pur dibattuta nei due gradi di merito, della sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi per ottenere lo sgravio contributivo connesso all’ assunzione di un lavoratore iscritto alle liste di mobilità, beneficiario del trattamento indennitario NASpI.
L ‘unico rilievo formulato attiene al l’applica bilità o meno della disciplina del beneficio contributivo ex art. 25 comma 9 del d.lgs. 223/91 ed alla comparazione con la disciplina dettata in materia di ASpI dall’art. 2 comma 10 -bis L.92/12 come introdotto dal D.L. 76/2013 conv. in L.99/2013.
Orbene, l a prima norma prevede un’agevolazione contributiva per il datore che assuma a tempo indeterminato lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, con riduzione per i primi diciotto mesi della quota di contribuzione pari a quella prevista per gli apprendisti.
La seconda norma prevede un incentivo per i datori che assumano a tempo pieno e indeterminato lavoratori che
fruiscono dell’assicurazione sociale per l’impiego (sostituita dall’1/5/2015 dalla NASpI) che si realizza attraverso la concessione, per ogni mensilità di contribuzione corrisposta al lavoratore, di un contributo mensile pari al 20% dell’indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore.
8 . Entrambe le misure tendono a realizzare l’incremento occupazionale in favore dei lavoratori che abbiano perduto la precedente occupazione, con una identica ratio premiale per i datori che procedano ad una loro assunzione a tempo indeterminato.
Diverso è però il settore di operatività e le modalità di beneficio per il datore: la prima si rivolge ai lavoratori in mobilità, collettivamente licenziati, di cui la norma intende favorire in tempi brevi il reimpiego in linea con la finalità di smaltimento degli iscritti fino ad esaurimento delle liste (trattasi di una finalità pienamente aderente al caso di specie, stante l’assunzione nel novembre 2016 e tenuto conto dell’abrogazione dell’art. 25 comma 9 della L.223/1992 a decorrere dall’1/1/2017 a me nte dell’art. 2, comma 71, lett. e), della L.92/2012); la seconda normativa si rivolge ai datori che intendano assumere lavoratori disoccupati con la finalità di una loro piena ricollocazione nel mercato del lavoro.
Come osservato da questa Corte con la sentenza n. 12554 del 2018, ‘ solo con l’assunzione diretta a tempo indeterminato del lavoratore disoccupato in mobilità si realizza, invero, l’incremento occupazionale voluto dal legislatore attraverso la riduzione, pur di ottenere tale risultato, ad una parte degli oneri contributivi ‘.
In ciò si distingue la fattispecie dalla modalità di assunzione a tempo determinato, con differenti termini di durata degli sgravi ai sensi dell’art. 8 L. 223/91.
La finalità di incrementare un’occupazione stabile resta ragionevolmente bilanciata dalla riduzione del carico contributivo previsto a favore del datore di lavoro, con conseguente riduzione dei costi per il sistema previdenziale pubblico.
La seconda disposizione normativa, di cui l’istituto invoca l’applicazione, ipotizza un’assunzione a tempo pieno e indeterminato. Ma, come evidenziato dalla controricorrente, si tratta di fattispecie che non è compatibile con l’ assunzione a tempo indeterminato ma con orario a tempo parziale orizzontale, dato non contestato dalla ricorrente e riscontrato dalla Comunicazione Unilav, che di per sé esclude l’applicazione della disciplina di cui all’art. 2 comma 10 -bis L. 92/2012.
Né va trascurato che, in disparte la migliore convenienza per il datore di lavoro della riduzione contributiva di cui all’art. 25 comma 9 cit., nell’interpretazione delle due disposizioni all’ esame della Corte, il carattere eccezionale delle norme derogatorie delle obbligazioni contributive le rende insuscettibili di interpretazione estensiva (art.14 disp. prel. cod.civ.).
Ritiene allora il Collegio che le argomentazioni addotte nella impugnata sentenza non sono scalfite dall’unico motivo di ricorso che non prospetta altre ragioni di violazione della norma applicata dai giudici di merito.
L ‘interpretazione letterale e sistematica delle norme dedotte in ricorso conduce, per le ragioni dette, alla conferma della pronuncia impugnata.
La peculiarità delle questioni trattate, unitamente al ridotto valore di lite, determinano il Collegio a compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Sussistono, infine, i presupposti processuali per il versamento d ell’ ulteriore importo a titolo pagamento di contributo unificato pari a quello già versato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese di lite fra le parti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma, deciso all’adunanza camerale del 26.11. 2024