Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10978 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10978 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 31973-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (STUDIO LEGALE RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 31973/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 28/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 275/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 18/04/2019 R.G.N. 279/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza del 18.4.2019 n. 275, la Corte d’appello di L’Aquila accoglieva l’appello di RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del T ribunale di Chieti che aveva respinto l’opposizione di quest’ultima società avverso l’avviso di addebito emesso dall’Inps, relativo a violazioni contestate con il verbale unico di accertamento del 30.5.2014, riferite all’illegittima fruizione di sgravi contributivi, ex art. 8 comma 4 della legge n. 223/91, in riferimento all’assunzione di lavoratori in mobilità, prima occupati dalla società RAGIONE_SOCIALE e dopo essere stati da questa licenziati, assunti dalla RAGIONE_SOCIALE che ha svolto la medesima attività commerciale (con la stessa struttura aziendale), appaltata dalla proprietaria committente, RAGIONE_SOCIALE alla stessa RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello, a supporto dei propri assunti di accoglimento del gravame della società RAGIONE_SOCIALE ha accertato che non risultava allegato prima ancora che provato che vi fossero rapporti di collegamento, controllo e/o partecipazione, tra la società che aveva licenziato i lavoratori posti in mobilità e l’odierna società controricorrente e se pure eran o rimasti invariati gli strumenti, i locali e le strutture aziendali, tali beni appartenevano a un soggetto terzo, cioè la società committente, rispetto alla quale non era emerso alcun tipo di collegamento. Anche il periodo di disoccupazione, dell’ordine di qualche settimana, poteva considerarsi sufficiente per ritenere che vi fosse stata soluzione di continuità tra la precedente datrice di lavoro e la RAGIONE_SOCIALE: non risultava, in buona
sostanza provata, ad avviso della Corte d’appello, l’esistenza di un’operazione (comportante il licenziamento e la successiva riassunzione di lavoratori), finalizzata al solo godimento degli incentivi.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, l’Inps ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, mentre la società RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio ha riserva to il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso, l’Inps deduce la violazione dell’art. 8 primo e quarto comma della legge n. 223/91, dell’art. 15 sesto comma della legge n. 264/49, nonché dell’art. 2555 e ss. c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte di appello aveva dichiarato la legittimità della fruizione degli sgravi contributivi, di cui all’art.8 primo e quarto comma citato in rubrica, da parte della RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE nonostante l’attività istruttoria svolta in corso di causa avesse dimostrato che l’attività svolta da quest’ultima società fosse uguale a quella svolta in precedenza dalla RAGIONE_SOCIALE con le stesse attrezzature e presso gli stessi locali, e che i lavoratori licenziati e posti in mobilità dalla RAGIONE_SOCIALE avevano continuato, pertanto, ad essere occupati nella stessa azienda in senso oggettivo.
Il motivo è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘ Il beneficio contributivo previsto dall’art. 8, comma quarto, della legge 23 luglio 1991, n. 223 non compete ai datori di lavoro che assumano lavoratori in mobilità, ma lungi dal realizzare lo scopo
della loro rioccupazione, che il beneficio in questione intende incentivare, continuino ad occuparli, tuttavia, nella medesima azienda, intesa in senso oggettivo, sebbene ne sia mutato il titolare come nel caso di mero passaggio del personale per effetto della cessione di un ramo di azienda ‘ (Cass. n. 5304/2007, cfr. più di recente, Cass. n. 12589/2024, con la quale si sottolinea la necessità dell’effettivo incremento dell’occupazione in conseguenza dell’assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità; vedi anche, Cass. n. 2528/2025, secondo cui, ‘l a valutazione che il giudice è chiamato a compiere non investe solo il dato formale del rispetto degli indicatori normativi ma sempre anche quello sostanziale, collegato alla singola vicenda, onde verificare se la stessa abbia avuto la finalità di eludere la ratio della disciplina incentivante, attraverso assunzioni e licenziamenti il cui effetto finale resti privo di incidenza positiva, e dunque, di novità, sul piano occupazionale (di recente, Cass., sez. lav., 3 aprile 2024, n. 8786, punto 15 del Considerato) ‘ .
Nella specie, la Corte d’appello ha errato nel ritenere dirimente la circostanza che l’immobile , gli strumenti e i macchinari utilizzati da entrambe le società appartenessero a un soggetto terzo (la RAGIONE_SOCIALE, società appaltante). Infatti, ai fini della sussistenza della stessa azienda in senso oggettivo, non è necessario che i beni siano di proprietà dello stesso imprenditore che esercita l’attività economica, rilevando solo che l’imprenditore abbia un titolo giuridico per avvalersi dei suddetti beni; pertanto, il fatto che i beni appartenessero a terzi non costituiva, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte del merito, un’argomentazione favorevole alla legittima fruizione degli sgravi, ma al contrario, dimostrava la identità dell’azienda in senso oggettivo, poiché i suddetti beni erano stati utilizzati
prima dalla RAGIONE_SOCIALE e poi dalla RAGIONE_SOCIALE per l’esercizio della medesima attività oggetto dei contratti di appalto stipulati con la RAGIONE_SOCIALE che ne era la proprietaria.
In accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di L’Aquila , affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di L’Aquila , in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28.2.25.