Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9462 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9462 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 36155-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Sgravi contributivi.
Artt 9 e 25 legge 223/91
cumulo
R.G.N. 36155/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 16/01/2025
CC
avverso la sentenza n. 134/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 21/05/2019 R.G.N. 853/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto la domanda dell’odierna controricorrente volta a fruire di sgravi contributivi in relazione a plurime posizioni lavorative, con esclusione di cinque lavoratori. Per l’effetto , respingeva tanto l’appello principale dell’Inps che quello incidentale della parte privata.
Per quanto rileva in questa sede, la Corte territoriale, pur prendendo atto che la questione controversa era stata, nelle more, decisa in sede di legittimità in senso favorevole alle tesi a ll’Istituto, motivatamente si è discostata dal l’ autorevole precedente.
Per la Corte di appello, non vi erano ostacoli -di ordine letterale e/o logico- al riconoscimento di entrambi i benefici in discussione, quello di cui all’art. 8, comma 2, della legge nr. 223 del 1991 e quello di cui al successivo art. 25, tra loro cumulabili e non alternativi come, invece, sostenuto dall’Inps .
Avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione l’Inps , con un unico motivo. Ha resistito, con controricorso, la società in epigrafe.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. -l’Inps deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 25, co. 9, della legge nr. 223 del 1991 per avere la
sentenza impugnata escluso il credito contributivo derivante, invece, da ll’indebita fr uizione del beneficio contributivo di cui alla norma indicata.
Il tema controverso in causa attiene alla possibilità, per il datore di lavoro, di fruire dello sgravio contributivo di cui all’art. 25, comma 9, della legge nr. 223 del 1991 anche quando l’ assunzione a tempo indeterminato di personale riguardi lavoratori già assunti, in precedenza, con contratti a tempo determinato e per i quali la parte datoriale ha fruito degli sgravi previsti dall’art. 8, comma 2, della medesima legge.
Nello specifico, è accaduto che la controricorrente aveva assunto alcuni lavoratori, dapprima, con contratto a tempo determinato di durata variabile, fruendo pertanto legittimamente del regime contributivo agevolato di cui all’articolo 8, comma 2, della legge nr. 223 del 1991 e, successivamente, dopo la scadenza del termine, ha riassunto i medesimi lavoratori con contratto a tempo indeterminato, applicando, questa volta, il regime contributivo agevolato di cui all’art. 25 della medesima legge.
Per l’I nps, diversamente da quanto ritenuto nella decisione impugnata, i due benefici premiali non sarebbero cumulabili, in quanto alternativi tra loro. Di qui, la pretesa azionata.
Il motivo è fondato.
La questione posta dal ricorso è stata già affrontata e risolta da questa Corte, con sentenza nr. 12554 del 2018, alla stregua di considerazioni che il Collegio condivide e che, dunque, sulla base della normativa ratione temporis applicabile, intende riaffermare in questa sede.
L’art. 8, comma 2, della legge nr. 223 del 1991 (Collocamento dei lavoratori in mobilità) stabilisce: «i lavoratori
in mobilità possono essere assunti con contratto di lavoro a termine di durata non superiore a dodici mesi. La quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari a quella prevista per gli apprendisti della legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni. Nel caso in cui, nel corso del suo svolgimento, il predetto contratto venga trasformato a tempo indeterminato, il beneficio contributivo spetta per ulteriori dodici mesi in aggiunta a quello previsto dal comma 4» ( il comma 4 prevede un contributo per ogni mensilità di retribuzione pari al cinquanta per cento della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore).
12. L’art. 25, comma 9, della legge nr. 223 del 1991 (Riforma delle procedure di avviamento al lavoro) dispone invece: «per ciascun lavoratore iscritto nella lista di mobilità assunto a tempo indeterminato, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro, è per i primi diciotto mesi, quella prevista per gli apprendisti dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni».
13. L’esame delle disposizioni, c ome già chiarito dalla Corte, evidenzia che l’ intervento premiale voluto dal legislatore è stato calibrato graduando il beneficio contributivo all’entità dell’incremento occupazionale: con l’assunzione a tempo determinato, le agevolazioni contributive sono state fissate in una misura meno consistente (per dodici mesi) rispetto a quelle fruibili per le assunzioni a tempo indeterminato (diciotto mesi) con le quali, evidentemente, si realizza un incremento occupazionale più stabile. Ulteriori dodici mesi (così per complessivi ventiquattro mesi) possono, però, aggiungersi in caso di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato del rapporto a termine nel corso del suo svolgimento.
Ricordando che le norme eccettuative dell ‘ obbligo contributivo hanno natura eccezionale e, pertanto, non sono suscettibili di interpretazione estensiva (art.14 disp.prel. cod.civ.), ove il Legislatore ha inteso «cumulare» i benefici contributivi, come per l’ipotesi disci plinata dall’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 8, in riferimento al l’agevolazione dei contributi per ulteriori dodici mesi (in caso di conversione del contratto a termine in corso di svolgimento) lo ha espressamente previsto, disponendo il beneficio «in aggiunta» a quello stabilito per l’assunzione a tempo determinato.
Eguale ed esplicita previsione non risulta adottata in relazione all’ipote si che qui interessa di assunzione a tempo indeterminato, da parte del medesimo datore di lavoro, di un lavoratore già assunto con contratto determinato, dopo la scadenza del termine.
Segno che l’agevolazione disciplinata dall’art. 8, co. 2, e quella stabilita dal successivo art. 25, co.9., della legge nr. 223 del 1991 configurano distinte opzioni premiali, non cumulabili e, tra loro, alternative.
La fruizione del doppio sgravio contributivo richiede un requisito temporale imprescindibile -e dunque costitutivo del relativo diritto- che è la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, nel corso di svolgimento del primo.
18. L ‘obiezione della sentenza impugnata alla ricostruzione qui ribadita consiste nel rilevare che essa si tradurrebbe, sul piano pratico, in una scelta sostanzialmente obbligata per il datore di lavoro che, in termini di convenienza contributiva, opterebbe sempre per assumere il lavoratore con contratto a termine, salvo la conversione entro la sua naturale scadenza in contratto di lavoro a tempo indeterminato, così beneficiando,
per un più lungo periodo, d ell’ agevolazione contributiva. Tuttavia, a ll’ argomentazione che precede, si può agevolmente replicare che a eguale paradosso si espone anche la diversa interpretazione. In termini di mera utilità economica, al datore di lavoro converrebbe assumere con contratto a termine, attenderne la scadenza e poi rioccupare il lavoratore con contratto a tempo indeterminato; in tal modo, fruendo di agevolazioni per un periodo complessivo di trenta mesi (dodici per l’assunzione a termine e diciotto per la successiva assunzione a tempo indeterminato).
19. Vero è invece che l’ opzione interpretativa di questa Corte è coerente con la lettera della legge ed è, come osservato anche dall’Inps, ragionevole sul piano del giusto contemperamento di interessi compositi, quali sono quelli del datore di lavoro, del lavoratore e del sistema statale su cui viene a trasferirsi una parte dell’onere gravante sull’impresa.
20. In ultimo, ai fini in esame, alcun rilievo assume la disciplina di cui alla legge nr 92 del 2012, in quanto ancorata a presupposti diversi.
21. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, rigetta integralmente la domanda originaria.
22. Le spese relative al giudizio di merito si compensano integralmente in ragione del fatto che l’ intervento chiarificatore, cui in questa sede si è data continuità, è successivo all’introduzione del giudizio di appello. Le spese di legittimità seguono, invece, la soccombenza e si liquidano come in parte dispositiva.
La Corte accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta integralmente l’originaria domanda. Compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito. Condanna parte controricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del ricorrente, liquidandole nella misura di Euro 5.000,00 per compensi, di Euro 200,00 per esborsi oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16