Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15056 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15056 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2843-2019 proposto da:
COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
R.G.N. 2843/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 12/03/2025
CC
avverso la sentenza n. 1028/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 19/12/2018 R.G.N. 184/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
In parziale riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’Appello di Firenze ha dichiarato non dovuti i contributi in relazione alle somme corrisposte ad un dipendente a titolo di indennità di trasferta. Ha, invece, confermato la decisione di primo grado quanto al diritto de ll’INPS a pretendere somme per insussistenza del diritto agli sgravi ex art. 8, comma 4 bis, della legge n. 223 del 1991.
1.1. Nello specifico, la Corte di appello ha ritenuto che il dipendente , in relazione al quale l’INPS configurava l’obbligazione contributiva, non poteva essere qualificato come trasfertista, ai sensi dell’art. 51, co.6, D.P.R. n. 917 del 1986, difettando i requisiti di legge.
1.2. La diversa pretesa contributiva andava, invece, confermata, perché le società che avevano proceduto ai licenziamenti e quella che aveva poi riassunto i lavoratori presentavano assetti proprietari coincidenti.
Avverso la sentenza, la società in epigrafe ha proposto ricorso con un motivo. L’Inps ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a un motivo, successivamente illustrato con memoria.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo del ricorso principale, la società datoriale deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 223 del 1991, nonché degli artt. 2359 e 2697 c.c., per avere la Corte d’appello ritenuto la sussistenza di assetti
proprietari sostanzialmente coincidenti in base ad inesatti parametri normativi. La coincidenza degli assetti familiari andava apprezzata ai sensi dell’art.2359 c.c.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. In base alla giurisprudenza di questa Corte, la condizione dell’assetto proprietario coincidente è nozione più ampia di quella definita dall’art. 2359 c.c. Si è, infatti, chiarito che mediante il richiamo al «rapporto di collegamento o controllo», la legge non intende riferirsi soltanto ai rapporti tipizzati dall’art. 2359 cod. civ. (in ultimo, Cass. nr. 2528 del 2025; Cass. n. 20504 del 2018).
3.3. La condizione ostativa individuata dalla norma di legge può, dunque, essere il risultato di un accertamento di merito che esclude la novità del contesto aziendale da una serie di indici, tra questi anche le relazioni familiari (e perfino di amicizia) tra i soci delle due entità se finalizzate all’ideazione di operazioni coordinate di ristrutturazione comportanti il licenziamento da parte di un’impresa e l’assunzione di lavoratori da parte dell’altra.
3.4. Come in più occasioni chiarito dalla Corte, la valutazione che il giudice è chiamato a compiere non investe «solo il dato formale del rispetto degli indicatori normativi ma sempre anche quello sostanziale, collegato alla singola vicenda, onde verificare se la stessa abbia avuto la finalità di eludere la ratio della disciplina incentivante, attraverso assunzioni e licenziamenti il cui effetto finale resti privo di incidenza positiva, e dunque, di novità, sul piano occupazionale» (Cass. n. 8786 del 2024, punto 15).
3.5. Il beneficio, pertanto, non può essere riconosciuto quando i licenziamenti e le assunzioni vanno ascritti a un unico centro decisionale (Cass., n. 9662 del 2019), con un comune
centro d’interessi, in grado di elaborare e gestire l’operazione in tutte le fasi in cui si articola.
3.6. A tali princìpi si è uniformata la Corte territoriale, nello svolgere l’indagine che la normativa di riferimento impone. I giudici territoriali hanno ricostruito i rapporti di stretta familiarità tra i soci; hanno valorizzato la circostanza che la socia di assoluta maggioranza di una delle società coinvolte nell’operazione fosse appena diciottenne e, altresì, evidenziato come tutte le società avessero la medesima sede e svolgessero la medesima attività. Da tali elementi, unitariamente considerati, hanno tratto il convincimento ragionevole di un’operazione preordinata all’elusione del dettato normativo.
Con il motivo di ricorso incidentale, l’Inps deduce violazione e/o falsa applicazione d ell’art . 51, commi 5 e 6, d.P.R. nr. 917 del 1986, come interpretato dall’art. 7 quinquies del d.l. n. 193 del 2016, conv. nella legge n. 225 del 2016, e dell’art. 12 della legge n.53 del 1969. L’istituto d enuncia che nonostante non vi fossero i requisiti del cd. trasfertismo di cui all’art. 51, comma 6, D.P.R. n. 917/86, la Corte avrebbe dovuto ulteriormente accertare le modalità concrete della prestazione lavorativa, ai sensi del comma 5 del medesimo art. 51, considerato che non ogni somma erogata a titolo di trasferta è esente in toto da contribuzione.
4.1. Il ricorso incidentale dell’Inps è, invece, fondato.
4.2. L’art. 51, comma 5, D.P.R. n. 917 del 1986 dispone che: «Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente Lire 90.000 al giorno, elevate a Lire 150.000 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto; in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di
quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all’importo massimo giornaliero di Lire 30.000, elevate a Lire 50.000 per le trasferte all’estero. Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito».
4.3. Come già osservato dalla Corte (in ultimo, Cass. n.1500 del 2025) le somme erogate a titolo di indennità di trasferta non sono sempre esenti da contribuzione perché concorrono a formare reddito. In particolare: «a) se si tratta di trasferta nell’ambito del territorio comunale, esse concorrono a formare reddito, tranne per quanto attiene alle spese di trasporto comprovate; b) le trasferte al di fuori del comune concorrono a formare il reddito sopra le 90.000 Lire o le 150.000 Lire giornaliere a seconda che siano trasferte entro il territorio italiano o all’estero; c) se si tratta di rimborso analitico di spese vive (vitto, alloggio, etc.), i rimborsi concorrono comunque a formare il reddito oltre le 30.000 Lire o 50.000 Lire giornaliere, a seconda che siano trasferte entro il territorio nazionale o all’estero» ( Cass. nr. 1500 del 2025 cit. Cass. nn. 8110 e 8112 del 2023).
4.4. La Corte di merito non ha compiuto alcun accertamento né sull’ammontare delle indennità di trasferta erogate (se superiori o meno ai limiti previsti dalla norma), né sulle modalità delle stesse (se entro il territorio comunale, al di fuori di esso, o all’estero). Così facendo, ha violato l’art. 51, comma 5, D.P.R. n. 917 del 1986, di fatto escludendo l’obbligo contributivo sempre, e quindi al di là dei limiti fissati dalla norma (v. in termini, precedenti richiamati).
4.5. Il precedente del 2025 sopra richiamato ha, peraltro, ritenuto di dover precisare che l ‘accertamento imposto al giudice di merito deve essere condotto nei limiti delle allegazioni e delle prove offerte dalla parte datoriale, vertendosi in tema di eccezione alla regola di assoggettamento all’obbligo previdenziale di qualsiasi somma percepita a titolo retributivo: all’ente previdenziale spetta solo dimostrare che il lavoratore abbia ricevuto dal datore di lavoro somme a qualunque titolo, purché in dipendenza del rapporto di lavoro, mentre è onere del datore di lavoro provare che ricorra una delle cause di esonero contributivo (Cass.nr. 1500 del 2025 cit.).
In conclusione, va accolto il ricorso incidentale e rigettato quello principale. La sentenza impugnata va cassata, in accoglimento del ricorso incidentale, con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, per i necessari accertamenti di cui sopra, nonché per la regolazione anche delle spese di lite del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale e rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso incidentale e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa
composizione, anche per le spese di lite del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater , atteso il rigetto del ricorso principale, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 marzo