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Servizio preruolo docenti: vale per la mobilità?

La Corte di Cassazione ha stabilito che il servizio svolto dai docenti con contratti a tempo determinato (servizio preruolo) deve essere conteggiato nel quinquennio obbligatorio di permanenza su posto di sostegno, necessario per la mobilità professionale. La sentenza ribadisce che escludere tale anzianità costituisce una discriminazione vietata dalla normativa europea, in assenza di ragioni oggettive che giustifichino un trattamento differente rispetto ai docenti di ruolo.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Servizio Preruolo Docenti: la Cassazione ne Conferma la Validità per la Mobilità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale per il personale scolastico: il servizio preruolo docenti deve essere pienamente riconosciuto ai fini del calcolo del quinquennio di permanenza obbligatoria sul posto di sostegno. Questa decisione consolida la tutela contro la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato, allineando la normativa interna ai principi del diritto europeo.

I Fatti di Causa

Una docente si era rivolta al tribunale per ottenere il riconoscimento del servizio prestato con contratti a tempo determinato ai fini del compimento del quinquennio obbligatorio di permanenza sul ruolo di sostegno. Tale requisito è indispensabile per poter accedere alla procedura di mobilità verso un posto comune.

Mentre in primo grado la sua domanda era stata accolta, la Corte d’appello aveva riformato la sentenza, negando il diritto della docente. La Corte territoriale aveva ritenuto giustificata la differenziazione tra servizio di ruolo e preruolo da ‘ragioni oggettive’, escludendo così la discriminazione. La docente ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione del principio di non discriminazione sancito dalla direttiva europea 99/70/CE.

L’Analisi della Corte di Cassazione e il Riconoscimento del Servizio Preruolo Docenti

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della docente, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame. Il cuore della decisione si basa sull’interpretazione della normativa nazionale alla luce del diritto dell’Unione Europea.

La Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata (in particolare la sentenza n. 32632/2023), secondo cui la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 99/70/CE ha diretta applicazione nell’ordinamento italiano. Tale clausola impone di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo non meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili, a meno che non sussistano ‘ragioni oggettive’ che giustifichino un trattamento diverso.

Le Motivazioni della Decisione

Il Collegio ha chiarito che il requisito della permanenza per cinque anni sul posto di sostegno, previsto dall’art. 127 del d.lgs. 297/1994, persegue l’obiettivo di garantire la continuità didattica. Tuttavia, non valorizzare il servizio prestato con contratti a termine per il raggiungimento di tale traguardo crea una disparità di trattamento ingiustificata.

Le motivazioni addotte dall’amministrazione, recepite dalla Corte d’appello, relative all’esigenza di assicurare la stabilità del personale di ruolo, non sono state considerate ‘ragioni oggettive’ valide. La Corte ha sottolineato che le mansioni svolte da un docente di sostegno sono identiche, indipendentemente dal fatto che il contratto sia a tempo determinato o indeterminato. Di conseguenza, negare il valore dell’anzianità maturata durante il preruolo ai fini della mobilità costituisce una violazione del principio di non discriminazione.

Il servizio prestato prima dell’immissione in ruolo, se ha avuto ad oggetto la medesima prestazione lavorativa (insegnamento su posto di sostegno), deve essere computato integralmente per il quinquennio. In questo modo si garantisce che gli sviluppi di carriera e la progressione professionale siano basati sull’effettiva esperienza maturata e non sulla natura del contratto di lavoro.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la posizione dei docenti precari, garantendo che l’esperienza professionale acquisita con contratti a termine abbia lo stesso valore di quella maturata dopo l’immissione in ruolo, almeno per quanto riguarda la progressione di carriera come la mobilità. Questa pronuncia obbliga le amministrazioni scolastiche a una corretta valutazione dell’anzianità di servizio, eliminando prassi discriminatorie e assicurando una piena parità di trattamento tra tutto il personale docente, in linea con i principi fondamentali dell’Unione Europea.

Il servizio svolto con contratti a tempo determinato (preruolo) vale per completare i cinque anni obbligatori su posto di sostegno prima di poter chiedere il trasferimento?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini del compimento del quinquennio obbligatorio per la mobilità, deve essere computato anche il servizio prestato con contratti a tempo determinato prima dell’immissione in ruolo.

Perché escludere il servizio preruolo è considerato discriminatorio?
Perché viola la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva europea 99/70/CE, la quale sancisce il principio di non discriminazione. I docenti a tempo determinato svolgono le medesime mansioni dei colleghi di ruolo e pertanto non possono essere trattati in modo meno favorevole per quanto riguarda la progressione di carriera e il riconoscimento del servizio.

L’amministrazione può giustificare questo trattamento diverso con ‘ragioni oggettive’?
No. Secondo la Corte, le motivazioni addotte dall’amministrazione, come l’esigenza di assicurare la stabilità del personale, non costituiscono ‘ragioni oggettive’ sufficienti a giustificare una diversità di trattamento, dato che le mansioni svolte sono identiche a prescindere dalla natura del contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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