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Servizio militare: punteggio ATA sempre valido

La Corte di Cassazione ha stabilito che il periodo di servizio militare deve essere sempre riconosciuto ai fini del punteggio nelle graduatorie del personale ATA, anche se svolto prima dell’instaurazione di un rapporto di lavoro nel settore scolastico. La Corte ha ritenuto illegittima e disapplicato la norma ministeriale che limitava tale riconoscimento al solo servizio prestato “in costanza di nomina”. La decisione si fonda sull’interpretazione estensiva della normativa primaria, che garantisce la valutazione del servizio militare nei concorsi pubblici senza tale restrizione.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Servizio Militare e Punteggio ATA: la Cassazione Conferma la Piena Valutabilità

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha consolidato un principio fondamentale per tutto il personale scolastico: il servizio militare e il relativo punteggio ATA sono sempre validi ai fini delle graduatorie, anche se il servizio è stato svolto prima di qualsiasi rapporto di lavoro con la scuola. Questa decisione chiarisce definitivamente una questione a lungo dibattuta, offrendo certezze a migliaia di lavoratori.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dall’azione legale di un membro del personale Amministrativo, Tecnico e Ausiliario (ATA) che aveva richiesto il riconoscimento del punteggio derivante dal servizio militare obbligatorio per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento. L’Amministrazione scolastica si era opposta, sostenendo che, sulla base di un decreto ministeriale, tale servizio potesse essere valutato solo se prestato “in costanza di nomina”, ovvero durante un contratto di lavoro già attivo con la scuola.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore. L’Amministrazione, non soddisfatta, ha quindi proposto ricorso per cassazione, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte.

La Questione del Servizio Militare e Punteggio ATA

Il nucleo della controversia risiedeva nell’interpretazione della normativa applicabile. Da un lato, il Ministero si appellava a una disposizione di un decreto ministeriale (fonte regolamentare) che imponeva il requisito del rapporto di lavoro in essere. Dall’altro, il lavoratore faceva leva su norme di rango legislativo superiore, in particolare il Codice dell’Ordinamento Militare, che sanciscono un principio più ampio di valutabilità del servizio militare nei concorsi pubblici.

La domanda centrale era quindi se una fonte normativa secondaria, come un decreto ministeriale, potesse legittimamente restringere un diritto riconosciuto da una legge dello Stato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero, confermando le decisioni dei giudici di merito. In via preliminare, ha dichiarato inammissibile un secondo ricorso, identico al primo, presentato dal Ministero, ribadendo il principio della consumazione del potere di impugnazione, secondo cui una parte non può impugnare due volte la stessa sentenza.

Nel merito, la Corte ha stabilito che la pretesa del Ministero era infondata, poiché basata su un’interpretazione errata e su una norma regolamentare in contrasto con la legge.

Le Motivazioni della Sentenza

Il ragionamento della Corte si fonda su una lettura coordinata e gerarchicamente orientata delle fonti normative. I giudici hanno chiarito che la norma di riferimento principale è l’articolo 2050 del Codice dell’Ordinamento Militare (D.Lgs. 66/2010).

1. Principio Generale: Il comma 1 di tale articolo stabilisce che i periodi di servizio militare sono valutati nei pubblici concorsi con lo stesso punteggio attribuito ai servizi prestati presso enti pubblici. Si tratta di una regola generale e di ampio respiro.

2. Interpretazione Corretta: Il comma 2, che menziona il servizio svolto “in pendenza di rapporto di lavoro”, non deve essere letto come una limitazione del primo, ma come una sua specificazione. In altre parole, la legge chiarisce che anche il servizio prestato durante un rapporto di lavoro è valido, senza però escludere quello svolto in precedenza. Limitare la valutazione solo a questa seconda ipotesi svuoterebbe di significato il principio generale.

3. Gerarchia delle Fonti: La Corte ha affermato che la previsione del decreto ministeriale, essendo una norma di rango inferiore, non può derogare o contraddire la norma di legge (il Codice dell’Ordinamento Militare). Di conseguenza, il giudice ordinario ha il potere e il dovere di disapplicare la norma regolamentare illegittima e applicare direttamente la legge.

4. Principio Costituzionale: Questa interpretazione è inoltre coerente con l’articolo 52 della Costituzione, secondo cui chi è chiamato a un servizio obbligatorio nell’interesse della nazione non deve subire un pregiudizio, come la perdita di un’opportunità di valutazione utile per la propria carriera.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai unanime. Le implicazioni pratiche sono significative: il periodo di servizio militare obbligatorio (o servizio civile equiparato) deve essere sempre valutato nelle graduatorie scolastiche ATA, indipendentemente dal momento in cui è stato prestato. L’Amministrazione non può negare il relativo punteggio adducendo che il servizio non è stato svolto “in costanza di nomina”. Questa decisione rafforza la tutela dei lavoratori e riafferma il principio della gerarchia delle fonti normative, secondo cui un regolamento non può mai prevalere sulla legge.

Il servizio militare di leva è valido ai fini del punteggio nelle graduatorie ATA anche se svolto prima di iniziare a lavorare nella scuola?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il servizio militare è sempre valutabile ai fini del punteggio, a prescindere dal fatto che sia stato svolto prima o durante un rapporto di lavoro nel settore scolastico.

Un decreto ministeriale può limitare un diritto riconosciuto da una legge dello Stato?
No. Secondo la Corte, qualora una norma di un decreto ministeriale (fonte secondaria) sia in contrasto con una legge (fonte primaria), il giudice ha il potere di disapplicare la norma ministeriale e applicare direttamente la legge.

È possibile presentare due ricorsi identici contro la stessa sentenza?
No, non è possibile. In base al principio della “consumazione del potere di impugnazione”, una volta che una parte ha esercitato il proprio diritto di ricorrere contro una decisione, non può proporre una seconda impugnazione contro la medesima sentenza. Il secondo ricorso verrebbe dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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